Inizia stamattina in Parlamento il percorso delle riforme costituzionali. Difficilmente il presidente del Consiglio Enrico Letta poteva immaginare una strada più accidentata. La mozione di maggioranza che sarà votata dalle Camere fa riaffiorare diffidenze e distanze tra Pd e Pdl. Si aprono crepe tra i due principali alleati di governo, ma anche all’interno degli stessi partiti. Alla fine, per evitare lo scontro, il governo è costretto a “congelare” la riforma del sistema elettorale.
Nel testo sottoscritto dalla maggioranza viene evitato con cura ogni riferimento al superamento del Porcellum. La clausola di salvaguardia proposta da Enrico Letta scompare. Restano solo generici inviti a una non meglio precisata «condivisione» qualora fosse necessario un intervento urgente. Oltre all’auspicio di una legge «coerente e contestuale con il complessivo processo di riforma». Del resto «sulla riforma elettorale non c’è accordo» ha ammesso ieri sera il segretario democrat Guglielmo Epifani. Tra Pd e Pdl manca un’intesa soprattutto sulle modifiche all’attuale sistema di voto che avrebbero garantito una via d’uscita in caso di elezioni anticipate.
Per il governo è un autogol. Il premier Letta aveva più volte insistito sulla necessità di un “paracadute”. Una rete di sicurezza per risparmiare agli italiani – nell’eventualità di un voto anticipato – nuove elezioni con il Porcellum. Una settimana fa, in un vertice di maggioranza, si era persino fissata una data. Le modifiche alla legge elettorale dovevano essere improrogabilmente approvate entro il 31 luglio. Adesso l’esecutivo se ne lava le mani. Troppo alto lo scontro all’interno della maggioranza. Da una parte il Pdl che chiedeva di inserire nella mozione chiari riferimenti a piccoli ritocchi della legge elettorale. Dall’altra il Pd che sperava in una revisione profonda – se non nella definitiva abrogazione – della legge Calderoli.
Alla fine sembrano averla spuntata i democrat. Dopo una giornata di riunioni, il testo finale della mozione non prevede limiti alle modifiche. Restano alcuni impegni sul percorso di riforme già indicato da Enrico Letta. Entro la fine di giugno il governo dovrà presentare un disegno di legge costituzionale con «procedura straordinaria» per avviare le modifiche della Carta. Sarà il Comitato dei 40 il soggetto con il potere di esaminare i progetti di riforma. Il processo legislativo sarà vincolato a un limite di 18 mesi di tempo.
Intanto nel Popolo della libertà esplode lo scontro. Ieri sera i parlamentari berlusconiani si sono incontrati fino a tardi. Un lungo vertice in cui i meno entusiasti dell’esperienza delle larghe intese sarebbero tornati ad alzare la voce. La vicenda della mozione parlamentare diventa il pretesto per accusare gli alleati del Pd di scarsa lealtà. I primi resoconti descrivono le tensioni tra i falchi e l’ala più moderata del partito. Il timore è che questa mattina il Partito democratico – almeno una parte dei suoi parlamentari – possa giocare un brutto scherzo sulla riforma della legge elettorale.
Il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti ha raccolto le 100 firme necessarie per presentare un’altra mozione. Un’esplicita richiesta di archiviazione del Porcellum per tornare al sistema di voto precedente. Il Mattarellum. Per il Pdl – da sempre contrario a questa legge elettorale – è quasi un affronto. Eppure l’iniziativa del parlamentare renziano potrebbe andare in porto. Grazie al voto favorevole di una maggioranza alternativa formata da alcune decine di democrat, Sinistra ecologia e libertà e il Movimento Cinque Stelle. Inutile dire che l’approvazione del documento potrebbe incrinare, forse definitivamente, gli equilibri di governo. Non a caso lo steso Enrico Letta avrebbe dato mandato al ministro Dario Franceschini di disinnescare la mina, chiedendo a Giachetti di ritirare la mozione. Finora senza risultato.