C’è chi ha pianto. Chi ha sofferto. Chi non ha voluto mentire ai propri elettori e ai giornalisti. E chi ora teme per le epurazioni, come quelle di Giovanni Favia e Federica Salsi. Ma alla fine, i senatori del Movimento Cinque Stelle che hanno deciso di votare per Piero Grasso come presidente del Senato, hanno fatto una scelta: quella della democrazia e non dei diktat «autoritari» e del vincolo di mandato imposto da Beppe Grillo.
È questo il risultato di una giornata sofferta e difficile per un partito alle prime armi, capace di portare una ventata di cambiamento nei palazzi romani, ma stritolato dall’esperienza di Partito Democratico, Popolo della Libertà e Lega Nord. Sono rimasti inchiodati i grillini di fronte al bivio tra Renato Schifani e il magistrato di Licata, collega di quel Giovanni Falcone che ha perso la vita per combattere la mafia. «Ci fanno un mazzo così quando torniamo in Sicilia, se passa Schifani…», spiegavano alcuni senatori siciliani M5s durante il pomeriggio ai giornalisti.
E alla fine è finita così. Con un gruppo spaccato. I senatori M5s sono 53: Orellana ha ottenuto 5 voti, Grasso ha ottenuto 14 voti in più rispetto ai senatori del centrosinistra, le schede bianche sono state 31 in più rispetto ai senatori montiani. Si sono ritrovati persino a litigare sulla linea da tenere di fronte ai giornalisti. Dopo la votazione, all’interno è iniziato un confronto tra le varie anime del gruppo, tra chi voleva apertamente appoggiare la candidatura di Grasso e chi, sposando la linea dei «duri e puri», dalla schiena dritta, avrebbe preferito annullare le schede con l’indicazione del loro candidato Luis Alberto Orellana.
C’è chi ha proposto di dichiarare che tutto il gruppo ha seguito “la linea ufficiale”, optando all’unanimità per la scheda bianca. Una «palla» bella e buona secondo alcuni, al punto che qualcuno lo ha detto: «Questo non potete chiedercelo». E qualche senatore ha spiegato il motivo: «I giornalisti stanno riguardando le immagini per vedere i tempi medi di votazione (e capire facilmente chi tra montiani e grillini ha votato scheda bianca, ndr) perciò si capisce il giochino…».
A fine serata le bocche in casa Cinque Stelle sono cucite. Sul blog di Grillo non ci sono nuovi avvisi. Ma i commentatori si scatenano. Chiedono conto di quanto successo a palazzo Madama. «Cari senatori siciliani del M5S, ma che cavolo di amici personali avete?» scrive Fabrizio G. «Guardate che vi hanno votato milioni di italiani ed è a loro e ad un programma che dovete obbedire, mica ai vostri amici. Se vi fanno paura i vostri amici vuol dire che siete ricattabili, quindi dimettetevi. Ora, non domani».
Altri però la mettono in un altro modo. Perché – sostengono molti lettori del blog- «Grasso e la Boldrini sono stati nominati proprio perché siamo arrivati in parlamento noi, sennò ci saremmo ritrovati con la Finocchiaro e Franceschini». Per Vito Crimi, il capogruppo al Senato, «in ogni caso è stata una bella giornata per noi, abbiamo fatto un percorso non dettato da logiche di accordi di segreterie o di capi».
Il risultato è in sostanza questo. O meglio, questa la linea da seguire nei prossimi giorni. Una cosa è la presidenza del Senato, un’altra è il voto di fiducia al governo. «Casi di coscienza» li ha chiamati proprio Crimi. Al momento, si mormora tra i grillini che non ci saranno conseguenze di alcun tipo per chi ha fatto questa scelta.
Allo stesso tempo, però, «non c’è alcun margine per nessun appoggio a nessun governo dei partiti tradizionali, nessun inciucio o accordo con il Pd» come già accusano esponenti del Popolo della Libertà. Dal Movimento 5 stelle rivendicano di aver avuto «senso di responsabilita» pur definendo Grasso «non un santo», piuttosto considerandolo il male minore.
E infatti, viene confermato che l’unica votazione avvenuta oggi al Senato aveva registrato l’unanimità nel non votare Renato Schifani. In M5S comunque c’è chi ammette che «è stato un momento difficile» quello di oggi, anche se si prevedeva che sarebbe stato così. Ma c’è anche chi ricorda che forse «quella presidenza della Camera doveva andare a noi».
E Grillo e il guru Gianroberto Casaleggio? I duri e puri sono stati in silenzio fino a tarda sera. Poi verso le 23 il leader del Movimento Cinque Stelle ha chiesto «trasparenza» scrivendo su Facebook: «Se qualcuno si fosse sottratto a questo obbligo ha mentito agli elettori, spero ne tragga le dovute conseguenze». Espulsioni in arrivo? Nei giorni scorsi i due avevano minacciato di abbandonare la politica nel caso in cui si fossero trovati accordi con altri partiti. Intendevano la fiducia al governo, certo, ma la presidenza del Senato potrebbe rappresentare un primo squarcio: i grillini hanno scoperto cosa vuol dire la fatica della democrazia rappresentativa. E hanno dimostrato, in alcuni casi, di scegliere con coscienza. A Grillo questo non è andato giù.