Così è…se traspare. Storie di finanza e (mancanza di) trasparenzaPer la Consob è meglio se i risparmiatori non conoscono i rischi

Per la Consob è meglio se i risparmiatori non conoscono i rischi

La probabilità che Vegas conosca la probabilità è molto bassa. E se uno non conosce la probabilità non conosce la finanza. Questo emerge dall’audizione che ha tenuto il 25 ottobre alla Commissione Finanze della Camera e dalla risposta a una domanda sulla metodologia degli scenari probabilistici, proposti dalla Consob stessa in sede europea, e respinta a colpi di lobbying, là dove si “puote ciò che si vuole”. Nella risposta sugli scenari Vegas sembra ringraziare l’Europa per aver bocciato una proposta della Consob che ora presiede, e ne ribadisce la motivazione con la brillantezza di uno studente di fronte a una domanda di esame che non gli doveva proprio capitare. Non mettiamo in dubbio che un ex giovane ricercatore di diritto ecclesiastico abbia difficoltà ad afferrare il concetto di probabilità. Il concetto di legge dei codici e di legge dei preti è sostanzialmente diverso dal concetto di legge di probabilità e del rischio. Ma che chi è digiuno di probabilità, e quindi di finanza e di rischio, presieda l’autorità che ha in carico la trasparenza dei mercati finanziari è un problema serio. È forse ancora più serio del fatto, sollevato da qualche componente della commissione, che provenga dalla politica.

Veniamo alla questione tecnica, volgarizzata. Chi in una banca disegna un titolo e lo valuta, usa uno strumento chiamato probabilità. Quale probabilità che dia buoni rendimenti? Quale probabilità che dia cattivi rendimenti? Il prezzo è una media di tutti questi possibili scenari. Il risultato è un numero: esempio, il valore del prodotto è 100. Sempre nella banca, c’e un’altra persona, che si chiama risk manager, che usa la probabilità: a lui interessa la probabilità di avere una perdita e di quanto questa perdita possa essere. Anche il risultato di questo calcolo è facilmente comprensibile: ho una probabilità di perdere del 70% e in questo caso in media perdo il 60% del mio valore. La proposta degli scenari probabilistici è: perché non dare questa ultima informazione al risparmiatore? Valutate voi se l’informazione è comprensibile ed è utile. Voi la vorreste avere? Numeri simili a quelli riportati sopra erano scritti nel prospetto del cosiddetto “convertendo” emesso da Banca Popolare di Milano. Se qualche risparmiatore li ha letti, ha evitato una brutta storia.

Come si calcolano queste misure di rischio è una ricetta da chef, ma può essere anche questa volgarizzata. In soldoni (è proprio il caso di dirlo), si generano degli scenari di mercato, e si calcolano quanti sono i casi in cui avremmo fatto meglio a lasciare i soldi sul nostro conto corrente. Se si ottiene il 68,50% è probabile che non sia un buon affare. Poi si calcola la perdita media in questi 685 scenari su 1.000 in cui le cose vanno male. E se la perdita media è di 59,2%, è molto probabilie che sia un pessimo affare. E in effetti il convertendo della Banca popolare di Milano è stato un affare peggio che pessimo. 

Giuseppe Vegas presidente della Consob dal novembre 2010

Ora, secondo il Presidente Vegas conoscere questa informazione, che ogni banca produce internamente, potrebbe accentuare il rischio. Attenzione! Lo stesso dovrebbe valere anche per le banche. Le banche che ogni giorno producono quella misura riportata sopra (ho una probabilità x di riportare una perdita y) secondo il Presidente della Consob accentuano il loro rischio. Non è chiaro quale ragionamento ci sia dietro questa affermazione, ma senz’altro nessun argomento economico sensato. L’unico argomento che mi viene in mente è: non ditemi quanto rischio, voglio vivere felice questi miei giorni di investitore, e quando il default mi chiamerà…Ritorniamo alla mistica e alla fede, ma l’economia e la finanza sono un’altra cosa.

Dopo l’argomento “è meglio non correre il rischio di conoscere il rischio”, il Presidente Vegas lascia la teoria delle decisioni e si lancia nella tecnica dei mercati finanziari. Egli usa un esempio e due argomenti. L’esempio è un nome che oggi incute preoccupazione, ed è il Monte dei Paschi di Siena, e perché non utilizzarlo? Ed ecco una citazione in amicizia, come al bar, su un titolo strutturato Mps che aveva una buona pagella di scenari probabilistici, ma è andato male. Qual è? Non lo sappiamo. Ma io conosco prodotti strutturati Mps che avevano una buona pagella e che sono andati bene, perché erano di fatto dei covered bond, cioè titoli con garanzia doppia, personale e reale. E se uno che aveva una buona pagella è andato male, è un buon motivo per non voler sapere la probabilità che vada male? Conoscere la probabilità che una cosa si verifichi non significa escluderne la possibilità.

Dopo l’esempio, ecco gli argomenti. Gli scenari di probabilità dipendono da parametri che vanno aggiornati. Bene, ma intanto sarebbe stato meglio conoscere gli scenari sui parametri di un titolo all’emissione, e chissà che la cosa non avesse stimolato altre figure del mercato nel produrre e nell’aggiornare quei parametri. E soprattutto: i parametri dei cosiddetti scenari di “what if”, che hanno sostituito gli scenari, non cambiano e diventano obsoleti allo stesso modo? Se questo è l’argomento, allora togliamo anche gli scenari “what if”: richiedono parametri che cambiano nel tempo. Oltretutto, aggiungiamo che forniscono un’informazione dannosa: sono arbitrari, e soprattutto (mi si passi un solo punto tecnico), hanno probabilità zero di verificarsi. E i parametri dell’affidabilità dell’azienda non cambiano? Perché non togliamo anche quelli?

Infine, l’argomento perla di tutto il ragionamento: gli scenari richiedono un benchmark. Vero, e il benchmark si chiama Eonia. È quello che si ottiene con la remunerazione di mercato delle attività cosiddette cash (la “o” di Eonia sta per “overnight”). E invece per Vegas no: il benchmark è il Btp. Non solo. Vegas si lancia sul Btp e dice: “se avessimo utilizzato la metodologia per il Btp ne avremmo sconsigliato l’acquisto”. Qui c’è il Vegas politico: insinua che conoscere il rischio Italia potrebbe portare in cittadini a non sottoscrivere i titoli, e quindi meglio non sapere. Se abituiamo a misurare il rischio, alla fine la stessa misura verrà usata per i nostri titoli. E il Vegas Presidente della Consob? In primo luogo non conosce il benchmark utilizzato nella proposta Consob. Non sa che quella proposta è ancora nella normativa sui titoli illiquidi. Confonde il ruolo della Consob con quello di un’analista che dà consigli di investimento. E infine finge di non sapere che i titoli pubblici non hanno prospetto.

Che conclusioni possono trarre quindi gli investitori da questa audizione così poco trasparente del Presidente dell’autorità garante della trasparenza? Citando un vecchio banchiere centrale: “sta in noi”. Chiediamo sempre che probabilità abbiamo di perdere e quanto; chiediamolo agli intermediari e ai consulenti e premiamo quelli che ce lo dicono. Ignoriamo l’esortazione a ignorare i rischi. E, per le banche: non c’è bisogno di dirvelo, continuate a misurare i rischi. Se poi deciderete anche di diffondere la notizia ai clienti, i clienti ve ne saranno grati e cresceranno.

*docente di Finanza matematica all’Università di Bologna e coordinatore della laurea specialistica internazionale in Quantitative Finance del medesimo ateneo

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