Orfini (Pd): «Prima l’unità con Vendola. Poi il dialogo con Casini»

Orfini (Pd): «Prima l’unità con Vendola. Poi il dialogo con Casini»

L’apertura di Pier Ferdinando Casini è importante, ma non sarà lui ad avere l’ultima parola su un eventuale accordo con il Partito democratico. L’intesa con i moderati «unico argine al populismo» non dovrà comunque mettere a rischio l’alleanza con Nichi Vendola. Il responsabile cultura del Pd Matteo Orfini immagina il percorso da qui alle prossime elezioni. Elezioni in primavera, perché le discusse polemiche sul voto anticipato appartengono ormai al passato («la nostra posizione era minoritaria nel partito, adesso sosteniamo Monti senza se e senza ma»). L’esperienza del governo tecnico resta negativa. «L’esecutivo aveva promesso rigore ed equità, finora abbiamo visto solo rigore – continua Orfini – Ma il premier è in linea con l’esperienza politica degli ultimi vent’anni. Quando la Fornero parla dell’articolo 18 come di un totem da abbattere non inventa nulla. Tanti, anche a sinistra, hanno detto le stesse cose».

Oggi in un’intervista sul Corriere Pier Ferdinando Casini avanza l’ipotesi concreta di un accordo politico con il Pd.
Quella del leader dell’Udc è un’intervista obiettivamente importante. In cui riconosce il profilo riformista del Partito democratico. Ma, soprattutto, immagina l’asse moderati-riformisti come l’unico argine al populismo.

La tempistica è curiosa. Appena Berlusconi lascia intendere che tornerà sulla scena, Casini si affretta a scegliere l’accordo con il Pd…
Che Casini abbia scelto noi è tutto da vedere. In ogni caso si sceglie in due. Prima dobbiamo capire su che basi programmatiche è possibile costruire questo tipo di rapporto.

Matteo Orfini apre all’intesa con il Terzo Polo. Una novità.
Nessuna sorpresa, l’ho detto anche mesi fa. In una Terza Repubblica senza Berlusconi, continuerà ad esistere un partito dei moderati. Semmai non esisterà l’Italia dei Valori, che è un sottoprodotto del Cavaliere. Ma anche in questo scenario di evoluzione democratica le alleanze dovranno essere costruite su contenuti e programmi. Ripeto, quella di Casini è un’apertura importante, perché riconosce l’importanza di un dialogo tra Pd e Udc. Ma la discussione va approfondita. Su molti argomenti tra i nostri partiti ci sono oggettive distanze.

Come si trova una linea comune?
Noi abbiamo il nostro progetto per l’Italia. Chiaro e comprensibile. Bisogna vedere se altri partiti sono compatibili.

Chissà se anche all’interno del Pd sono tutti compatibili. Rispetto alle sue posizioni, ad esempio, il sindaco di Firenze Matteo Renzi è più o meno distante di Casini?
Le posizioni di Renzi non sono distanti come quelle di Casini. Lui resta un sindaco del Pd. Però certo, su alcuni temi non nego importanti diversità di vedute. Parlare oggi di liberismo di sinistra e fare passare questo concetto per una novità mi stupisce. Se la modernità di Renzi si riduce nel ripetere parole d’ordine di quindici anni fa, fatico un po’ a coglierne la portata innovativa.

Su una cosa lei e Renzi potreste essere d’accordo, almeno per motivi anagrafici. Il limite di tre mandati per i parlamentari Pd.
Su questo argomento io sono sempre stato d’accordo. Anzi, ci sono alcuni nostri esponenti che non ricandiderei nemmeno dopo un mandato. Io non sono un parlamentare, eppure partecipo attivamente al dibattito politico. Si può dare il proprio contributo anche senza essere eletti alla Camera. Mi aspetto un gesto di questo tipo da parte di quella classe dirigente a cui  sfugge la necessità di farsi da parte.

E se, nonostante le legittime aspettative, i dirigenti non si faranno da parte?
A quel punto daremo risposte procedurali. Io sono favorevole alla proposta di un tetto di tre mandati. Con un’integrazione: limitiamo anche le esperienze di governo. Quando si è stati a capo di un ministero per due volte si può fare posto ad altri.

Il proposito è lodevole. C’è qualcosa di concreto?
La commissione statuto del partito sta elaborando le modifiche. All’assemblea del 13 e 14 luglio si discuterà anche di questo.

Intanto si ricomincia a parlare insistentemente di voto anticipato. Qualche settimana fa non era così contrario nemmeno lei.
Tempo fa con Stefano (Fassina, ndr) e altri avevamo espresso una preoccupazione. Se c’è una paralisi del governo, costretto all’angolo dai troppi veti dei partiti, allora è meglio andare al voto. In direzione abbiamo discusso questa ipotesi, ma la nostra posizione è risultata minoritaria. Adesso andiamo avanti con questo governo senza se e senza ma.

Un governo di destra, come lo ha definito in passato.
Non ho mai definito quello di Mario Monti un governo di destra. È un governo che non ha mantenuto le promesse di equità che aveva fatto all’inizio del suo mandato. Ma questa è una critica che avrei potuto fare anche al centrosinistra. Monti è in perfetta continuità con l’esperienza politica degli ultimi venti anni. Quando il ministro Fornero parla dell’articolo 18 come di un totem da abbattere non dice nulla di nuovo. È una cosa che ho sentito dire anche a sinistra. Pensiamo alle privatizzazioni: nel Pd c’è ancora qualcuno che ne rivendica la paternità. Salvo dimenticare che secondo i dati della Corte dei Conti i cittadini non ne hanno tratto alcun vantaggio.

Insomma, sintetizzando Monti poteva essere anche alla guida di un governo di centrosinistra.
Monti aveva promesso rigore ed equità. Il rigore si è visto, l’equità non ancora.

Voto anticipato o meno, si iniziano a valutare le prossime alleanze. Con Casini anche l’Italia dei Valori?
Un accordo con Di Pietro oggi è inimmaginabile. La colpa è sua: del suo atteggiamento, delle sue offese. La mancanza di rispetto verso il capo dello Stato, poi, è una ferita difficile da rimarginare.

E Nichi Vendola? Per andare incontro alle offerte dell’Udc siete pronti a mettere a rischio l’alleanza con Sel?
No assolutamente. Noi partiamo da un progetto di unità del centrosinistra. Un progetto che include tutti coloro che nel recente passato hanno avuto un atteggiamento responsabile e rispettoso. E Vendola è uno di questi.

Difficile immaginare un progetto politico con Vendola e Casini insieme.
Partiamo dall’unità del centrosinistra. Il dialogo con le forze moderate nascerà da questa base. Il Partito democratico ha il suo progetto per il Paese. Attorno a questo progetto vedremo chi riusciremo ad aggregare. Il problema di costruire un’alleanza non ce l’abbiamo noi, ma gli altri.

Quindi il Pd è al centro del progetto. Chi vuole allearsi con voi deve preoccuparsi di essere compatibile?
Il nostro è l’unico partito uscito indenne dalle ultime elezioni. Sono gli altri che devono porsi il problema di dialogare con noi. Casini oggi ha fatto proprio questo: ha cambiato atteggiamento. Il progetto per l’Italia viene prima di qualsiasi alchimia politica: il nostro progetto deve venire prima di qualsiasi accordo politico. Anche per le primarie saranno introdotti dei paletti programmatici. Chi vuole partecipare dovrà sottoporsi a vincoli politici e comportamentali. Chi vincerà sarà il nostro candidato premier. Con lui costruiremo le alleanze.  

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