Pagare i debiti della Pa non aumenta il deficit

Lo Stato debitore

Spero che gli studenti che sono stati miei allievi al corso di Finanza Pubblica della Bicocca in questi anni non abbiano letto i giornali odierni in tema di deficit pubblico dell’Italia e rimborso dei debiti commerciali della P.A. Se lo hanno fatto penseranno che io abbia raccontato loro delle frottole oppure, in alternativa, che la Commissione U.E. e il Governo italiano non conoscano le procedure contabili di finanza pubblica. Ecco un breve estratto (il grassetto è mio) di ciò che potrebbero aver letto, tratto dal Sole 24 Ore di oggi:

La Commissione europea ritiene il nuovo obiettivo sul deficit annunciato dal governo italiano per il 2013 «una situazione limite» che potrebbe impedire l’attesa chiusura della procedura per deficit eccessivo contro l’Italia (..). «Un deficit al 2,9% del Prodotto interno lordo nel 2013 potrebbe rendere più difficile la chiusura della procedura di deficit eccessivo contro l’Italia a maggio. Con un deficit a questi livelli l’Italia è in una situazione limite», ha precisato la fonte, spiegando che l’annuncio del governo della scorsa settimana di risollevare il deficit al 2,9% nel 2013 per ripagare una parte dei debiti della P.A. crea «incertezza» sulla possibilità di abrogare la procedura per deficit eccessivo.

Cosa non va nel testo precedente? Il fatto che il pagamento di debiti della P.A. contratti per forniture di beni e servizi in precedenti esercizi influenzi il saldo di finanza pubblica (indebitamento) dell’esercizio corrente. Semplicemente questo non è possibile: se la P.A. rimborsasse domattina tutti i 70 mld. di debiti che si stima abbia coi suoi fornitori il disavanzo non aumenterebbe neanche di 1 (un) euro. Come è possibile? La risposta è molto semplice: nel momento in cui (nel precedente/i esercizio/i) l’acquisto che ha dato origine alla fattura non ancora pagata è stato realizzato, la P.A. che lo ha deciso doveva disporre dei fondi necessari nel bilancio previsionale, fondi che nell’attuare la spesa sono stati impegnati. E poiché l’indebitamento della P.A. (quello che nel linguaggio comune chiamiamo disavanzo o deficit), rilevante ai fini del parametro di Maastricht, è l’eccedenza delle spese impegnate sulle entrate accertate (spese di competenza meno entrate di competenza), la spesa del nostro esempio ha già contribuito al disavanzo dell’anno in cui è stata realizzata e non può pertanto contribuire, sarebbe la seconda volta, al disavanzo dell’anno in cui la fattura viene pagata!

Dunque se il governo intende alzare la previsione di deficit 2013 al 2,9% la ragione è presumibilmente dovuta agli effetti sulla finanza pubblica prodotti dal proseguimento/accentuazione della recessione fiscale in corso, non certo al rimborso dei debiti pregressi della P.A. che è ininfluente sui nuovi saldi. Il rimborso in oggetto avrebbe invece effetto sul fabbisogno del 2013, che non è tuttavia oggetto di vincoli europei, sul ricorso al mercato, dovendo essere finanziato attraverso l’emissioni di maggiori titoli, e sul livello del debito pubblico lordo, così come misurato dalla statistiche di finanza pubblica. Occorre tuttavia rilevare che esso non aumenta il debito pubblico totale ma che, semplicemente, trasforma debito commerciale, verso i fornitori, in debito finanziario, verso i sottoscrittori di titoli pubblici. E’ un difetto delle statistiche europee guardare solo al secondo, ignorando completamente il primo.

Come è possibile che un’U.E. dall’apparenza così rigorosa e attenta agli equilibri di finanza pubblica non sappia guardare all’intero debito pubblico ma solo ad una parte di esso? E cada nella trappola credendo che l’Italia aumenti la previsione di disavanzo perché vuole rimborsare i debiti commerciali della P.A.?

*docente di Scienza delle finanze all’Università di Milano Bicocca

Contenuto originariamente pubblicato su Chicago blog

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