“Barbari dove? Prendiamo tutto troppo sul serio…”

La rubrica Genio del male

Un’umanità che non balla non è più un’umanità. Ci siamo accorti che non riusciamo più ad avere un rapporto libero e spontaneo con il nostro corpo? È come se questa crisi umana abbia intaccato anche gli aspetti più tribali della vita.

Altro che barbari: siamo troppo “culturali”. Prendiamo tutto sul serio. Abbiamo perso il selvaggio, il dionisiaco, abbiamo dimenticato che il corpo è l’unica cosa certa che abbiamo e che portiamo in giro da secoli. Il corpo è il nostro destino, il nostro vero pensiero. E se questo non è più l’evo del cervello ma quello del corpo, abbiamo bisogno di un ritorno agli anni ’80. Ma non soltanto come fenomeno retro o vintage.

La cura sta nel sound, in un sound irresistibile. Allora tutto faceva brodo per scaldare i muscoli. Ballavano tutti e il cinema ce ne mostrava il riflesso: dopo John Travolta, ballavano gli studenti di Manhattan, ballavano Alex e Jennifer di Fame, ballava Kevin Bacon e a Chicago, con i Blues Brothers, ballava tutta la città. La dance era il pensiero tribale di una società. E perfino di una religione, perchè giá negli anni Settanta il Jesus di Webber raccoglieva attorno a sè una folla di danzatori. Insomma bastava la parola, anzi… l’attacco. E il corpo non poteva star fermo.

Ce lo ha mostrato Tim Burton in Dark Shadows: se senti You are the first, the last, my everything di Barry White non puoi che finire a baci&morsi. E infatti la disco-music agli inizi degli anni ’80 svegliava già due vampiri molto speciali come David Bowie e Catherine Deneuve. Tecnicamente parlando potremmo anche dire che questo potere occulto della musica si nasconde per lo più nella genialità di una successione di accordi o figure d’accompagnamento che “fanno” il pezzo, e “fanno muovere” il corpo.

Affettivamente parlando però, questo potere riposa sulla distanza tra noi e quel fenomeno ormai osservabile soltanto da lontano come mitico, eroico della musica cosiddetta leggera. La cura quindi per sciogliere la pesantezza del vivere e la sua visione clinica dei sentimenti potrebbe risiedere proprio nel movimento libero del nostro corpo. Non pensiamoci troppo: let’s dance!

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