Senza Gheddafi cresce Al Qaeda e sciamano le locuste

Senza Gheddafi cresce Al Qaeda e sciamano le locuste

Non sappiamo se tra i dialetti dell’Africa occidentale esista l’equivalente dell’espressione fascio-romanesca “ridateci il puzzone”. Ed è probabile che in Libia, malgrado la perdurante instabilità, siano ancora in molti a ringraziare il cielo per la fine dell’oppressivo regime di Muammar Gheddafi. Ma i destabilizzanti effetti collaterali della caduta del qaid continuano a farsi sentire, via Sahara, in tutto il Sahel. Vi rientrano tanto il proliferare dei qaedisti nel Mali, quanto l’avanzata delle locuste che dalla Libia, avverte la Fao, puntano minacciose verso sud. E contro i primi, l’ipotesi di un intervento militare esterno si fa sempre più concreta.

Se è improbabile che l’ennesima strage di civili in Siria convinca il Consiglio di Sicurezza a legittimare l’uso della forza, il capitolo sette della Carta della Nazioni Unite che lo contempla è stato invocato apertamente giovedì dai capi di governo riuniti nell’organizzazione regionale Ecowas per sanare la situazione del Mali settentrionale. L’esercito di Bamako ha perso dall’inizio dell’anno il controllo della zona, travolto dalla ribellione dei combattenti tuareg rientrati a casa carichi d’armi dopo la caduta del loro datore di lavoro Muammar Gheddafi. E l’auto-proclamato Stato dell’Azawad, che rivendica la sovranità su un territorio più ampio della Francia, è diventato da allora il rifugio prediletto dei jihadisti, locali e non.

È da tempo peraltro che Al Qaeda nel Maghreb Islamico opera in quelle lande, ricavando pingui profitti dal traffico di narcotici e di ostaggi occidentali. Ma la disfatta dell’esercito maliano ha aperto anche le città (e i loro aeroporti), da Gao a Timbuctù, ai più diversi gruppi jihadisti, alcuni dei quali arrivati da molto lontano. Accanto al movimento di Ansar Dine, protagonista dell’insurrezione con i combattenti tuareg “laici”, vi sarebbero anche i nigeriani di Boko Haram e secondo il presidente del Niger Mahamadou Issoufou, in prima linea nel chiedere un intervento, perfino “istruttori” giunti dall’Afghanistan e dal Pakistan.

L’informazione va presa con le pinze, perché smentisce le analisi più accreditate riguardo alla frammentazione regionale dell’universo qaedista. L’allarme però è recepito dagli Stati Uniti, preoccupati dallo spostamento della minaccia dalla regione Af-Pak, dove lo stato maggiore terrorista è stato decimato dai “droni” della Cia, verso rifugi più sicuri. Il timore insomma, per dirlo con le parole del nuovo ministro della Difesa francese Jean-Yves Le Drian, è che il Mali possa diventare “l’Afghanistan dell’Africa occidentale”.

Così sia Parigi che Washington si stanno convincendo della necessità di intervenire per bonificare la zona. La via maestra rimane quella di una missione africana alla quale offrire sostegno tecnico-logistico. Non è però escluso un coinvolgimento militare più diretto, magari ricorrendo ancora una volta ai bombardamenti “stranieri” dall’alto per sostenere l’avanzata dei fanti africani.

Sarà certo meno sanguinoso ma forse altrettanto complicato provare a bloccare l’avanzata verso Niger e Mali delle locuste, anch’essa favorita dalla caduta di Muammar Gheddafi stando all’allarme lanciato martedì dalla Fao. Sciami di locuste del deserto si sono formati in Libia e Algeria a metà maggio e potrebbero invadere Mali e Niger (nel nord del paese sono già stati avvistati) prima della fine del mese, con danni potenzialmente enormi per l’agricoltura.

Certo, sono state in primis le piogge abbondanti, favorendo l’alimentazione delle locuste, a generare la minaccia, ma “la caduta di Gheddafi è stata un fattore di enorme importanza” ha spiegato l’esperto della Fao Keith Cressman. Il regime aveva un programma molto efficace di controllo delle locuste, che gli permetteva anche di aiutare i Paesi confinanti a monitorare e prevenire il pericolo in tempo. L’anno scorso, però, i libici erano troppo impegnati a combattere tra di loro per occuparsi degli accoppiamenti delle locuste che così si sono moltiplicate. E ora gli sciami avanzano verso una regione già colpita da una carestia che mette a repentaglio la sicurezza alimentare di circa diciotto milioni di persone.

L’emergenza è ancora nella fase iniziale, ma il ricordo dell’ultima “biblica” invasione delle locuste sconsiglia di sottovalutarla. Nel 2003-2005 le locuste infestarono più di venti paesi, muovendosi in sciami lunghi fino a duecento chilometri. Servirono cinquecento milioni di dollari per sconfiggere un fenomeno che si era portato via risorse alimentari per un valore complessivo di circa due miliardi e mezzo di dollari.

C’è ancora tempo per evitare il peggio, fa sapere la Fao. Algeria e Libia dovrebbero collaborare nelle operazioni di disinfestazione alla frontiera, che però rimane instabile, al pari dei rapporti tra i governi dei due paesi, visto che l’Algeri non simpatizza con il nuovo corso libico e dà ospitalità alla figlia di Gheddafi. E in assenza di specifiche risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, è quindi lecito sperare che siano innanzitutto le condizioni meteo a frenare l’avanzata delle locuste.  

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