BERLINO – La direzione del partito dei Verdi in Germania ha annunciato questo martedì che permetterà a una commissione indipendente di indagare i rapporti del partito con gli ambienti pedofili all’inizio degli anni ’80, sarebbe a dire agli albori della sua storia. Il leader della seconda formazione politica dell’opposizione in Germania Jürgen Trittin ha ammesso che ci furono allora «gravi errori di valutazione», attribuibili in parte all’onda lunga della rivoluzione sessuale. Tutto nasce da una recente contestazione contro il leggendario eurodeputato Daniel Cohn-Bendit. È questo l’ultimo capitolo di un lungo esame di coscienza della sinistra tedesca che in un momento della sua storia si aprì al dibattito intellettuale sulla pedofilia.
Trittin ha ammesso pubblicamente che in quegli anni il partito giunse in alcune occasioni a «decisioni sbagliate». In particolare ha ricordato che nel 1985 in un congresso della sezione del partito nel Nord-Reno Vestfalia i membri votarono per la promozione della depenalizzazione dei rapporti sessuali con i bambini. Attribuisce inoltre ora a questo errore di valutazione, per usare un eufemismo, la sconfitta della formazione nelle elezioni locali.
Per comprendere appieno questi fatti occorre situarli in un contesto. La prima pietra fu scagliata due anni fa dalla giornalista del quotidiano di sinistra Tageszeitung (Taz), Nina Apin, che ha documentato questi fatti in un libro intitolato Attivisti pedofili negli ambienti di sinistra. Parallelamente alla pubblicazione, la Taz ha colto l’occasione allora per lavare i panni sporchi in pubblico. Ha ammesso con editoriali e pubblicazioni di ritagli dell’epoca, di aver offerto spazio ad articoli di opinione scritti da autori che si autodefinivano come «attivisti pedofili».
Erano gli anni successivi all’ondata del ’68 che portarono in alcuni casi a una degenerazione delle rivendicazioni della rivoluzione sessuale. In quegli anni, che nel frattempo erano diventati quelli di piombo, gli argomenti dei pederasti si infiltrarono nel dibattito sulla libertà sessuale. Non furono casi isolati.
La rivista di cultura urbana Zitty, che è tutt’ora una pubblicazione di successo a Berlino, ha ammesso errori analoghi. Era il 13 dicembre del 1979 quando il magazine illustrava un articolo centrale con le imagini stilizzate di due corpi rosa abbracciati, uno grande e l’altro piccolo. Il titolo non lasciava spazio a dubbi: «Amore con i bambini. Si può?». L’immagine sarebbe oggi inaccettabile, ma numerose pubblicazioni dell’epoca dimostrano che in un determinato momento storico il dibattito fu sdoganato.
Ancora più eclatante è il caso della rivista Konkret, in quegli anni molto influente tra gli ambienti di sinistra, che in più occasioni ha pubblicato alla fine degli anni ’70 immagini di ragazzine minori d’età nude con riferimenti espliciti alla possibilità del sesso con i minori. Direttore in quell’epoca della rivista fu Klaus Rainer Röhl, un nome illustre dell’editoria nonché partner di Ulrike Meinhof, terrorista della Raf, negli anni d piombo. È stata la stessa figlia della coppia, Anja Röhl, due anni fa a scrivere in una autobiografia: «uno dei nomi più illustri che apertamente diffusero la pedofilia fu Klaus Reiner Röhl, mio padre». Nel testo denunciava di essere stata vittima di abusi sessuali.
E ancora, la pedofilia trovò allora spazio nei testi scientifici. Il libro La rivoluzione dell’educazione del 1971 si difendeva la seguente teoria: «la diserotizzazione della vita di famiglia, dalla proibizione della vita sessuale tra bambini al tabú dell’incesto è funzionale all’atteggiamento ostile del piacere sessuale nelle scuole e alla successiva sottomissione e disumanizzazione della vita lavorativa». Furono aperti asili in cui si sosteneva che i bambini avessero diritto a vivere una sessualità. Non si giunse ad autorizzare rapporti tra adulti e bambini, però questi furono oggetto di dibattito intellettuale.
La pedagogia doveva fare ancora grandi passi in avanti. «Al contrario di ciò che accade ora nessuno si interessava allora ai diritti dei bambini», ha scritto Nina Apin, «nè il potere che chiudeva un occhio sulle botte e gli abusi nei collegi e nelle scuole. Né la sinistra che per ragioni ideologiche e politiche arrivó a difendere il diritti alla sessualità nei bambini senza pensare alle conseguenze di un simile dibattito».
Tornando al tema iniziale dei Verdi, la domanda è ora perché abbiano aspettato tanto a riconoscere i propri errori. L’analista politico Lothar Probst condanna ora il partito per essere arrivato solo molto tardi a affrontare questa pagina oscura del passato. «Ora la pressione dei media è così grade che la direzione del partito non ha avuto altra scelta», ha detto, pur insistendo che bisogna leggere i fatti secondo lo Zeitgeist del tempo.
L’occasione d’attualità è stata una contestazione di attivisti per i diritti dei bambini in concomitanza con la cerimonia di consegna del premio Theodor-Heuss all’eurodeputato verde Daniel-Cohn Bendit, un cittadino tedesco figura chiave del ’68 in Francia. È un politico leggendario che pure si è macchiato di dichiarazioni scomode riguardo al sesso con minori d’età negli anni ’70. Cohn-Bendit ha riconosciuto apertamente i propri errori e rinnegato le sue posizioni. Ha però dichiarato in una recente intervista con Der Spiegel, che l’apertura verso le posizioni pedofile fu tutt’altro che un caso isolato all’interno dei Verdi in quegli anni.
Forse questi fatti sarebbero passati inosservati, ma la Germania si trova ora in campagna elettorale. E con il partito socialdemocratico (Spd) già indebolito, uno scandalo così scomodo per gli alleati Verdi potrebbe assestare il colpo definitivo alla coalizione di centro sinistra.