«Non mi pare che ci siano problemi veri». Mentre il premier incaricato Enrico Letta cerca di trovare una difficile intesa tra i partiti, il Cavaliere benedice la nascita dell’esecutivo. Per annunciare l’avvio della nuova fase istituzionale gli basta una frase. Silvio Berlusconi è appena tornato dagli Stati Uniti, «Non mi pare che ci siano problemi veri». Adesso il governo delle larghe intese può partire.
Può piacere o meno, ma è lui il protagonista della scena politica. Ancora lui. Doveva essere spazzato via dalla crisi finanziaria che un anno e mezzo fa lo ha costretto alle dimissioni da premier. Seppellito dall’esecutivo tecnico della sobrietà e del merito. Accantonato dai suoi uomini pronti a tradirlo. Dimenticato dagli elettori italiani troppo a lungo illusi. A rischio piazzale Loreto fino a due mesi fa e braccato dai magistrati. Eppure Silvio Berlusconi rimane al centro del palcoscenico. Si può essere d’accordo o meno, ma bisogna prenderne atto. Il personaggio si fa amare, più spesso detestare. Ma resta il dominus indiscusso delle trattative di Palazzo (probabilmente più per errori dell’avversario che per meriti propri). L’ingombrante regista del governo che sta per nascere.
Lui lo sa. E se ne compiace. L’ex presidente americano Bush lo invita in Texas per assistere all’inaugurazione della sua biblioteca-museo? Il Cavaliere parte per gli States e blocca il negoziato per il nuovo esecutivo. Proprio così. Perché ieri Enrico Letta ha incontrato la delegazione pidiellina per discutere del programma di governo. Ma prima del ritorno in Italia del Cavaliere non si può far nulla. La firma in calce all’accordo è la sua. Non solo. Nonostante fosse dall’altra parte dell’Oceano, Berlusconi è riuscito persino a monopolizzare l’attenzione dei media. Mentre le trattative erano ancora in corso, il Cavaliere ha dato il via libera all’intesa. «Il fallimento di Letta? Non voglio nemmeno pensarci» ha ammesso da Dallas, rendendo il vertice romano un’inutile appendice delle sue parole.
A Roma i suoi non smettono di tesserne le lodi. Silvio Berlusconi il gran negoziatore. Silvio Berlusconi il generoso, che poteva stravincere le elezioni in caso di voto anticipato ma ha preferito dare un governo al Paese. Silvio Berlusconi che dà lustro alla Patria, ospite d’onore in un simile consesso internazionale. Lui si frega le mani soddisfatto. Rivela ai giornalisti di aver chiacchierato amabilmente con il presidente Obama, di aver spiegato la sua ricetta economica all’ex Bill Clinton. Pensare che in Italia qualcuno lo considerava un impresentabile. Non riesce nemmeno a trattenersi dal prendere in giro gli avversari: «In vent’anni – racconta soddisfatto in un’intervista alla Fox – ho fatto fuori sei leader della sinistra».
Certo, oggi in Italia si ride di quell’improvviso colpo di sonno. La fotografia del Cavaliere a occhi chiusi, vittima del fuso orario, che si appisola a fianco di Aznar, suscita l’ironia di tanti. Ma è solo un piccolo effetto collaterale. Fisiologico, quando si tratta di Berlusconi. Il leader pidiellino è abituato. Intanto continua a giocare a scacchi. Muove i suoi dirigenti da un ministero all’altro, come fossero pedine personali. Del resto i mal di pancia pidiellini dello scorso anno sono lontani. Chi ricorda più i dubbi del partito, quella richiesta di primarie del centrodestra per contendere il trono al Cavaliere? Sembra passato un secolo.
Con toni paternalistici Berlusconi dà il benestare alla nascita dell’esecutivo Letta. Il premier incaricato «appartiene a una famiglia che conosciamo bene», spiega malizioso al corrispondente di Repubblica, lasciando intendere che sotto sotto pure il vicesegretario democrat è cosa sua. La rivincita del vecchio leader ha un sapore beffardo. Per mesi gli avversari hanno attaccato la sua fantasiosa promessa elettorale. «Abolirò l’Imu e restituirò agli italiani l’ultima rata versata». Lo hanno paragonato a un piazzista di pentole. Ma adesso il programma del governo di larghe intese non può prescindere da quell’impegno. I dirigenti del Pdl hanno già spiegato che senza la cancellazione dell’Imu non daranno la fiducia all’esecutivo. Costringendo Enrico Letta a fare e disfare i conti pubblici, pur di realizzare l’ambiziosa promessa del Cav.
Saranno del Popolo della libertà le ricette economiche per rilanciare il Paese. Probabilmente il leader Pdl è già al lavoro per abbinare un accattivante titolo al pacchetto di provvedimenti (il decreto Salva Italia di Monti ha fatto storia). Spetterà al Cavaliere il merito, in caso di successo. Altrimenti ci sarà sempre tempo per affossare il governo di Enrico Letta. Magari dopo l’approvazione del presidenzialismo, vecchio pallino di Berlusconi. E poi, approvata anche questa riforma, vuoi che gli italiani non gli riconoscano almeno il diritto di salire al Quirinale?