Roberto Maroni è il nuovo presidente di regione Lombardia. Il segretario federale del Carroccio batte il candidato di centrosinistra Umberto Ambrosoli con quasi 5 punti di vantaggio. Il sogno dei barbari sognanti della Lega 2.0 è compiuto. Non sono servite a molto le inchieste sul Pirelli e la Lega, dalla sanità al tesoriere in odore di ‘Ndrangheta Francesco Belsito fino a Finmeccanica: i cittadini lombardi hanno votato convinti per il centrodestra mentre il Pd è di poco sopra ai dati di Filippo Penati nel 2010. Nella notte i leghisti tappezzeranno i muri dei comuni con 6mila cartelloni “rossi” con scritto “Grazie Lombardia”
Per la prima volta nella storia d’Italia il Carroccio ha in mano le tre regioni rappresentative dell’asse del Nord, dal Piemonte al Veneto fino appunto al capoluogo Certo, c’è un dato nazionale che potrebbe seppellire qualsiasi speranza per i leghisti, con appena 18 deputati a Montecitorio, ma l’obiettivo di governare il settentrione è raggiunto.
Del resto, Bobo lo aveva ripetuto più volte: «Di Roma non ci interessa niente». Il segretario federale non si è neppure candidato in parlamento, proprio per poter gestire dal Pirellone le prossime strategie economico politiche del suo movimento. Eppure, mentre in Veneto impazza una polemica tra Luca Zaia e Flavio Tosi per il risultato deludente in regione, in Lombardia il problema adesso sembra essere un altro: Roberto Formigoni e un Pdl che diventa il primo partito in regione.
Il governatore uscente, travolto dagli scandali, tradito proprio dalla Lega Nord che fece cadere la giunta dopo l’arresto per ‘Ndrangheta dell’assessore Domenico Zambetti, sembra in questo momento più in spolvero che mai. «Tutti dovranno rassegnarsi di fronte a esito urne: in Lombardia vince il buon governo di centro-destra, 18 anni che sono piaciuti ai cittadini». Il dato è chiaro: il vecchio apparato ciellino, quel centrodestra vicino alla Compagnia delle Opere che in Lombardia governa da quasi 17 anni, ha votato per un leghista di nome Maroni.
E il Celeste lo vuole fare pesare durante le trattative per la nuova giunta e per la nuova struttura amministrativa lombarda. Si parla di tre assessorati. In queste ultime ore Formigoni appare molto in forma. Ha già chiesto di restare commissario generale dell’Expo 2015. Concede interviste a destra e manca. E in debito d’ossigeno per gli scandali sulla sanità, sembra voler già gettare il cappello sulla vittoria elettorale della Lega. Certo, è ancora presto. Ma conoscendo le infinite diatribe tra Carroccio e Pdl per spartirsi gli incarichi pubblici nella sanità come nelle grandi partecipate, ci sarà di sicuro da confrontarsi in futuro per formare il nuovo assetto della regione più ricca d’Italia.
Gli ex della giunta formigoniana sono stati inseriti in posti chiave in vista della battaglia elettorale e quindi, di sicuro, vorranno presentare il conto. Ci sarà da lottare. Ma c’è già chi scommette sul fatto che Giulio Boscagli, ex assessore alla Famiglia e cognato di Formigoni, possa essere riconfermato. Così come Raffaele Cattaneo, ex assessore ai Trasporti, in ottimi rapporti con la Lega anche per via di quella nomina in Sea (azienda che gestisce gli aeroporti Linate e Malpensa) di Giuseppe Bonomi. Ci sarà da discutere, quindi.
Di certo Maroni dovrà pure fare i conti con “i trombati” eccellenti della sua Lega. I maroniani di ferro, a livello nazionale, ce la fanno quasi tutti. Resta fuori da Montecitorio Andrea Gibelli, ex vicepresidente e assessorato all’Industria, che pare abbia già bussato alla porta di Bobo per avere un ruolo di peso al Pirellone.
E poi ci sono gli incarichi strategici. Quello di direttore generale, ad esempio, dove ha governato per quasi vent’anni il potente Nicola Sanese, ora indagato, ma uomo di peso per la spartizione politica del potere lombardo. Stessa questione si porrà nel settore Sanità, dove Carlo Lucchina, anche lui travolto dalla indagini, dovrà provare a sopravvivere magari piazzando alcuni suoi fedelissimi. In questa partita a scacchi tra Formigoni e Maroni, poi, avrà un ruolo di primo piano Silvio Berlusconi.
Nel Pdl (e anche nella Lega) sono sicuri di un fatto: l’affermazione elettorale in Lombardia dipende soprattutto dal Cavaliere. In questa chiave di sicuro il leader del centrodestra chiederà la sua parte, anche perché vale lo stesso discorso fatto dai trombati della Lega. E anche uno come Renato Farina «trombato» in parlamento potrebbe spingere l’amico Formigoni per ottenere un posto al Pirelli.
Sono tutte supposizioni. Ma a breve si aprirà una grande trattativa tra leghisti e pidiellini per formare la nuova squadra regionale, tra Infrastrutture Lombarde e Finlombarda. In questo senso bisognerà dare uno sguardo pure a quello che sta succedendo in Piemonte e Veneto. La debolezza del centrodestra a livello nazionale spinge molti leghisti e pidiellini a suggerire che qui si terranno i nervi saldi. Ma in Veneto Giancarlo Galan, vista la debacle leghista ha già chiesto un rimpasto alla giunta di Zaia. E in Piemonte Cota deve fare i conti con un risultato fra i peggiore della storia del movimento fondato da Umberto Bossi.