Portineria MilanoIl gip su Finmeccanica: «Orsi sapeva delle tangenti e dell’appalto truccato»

Il gip su Finmeccanica: «Orsi sapeva delle tangenti e dell'appalto truccato»

C’è una scena che forse racconta nel migliore dei modi la figura di Giuseppe Orsi, l’amministratore delegato di Finmeccanica, arrestato per corruzione internazionale dalla procura di Busto Arsizio. È quella di una sera del 2010 – raccontata dall’intermediario arrestato Guido Haschke – il giorno precedente all’aggiudicazione da parte di Agusta Westland della commessa indiana da 500 milioni di euro per quei 12 elicotteri AW 101. Orsi – già avvertito della vittoria del giorno dopo (come si usa negli affari delle multinazionali ndr) – si ritrovò in un ristorante di Nuova Dehli dove (per caso) era presente pure la delegazione americani di Sikorsky, concorrente di Agusta nell’aggiudicarsi l’appalto di gara. Ebbene, l’ex ad di Agusta inviò al tavolo della delegazione americana una bottiglia di champagne con un bigliettino con scritto «non sempre si può vincere» scatenando la rabbia del capo delegazione che abbandonò il locale: quella gara d’appalto – secondo i magistrati – era viziata dalla corruzione di funzionari indiani e fatta su misura per l’azienda italiana.

Sta forse in questo passaggio dell’ordinanza di custodia cautelare uno dei tratti del comportamento di Orsi. Atteggiamento che si aggiunge alle modalità con cui l’ad di Finmecanica, prossimo alle dimissioni, ha gestito le inchieste che gli erano piovute addosso, tra tangenti «da pagare» come «filosofia aziendale», un certo disprezzo dei concorrenti internazionali come gli Stati Uniti, spregiudicatezza nel pensare di poter rimuovere un pm dalla procura che lo stava indagando, fino al tentativo di corrompere i quotidiani con «un milione di euro» per una campagna stampa compiacente con Finmeccanica. 

Orsi, stando alle carte dei magistrati, era molto capace nel gestire i suoi rapporti di potere, non solo a livello di relazioni economiche e politiche, tanto da arrivare alla nomina in Finmeccanica tra lo stupore persino dell’ex presidente Piefrancesco Guarguaglini. Ma pure negli ambienti giudiziari, tanto che sempre Giuseppe Zampini, amministratore delegato di Ansaldo Energia, rivela ai magistrati che «Orsi avrebbe dovuto essere grato a Borgogni (Luciano ex relazioni esterne da cui nasce l’indagine ndr) che all’epoca di Oil For Food perché lo aveva salvato da un possibile arresto, in specie gli aveva consigliato di restare all’estero».

Secondo il Gip Orsi sapeva dell’appalto truccato e delle tangenti

Eugenio Fusco, pm della procura di Busto Arsizio, ha ricostruito nel dettaglio il flusso del denaro che si sarebbero spartiti Guido Haschke, Carlo Gerosa, Christian Mitchell e i funzionari sull’affare dei 12 elicotteri in India. Il pm ci è riuscito, trovando i passaggi della corruzione dei dirigenti indiani corrotti «nella valigetta dei sogni» di Haschke – intermediario anche lui in carcere che vantava un contratto di consulenza con Agusta. In quella valigetta che era stata nascosta in casa della madre di Haschke (e che l’intermediario svizzero con passaporto americano difese sdraiandosi sopra ndr) c’erano, oltre al memorandum su come vincere la commessa, i conti, le triangolazioni del denaro tra India e Tunisia, come pure il ricorso alle sovraffaturazione.

È un sistema molto intricato che lo stesso Haschke ha ricostruito con i magistrati e che si sarebbe consumato fino al 2013, quando fu pagata l’ultima tranche della tangente. Orsi, secondo i magistrati era a conoscenza del fatto che il bando di appalto era stato modificato «in tal maniera da consentire la partecipazione alla gara anche dell’Agusta Westland». Non solo. Haschke e l’altro consulente Mitchell, inglese e vicino a Orsi, secondo l’accusa avrebbero contrattato proprio con l’ad di Agusta Westland «una spartizione al 50% delle somme erogate da Agusta per l’attività di consulenza pari al 7% dell’intera commessa».

I tentativi di influire sul governo: da Passera all’irritazione di Monti

Quando Orsi fu indagato per corruzione internazionale il 25 aprile del 2012 dalla procura di Napoli che già indagava sul faccendiere Walter Lavitola e sull’ex direttore commerciale Paolo Pozzessere, iniziarono i primi scossoni a livello aziendale. In ballo c’era la poltrona di Orsi, che i sindacati, e fette della politica italiana, mettevano già in discussione. Il governo all’epoca decise di non intervenire per sostituirlo. E adesso il Tesoro ha spiegato in una nota che non c’erano i «presupposti concreti certi e attuali» perché deliberasse l’eventuale revoca di Orsi.

Ma nelle carte dell’inchiesta compare pure il tentativo da parte di Giovanni Garofalo, vicepresidente Telespazio (controllata di Finmeccanica ndr) ed ex capo della struttura Rai del Quirinale, di influire sulle dichiarazioni dei membri del governo per tutelare la figura di Orsi. Garofalo, nelle telefonate intercettate, dice di aver visto di persona l’ex presidente Carlo Azeglio Ciampi e persino Marianna, la figlia di Oscar Luigi Scalfaro, aggiungendo che proprio l’ex capo di Stato aveva sollecitato il ministro Corrado Passera a difendere Orsi. 

A questo si aggiunge la profonda irritazione di Monti per la situazione che si stava venendo a creare, tanto che le indagini su Finmeccanica avrebbero determinato «un palese imbarazzo da parte dei più importanti esponenti governativi per la condotta di Orsi», si legge nelle carte del gip. Nell’ordinanza viene citato un colloquio intercettato in cui un manager di piazza Montegrappa «sembra riportare le parole di Monti», che direbbe in occasion del vertice di Abu Dhabi di dicembre: «non gli stringo la mano, capirà che si deve dimettere».

I tentantivi di sostituire i pm Fusco da Busto Arsizio

In quella fase antecedente allo spostamento dell’inchiesta a Busto Arsizio, Orsi, risulta dalle carte, aveva coinvolto all’interno dell’azienda due magistrati per sviare le indagini: l’ex presidente della corte d’Appello di Milano Giuseppe Grechi e l’ex presidente della corte d’Appello di Venezia Manuela Romei Pasetti. Già prima dell’arrivo di Fusco, il 12 giugno del 2012, Orsi e la Romei discutevano su come muoversi per l’indagine, arrivando a citare persino un contatto con Michele Vietti, vicepresidente del Csm. La Romei infatti «riferisce che è stata contattata da Vietti il quale, anticipando una sua telefonata, le ha detto che ha invitato anche il presidente del Tribunale di Napoli Alemi e che lei non ha potuto dire di no».

Le cose cambiano dopo la decisione della Cassazione di spostare l’inchiesta da Napoli a Busto Arsizio alla fine di luglio per competenza territoriale da Milano. Arriva Fusco, già titolare in passato di inchieste come Parmalat e  Antonveneta, uno che parla poco e che a Busto in pochi giornalisti vanno a trovare. Ma i tentativi di Orsi – insieme con l’attuale ad di Agusta Bruno Spagnolini (ai domiciliari) – di intaccare l’inchiesta continuano. Siamo a luglio dello scorso anno e secondo il giudice per le indagini preliminari di Busto Arsizio, Bruno Labianca lo evidenzia: «Gli indagati, informati dell’esistenza di una indagine giudiziaria… si sono attivati a porre in essere condotte di sovvertimento della genuinità delle prove». 

Così si arriva al 9 agosto 2012. La Romei spiega a Orsi: «…che siccome lui è via (inc) ci dovremmo dare un appuntamento intorno al 29 agosto perché ho, lui non sa ancora quand’è che andrà a parlare lì… adesso devo decidere se è meglio che io prima o lui (il riferimento è al difensore di Orsi, ndr), devo un momento (sospira) pensare bene qual è il passo giusto ecco…». Dopo ci sarà un incontro Orsi, Romei, Grechi e l’avvocato Ennio Amodio ed è in questa occasione che vengono registrate le telefonate «verso una utenza in uso a persona in servizio presso il Csm colloqui – argomenta il gip – vertenti sulla pratica riguardante la copertura del posto di procuratore della Repubblica di Busto. Che avrebbe quindi avuto il potere per togliere il fascicolo al pubblico ministero scomodo». Cosa che poi non avvenne.

La replica dell’avvocato di Orsi Ennio Amodio

Per Amodio, l’arresto di Orsi è «un provvedimento irragionevole per una vicenda oggetto di indagini da quasi due anni e tuttora priva dei tasselli più importanti che ne dovrebbero accreditare l’esistenza almeno sul piano indiziario. Tanto più ingiustificata appare la misura cautelare se si pensa che non c’e’ traccia del benchè minimo profitto conseguito dall’ingegner Orsi o da terzi nella fornitura dei 12 elicotteri Agusta all’India».

«È davvero inconcepibile – ha insistito il legale – addebitare a Giuseppe Orsi di aver cercato compiacenze da parte dei diversi organi di stampa. Come se non fosse giustificato impegnarsi a difendere la propria immagine nei media per far emergere la verità dei fatti». Infine, a giudizio del difensore di Orsi, «non si può condividere il rilievo dato nell’ordinanza cautelare a presunte manovre in ambiente giudiziario. Si tratta di un evidente equivoco perchè in tutto lo svolgimento dell’attività investigativa l’ingegner Orsi e la sua difesa hanno fornito la massima collaborazione agli inquirenti».