Archiviate le amministrative, il post-voto del Movimento 5 Stelle è una strada lastricata di domande e interpretazioni. Davanti alla minoranza che contesta la linea politica, si leggano le interviste dell’onorevole Adriano Zaccagnini, parecchi tra deputati e senatori evocano un problema di comunicazione. Finora, dicono, il Movimento non è riuscito a veicolare all’esterno i contenuti dell’attività parlamentare. Tutto ciò mentre Roberta Lombardi apre la caccia alla talpa scagliandosi via mail contro «lo stronzo o gli stronzi che fanno uscire sui giornali quello che ci diciamo tra noi».
Internet resta il perno ma gli attivisti chiedono un cambio di passo, lo zoccolo duro consolidatosi alle amministrative è particolarmente solerte: «Il web non basta, bisogna andare in televisione», ripetono. Si fa pressante la necessità di ampliare la platea e virare verso il mainstream perché, spiegava il senatore Maurizio Buccarella a Linkiesta, «dobbiamo raggiungere anche quella parte di elettorato che non si informa sul web». Della stessa idea il prof Paolo Becchi: «Bisogna diffondere i risultati e per farlo servono tv e giornali, è una questione di visibilità e di spiegazione del nostro lavoro».
I campanelli suonano ovunque ma Beppe Grillo sposta il pallino della discussione: «Più che andare in televisione – scrive sul blog – bisogna cambiare la televisione». «La fogna che ora è la Rai va riformata al più presto, tolta dal controllo dei partiti: serve una sola rete nazionale senza pubblicità». All’apparenza i soliti temi ma in ballo c’è la presidenza della commissione di vigilanza, ragion per cui il leader prova a mantenere i riflettori puntati sul candidato cinque stelle Roberto Fico.
Eppure la cura a base di tv generalista è già sul piatto: nei prossimi giorni i parlamentari si divideranno in gruppi e varcheranno gli uffici milanesi della Casaleggio Associati per seguire un corso di comunicazione televisiva. «Non è un’iniziativa dell’ultimo minuto – fanno sapere dallo staff – ci abbiamo pensato da tempo, le lezioni servono affinché i nostri si difendano anche in tv dai politici di professione e possano tirare fuori le proposte migliori».
«In televisione ci andiamo da molto prima delle amministrative», ribadisce a Linkiesta Nicola Biondo, responsabile del gruppo comunicazione M5s alla Camera. «Fino ad oggi ci siamo sottoposti alle grinfie dei giornalisti più preparati come Enrico Mentana, Lucia Annunziata e Maria Latella». Lo sminamento del campo c’è già stato con le interviste rilasciate da Luigi Di Maio e Vito Crimi negli studi di La7, Rai Tre e SkyTg24. L’inizio di una lunga serie? Semplicemente, spiega Biondo, «l’esserci sottratti ai talk pollaio ha scatenato una curiosità morbosa nei nostri confronti».
Stando a quanto trapela da Montecitorio, la strategia prevede un rafforzamento del percorso tv dei pentastellati nella direzione di «confronti sui singoli temi» in cui coinvolgere deputati e senatori in base alle proprie competenze. Resta intatto il divieto di partecipare ai talk show, mentre sono ben accette le ospitate in radio, strumento apprezzato dai cinque stelle perché «permette un confronto più serio sulle idee senza le sovrastrutture della tv».
Le novità decisive bollono però nel pentolone del tubo catodico, con Rocco Casalino che prende tempo: «Abbiamo appena detto no a Lerner, Floris e Santoro». In realtà dal gruppo comunicazione fanno sapere: «Servizio Pubblico è una trasmissione importante e ci porremo il problema se andarci o no, comunque teniamo una porta aperta». D’altronde nell’arena di La7 il Movimento troverebbe un giornalista amico come Marco Travaglio e un padrone di casa del calibro di Michele Santoro. La partita è aperta, gli elettori si accomodino in poltrona.
Twitter: @MarcoFattorini