«Italia, sei creativa, risollevati». Parola di Rifkin

La Lectio magistralis a Reggio Emilia e la terza rivoluzione industriale

I cambiamenti climatici, la premessa

«A Copenaghen nel 2009 ci fu l’incontro di 122 capi di Stato per valutare il conto dell’entropia. Noi stiamo ora pagando il conto dell’entropia. Nel ventesimo secolo abbiamo buttato in atmosfera tantissima Co2, e quando il Sole riscalda il pianeta, il calore irradia verso l’alto e si hanno effetti disastrosi, effetti peggiori di quanto ci rendiamo conto personalmente. Il gruppo Onu sulle variazioni climatiche ha steso un rapporto, poi pubblicato a Parigi nel 2005. Anche io ero coinvolto nella questione: qual è il piano economico da adottare? La mia premessa fu questa: mi ero sbagliato con il mio primo libro del 1980 intitolato Entropia. Continuavo a sottostimare la velocità dei cambiamenti climatici».

«Nel 2007 i nostri scienziati parlavano di tre gradi di aumento della temperatura. Ma oggi sembrano pochi, e lo consideriamo un valore conservatore (…). La cosa spaventosa del cambiamento climitaico è che cambia anche il ciclo idrogeologico della Terra. Ecco perché ci spaventa così tanto. Per ogni grado di aumento della temperatura, l’atmosfera assorbe il 7 per cento di precipitazione dal suolo, risucchiato per via del caldo. (…) Già ora stiamo vedendo inverni più rigidi e più lunghi, più tornado, ed eventi climatici estremi: perché stanno cambiando i cicli idrici. E portano una destabilizzazione in tutto il mondo».

Un nuovo “piano di gioco”, l’energia laterale

«Vi racconto ora un aneddoto: Merkel mi ha invitato a Berlino per risolvere il problema di come far crescere nel ventunesimo secolo l’economia tedesa e far crescere posti di lavoro. La Germania ha l’economia più robusta al mondo. “Cancelliera”, le ho chiesto, “come possiamo far crescere questa economia se i combustibili fossili stanno tramontando”? Ci serve una nuova visione, più coinvolgente. Ci serve un piano di gioco realizzabile. Dobbiamo procedere rapidamente sia nelle regioni industrailizzate che in quelle emegenti. Il carbonio va eliminato prima del 2040, è una corsa contro il tempo»

«Ora dobbiamo chiederci: com’è che si sono sviluppate le grosse rivoluzioni industriali? Sono da studiare per creare una road map. E se le studiamo notiamo che le grosse rivoluzioni economiche si hanno con convergenza di due fenomeni: una rivoluzione delle comunicazioni e una dell’energia. Perché la complessità dei nuovi regimi energetici richiede, per essere gestita, nuove forme di comunicazione».

«Nel diciannovesimo secolo con la prima rivoluzione industraile c’è stata questa convergenza. La stampa a vapore, l’alfabetizzazione con le scuole pubbliche, e la creazione di una forza lavoro alfabetizzata con le competenze comunicative utili per assecondare la rivoluzione della stampa basata sul vapore. E nel ventesimo secolo c’è stata un’altra convergenza con l’energia elettrica e una seconda rivoluzione industriale. Ma ora questa seconda rivoluzione industriale sta morendo ovunque, anche in Asia. E dobbiamo considerare che anche ora c’è una grande convergenza di elementi per una terza rivoluzione industriale con Internet e il personal computer. Come mi interessa una rivoluzione della comunicazione di questo tipo? Quella di Internet non è una comunicazione dall’alto al basso, ma è distribuita e organizzata su scala laterale e non verticale».

«Per la mia generazione il potere laterale è un ossimoro. Abbiamo sempre pensato che il potere andasse dall’alto al basso. Ora questa comunicazione laterale si fonde con un nuovo regime energetico: quello delle energie distribuite su scala laterale. Una nuova corrispondenza»

«Cosa sono le energie distribuite lateralmente? Lo capiamo se le confrontiamo con petrolio, gas e carbone: sono tutte energie d’elite, presenti in pochi posti e che richiedono moltissimi investimenti dall’alto. Con fabbriche, logistiche e catene di valore cetralizzate. Invece ora abbiamo un nuovo tipo di energia. Le energie distribuite sono quelle che si trovano dietro casa: il Sole – 45 minuti di Sole al giorno mandano avanti l’economia mondiale per un anno senza problema-. Così il vento. E sotto i nostri piedi c’è l’energia geotermica disponibile in grande quanitità per tutti. Abbiamo anche gli scarti agricoli, disponibili per un buon utilizzo. Così le maree. Abbiamo moltissima energia distribuita».

La Terza rivoluzione industriale, i cinque pilastri

«L’Unione europea ha preso un impegno formale per rendere disponibili le nuove energie per le generazioni future. E nel 2007 con le misure prese nel pacchetto clima-energia, ha di fatto avallato i cinque pilastri della terza rivoluzione industriale, che sono questi. Il primo: l’impegno a una riduzione dell’energia fossile del 20 per cento entro il 2020»

«Il secondo pilastro: Energia da ripartire tra paesi. Inizialmente si ragionava pensando di importare l’energia idroelettrica dalla Norvegia, quella eolica dalla Spagna. Ma poi ci siamo detti. Non bastano le concentrazioni localizzate di energia rinnovabile. È una mentalità del ventesimo secolo. Se sono disponibili ovunque in Europa perché avere dei nodi centrali? Le energie rinnovabili vanno raccolte ovunque siano presenti uomini ed edifici. Il nostro obiettivo è convertire tutti gli edifici europei trasformandoli in piccole centrali elettriche. Che raccogono energia solare dal tetto, quella eolica lateralmente e geotermica dal sottosuolo».

«La rete è nata solo nel ’90. Oggi un terzo della popolazione mondiale usa un cellulare e un pc con prezzi molto bassi, e con un costo marginale pari quasi a zero manda comunicazione peer to peer: lo abbiamo fatto in 22 anni, la comunicazione è diventata orizzontale. (…) La stessa cosa accadrà con la raccolta delle energie rinnovabili, avremo la stessa curva dei costi, come accaduto per personal computer e cellulari, all’inizio molto costosi. Tra meno di 20 anni avremo gli stessi cambiamenti sperimentati con l’avvento di internt. Avremo milioni di edifici capaci di produrre energia pulita autonomamente. La differenza è che il Sole non costa niente una volta creata l’infrastruttura. Stiamo democratizzando l’informazione con internet. La stessa cosa si verificherà con le energie. Immaginiamo miliardi di persone entro il 2040 che producono energia verde nelle proprie case.»

«Terzo pilastro. Dobbiamo immagazzinare l’energia. Il sole di notte non c’è, le falde acquifere potrebbero prosciugarsi. Dobbiamo stoccare l’energia con la tecnica dell’idrogeno (…). Con una piccolissima perdita termodinamica rispetto alla perdita di entropia col carbone»

«Quarto pilastro. Tecnologie dell’informazione pronte per l’uso. Serve una rete intelligente. Come un internet dell’energia, in cui le persone possono raccogliere una piccola energia in loco, stoccarla in idrogeno e poi venderla su internet a chi ne ha bisogno. Una internet dell’energia»

«Quinto. Trasporto e logistica. Dobbiamo produrre infrastrutture su larga scala per l’accesso all’energia rinnovabile. Prodotte su larga scala già dal 2015. Per poter avere ad esempio veicoli elettrici ricaricabili ovunque, con colonnine per attaccarsi e ricaricare la batteria e con controllo continuo dell’andamento dei prezzi dell’energia».

«I cinque pilastri da soli non servono a nulla. Solo collegandoli posso creare una piattaforma tecnologica che cambi l’intero modello di business del ventunesimo secolo, che crei un’economia equa per tutti, e contro l’effetto serra. Obama ha sbagliato: ha speso milioni di dollari per progetti pilota senza collegamento tra loro. Servono invece collegamenti infrastrutturali. Anche in Europa, quando è stato adottato il primo pilastro le cose non sono andate altrettanto velocemente per gli altri pilastri. E questo porta a una perdita di energia prodotta. In Spagna ci sono aziende che spendono tantissimi soldi per motori elettrici ma manca l’infrastruttura. Ora siamo a un punto di svolta. Abbiamo parlato della democratizzazione di internet ma non è nulla al confronto della democrtizzazione dell’energia. Il potere laterale cambia il modello di business»

«È da qui che occorre partire. Il costo dell’energia è la vera chiave della produttività, non il costo della manodopera. Molte delle aziende lo stanno capendo. Le persone possono fornire l’energia che produrranno alla pmi e la pmi guadagnerà vendendo quell’energia».

L’Europa e l’Italia

«Un’osservazione finale sull’Europa. Tutti si chiedono: è morta? Cosa sta succedendo al sogno europeo? Il pil dei 27 paesi membri supera ancora il Pil dei 50 stati degli Usa. L’Ue è una gallina dalle uova d’ora ma dovete darle da mangiare. Dovete avere maggiore determinazione a livello statale. Ci sono 500 milioni di consumatori nell’Unione europea. Forse è il mercato più ricco del mondo per le pmi. La terza rivoluzione industriale deve partire in tutta Europa. E creare collegamenti per cui tutti potranno essere coinvolti nella distribuzione di energia a costo marginale zero».

«Questo non è un piano energetico ma economico. Stiamo vedendo la fine della manodopera di massa. La terza rivoluzione industriale porterà a una riduzione ulteriore della manodopera. Ma con un elemento fondamentale. La terza rivoluzione industriale avrà bisogno di tante pmi per realizzare le nuove infrastrutture necessarie per creare quell’internet dell’energia che colleghi tutti i continenti (…). Dobbiamo preparaci ad un aumento della produttività e a settimane lavorative più corte. Sei ore al giorno di lavoro. Dobbiamo preparare i giovani a occupazioni alternative, nuove modalità di occupazione. Nel no profit, ad esempio, creando capitale sociale. Non è fantasia. Il settore no profit è quello a più rapida crescita per occupazione in molti paesi, dove porta anche un più 6 per cento di Pil. L’Italia ha tanta creatività. Ciò che vi trattiene è questa depressione e disperazione. Cerchiamo di uscire da questo empasse. Fatevi portatori di queste idee, gli altri vi seguiranno»
 

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