Alla direzione nazionale del Pd arriva Renzi. Un caso?

La strategia del «tortellino magico»

A due giorni dalla direzione nazionale del Pd (che, per fare il verso ai grillini sarà trasmessa in streaming), che si preannuncia tesa e dall’esito non affatto scontato, la linea politica di Pier Luigi Bersani comincia a scricchiolare. Ieri durante la trasmissione condotta da Fabio Fazio, Che tempo che fa, il leader del centrosinistra ha lanciato un ultimatum alla sua maniera al M5S: «Dico a Grillo, che gioca a fare l’uomo mascherato, che io non apro tavolini e non sto qui a scambiare le sedie. Adesso dica cosa vuole fare. Tutti a casa? Però anche lui».

Una linea che gli è stata suggerita dal cosiddetto «tortellino magico», ribattezzato così per le origine emiliane, costituito nel primo cerchio concentrico da Vasco Errani, Maurizio Migliavacca e Miguel Gotor. «Pier Luigi devi insistere, il primo giro spetta a te. Poi si vedrà», avrebbero detto all’unisono. Una linea politica che è stata anche rilanciata dal secondo cerchio concentrico del «tortellino magico», costituito dal gruppo dei giovani dalemiani, su tutti: Matteo Orfini e Stefano Fassina. Il primo dalle colonne de il Mattino ha sottolineato: «Vedremo che cosa risponderà Grillo: anche per lui è venuto il momento di assumersi le sue responsabilità e dimostrare che il suo movimento è pronto a votare in Parlamento ciò che va chiedendo nelle piazze. Se il governo avrà la fiducia, sarà necessario almeno un anno per completare il programma. In caso contrario, si va subito alle urne». Il secondo, l’economista Fassina, è andato addirittura oltre: «Per quanto mi riguarda Bersani rimane la figura più forte per la campagna elettorale».

Ma il «tortellino magico» ha le ore contate all’interno del Nazareno. «La loro strategia ha portato al fallimento», sussurrano. «Avremmo dovuto conquistare l’elettorato di sinistra, e invece abbiamo perso moltissimi consensi proprio a sinistra», precisano. Infatti le perplessità fra gli altri capicorrente crescono. Matteo Renzi ha annullato la riunione di “corrente”, che si sarebbe dovuta tenere a Firenze, e alla quale avrebbero dovuto partecipare 51 parlamentari. E ha preferito lasciar parlare il braccio destro Matteo Richetti, ex presidente del consiglio regionale dell’Emilia Romagna, e neo eletto al Parlamento: «Mi rassicura il fatto che un’eventuale intesa non sia nelle mani di Bersani e di Grillo ma nelle mani del Capo dello Stato. È lui che nomina il presidente del Consiglio, nessuno si può autoproclamare. I bracci di ferro si fanno in campagna elettorale, poi si guarda alle istituzioni». Come dire, la strada di un governo politico a guida Bersani non s’ha da fare. Mentre Paolo Gentiloni, veltroniano di ferro, ha precisato che «l’alternativa non possono essere elezioni immediate».

Ma la doccia fredda per il segretario Bersani è arrivata in serata quando Vito Crimi, neo eletto capogruppo al Senato del M5S, ha alzato le barricate su un eventuale governo dal segretario dei democratico: «Come detto in campagna elettorale, e da anni, il M5S non può e non darà alcuna fiducia al governo dei partiti. Qualunque proposta alternativa al governo dei partiti, noi la valuteremo di conseguenza».

Ecco perché, come confermano dal quartier generale dei democratici, la direzione del Pd potrebbe riservare sorprese. Nonostante tutto il segretario democratico proverà arilanciare la linea del «governo del combattimento» con i “Cinque Stelle” puntando su un programma di otto punti. Ma, assicurano dal Nazareno, c’è chi starebbe convincendo Bersani a fare un passo indietro onde evitare «si ritrovi in minoranza». E colpo di scena, dopo tanti “no”, alla direzione parteciperà anche Matteo Renzi. Da quanto risulta il sindaco di Firenze starebbe cancellando una serie di riunioni in programma per il 6 marzo. Un caso?

Twitter: @GiuseppeFalci

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