La svolta a Catania si chiama Enzo Bianco. Nella notte l’ultima roccaforte del berlusconismo viene espugnata da colui che fu l’ultimo sindaco prima della lunga stagione di Umberto Scapagnini, u dutturi di Berlusconi, scomparso nel’aprile scorso e di Raffaele Stancanelli, sindaco dal 2008. Con il 50,64% Enzo Bianco è il nuovo sindaco della città ai piedi dell’Etna. «Clamoroso al Cibali», scherzano per la strade. Una vittoria che lascia il segno, e consegna ai vertici del Nazareno uno dei più grossi centri del Belpaese, tempo fa ribattezzata la “Milano del Sud”.
Nonostante i risultati siano giunti a rilento, fin dalle prime battute non c’è stata partita. E dal tardo pomeriggio al quartier generale del centrosinistra si respira un’aria di «vittoria». Ciò si comprende quando intorno alle 19 Enzo Bianco, che fino a quel momento era rimasto incollato al telefono nella sua abitazione, varca l’ingresso di “Casa Catania” – si chiama così il bunker in via Olivetto Scammacca – e parla con i giornalisti mostrando sicurezza: «I catanesi hanno espresso un giudizio negativo sull’amministrazione uscente. Una città umiliata, disordinata, triste. I catanesi hanno incoraggiato la voglia di cambiare, di tornare a una stagione viva..».
Una stagione che ricorda l’ormai famosa “primavera dei sindaci”. «Sono passati tantissimi anni, ricordo tutto come fosse ieri», racconta Bianco a un collaboratore. «Enzo sei tornato alla grande», gli urlano. E lui stoppa tutti: «Stiamo calmi, la notte è ancora lunga». Il governatore Crocetta, uno degli artefici della vittoria, è lì con lui, e c’è anche il senatore democrat Beppe Lumia. «Noi siamo davanti dappertutto anche nei quartieri popolari dove ci davano per spacciati», sussurra a entrambi l’ex ministro dell’Interno. I quartieri “popolari”, limite della sinistra italiana, erano la sua preoccupazione. E in quei quartieri, dove avrebbe dovuto prevalere il centrodestra del Cavaliere – Librino, San Cristoforo, Monte Po – che per anni non hanno più fatto toccar palla al centrosinistra, riesce a tenere testa al rivale berlusconiano Raffaele Stancanelli. Insomma – diranno dalla segreteria regionale del Pd – «oggi rinasce il centrosinistra a Catania». Un centrosinistra catanese, che dopo 13 lunghi anni, riconsegna la città a quello che fu “il sindaco della primavera catanese”.
I cittadini non hanno avuto dubbi. «Non abbiamo voluto perder tempo», spiegano da via Etnea due passanti che si professano elettori «da sempre» dell’ex Ministro dell’Interno. E la partecipazione ne è la dimostrazione perché, come spiega Rosario Crocetta, «nelle elezioni comunali si è registrata una partecipazione più alta che nel resto d’Italia». Una partecipazione del 63%, di poco inferiore al 67,83% della precedenti amministrative del 2013, e fra le più alte della tornatina elettorale. Perché Enzo Bianco rappresenta per l’immaginario collettivo l’usato sicuro, «quello che ci consentirà di fare tornare Catania la Milano del Sud», e consente alla «gente» di Catania di tornare «con piacere» alle urne.
Si consuma così un’altra pagina di storia. Come l’anno scorso a Palermo in occasione dell’ennesima elezione di Leoluca Orlando, il risultato catanese lascia a bocca aperta anche lo stato maggiore dei democratici. «Ci credevano, ma non così», spiegano. E ciò lo dimostra l’entusiasmo di uno come il senatore Lumia: «La Sicilia non è fanalino di coda dell’Italia. È un risultato straordinario perché mette insieme due aspetti: il bisogno di un radicale cambiamento e la possibilità di realizzarlo in modo progettuale». E a via Bentivegna, sede regionale dei democratici, non si aspettavano un exploit di questa portata al primo turno. Avevano rispetto e pensavano che uno come Enzo potesse fare la differenza, ma non fino a questo punto. Del resto, spiega a taccuini chiusi un parlamentare regionale Pd, «Catania è pur sempre una città di destra».
Ma questa volta l’effetto centrodestra non ha prodotto granché. Al netto del sempre eterno Raffaele Lombardo, che con la sua lista “Grande Catania” ha viaggiato in doppia cifra sfiorando l’11%, il Pdl ha perso circa 10 punti rispetto alle amministrative del 2008, fermandosi al 13%. Numeri che non hanno consentito di sopperire alla “debolezza” di un candidato, Raffaele Stancanelli, sindaco uscente, che in questi anni non ha certo brillato per “carisma” e buon governo: «Non sono riuscito a trasmettere alla gente l’entusiasmo e la passione profusa in questi anni per Catania. Mi assumerò le mie responsabilità davanti alla coalizione, che si è dimostrata comunque compatta durante questa campagna», ammetterà a tarda sera lo stesso Stancanelli. Ma il problema principale è stata l’inconsistenza del centrodestra. Sono lontani gli anni nei quali Pino Firrarello, plenipotenziario di Bronte, dominava la scena nella città ai piedi dell’Etna, e spostava masse di gente sul candidato di centrodestra. E lo stesso Giuseppe Castiglione, che è stato Presidente della Provincia di Catania, coordinatore regionale del Pdl, e oggi ricopre il ruolo di sottosegretario all’Agricoltura, non è stato affatto attivo durante la recente campagna elettorale.
Insomma, oggi si conclude la liason fra il centrodestra e il popolo siciliano. E forse Silvio Berlusconi aveva saggiato qualcosa, e non a caso ha preferito (inusualmente) – lui che è molto legato alla Sicilia – non partecipare, e non scendere in quel di Catania. Che resta una città «moderata». Ma ormai i “notabili” del centrodestra sono tutti ricollocati nel centrosinistra. Così uno come Lino Leanza, già vice Presidente della Regione con Totò Cuffaro, che è stato anche superconsulente della giunta del dottor Scapagnini, oggi con Enzo Bianco. E con una lista denominata “Art.4” consegna il 10,21% all’ex ministro dell’Interno, e supera addirittura la percentuale del Partito democratico (9,97%). O due figli del lombardismo – ove si intende la scuola di Raffaele Lombardo – come l’ex senatore Giovanni Pistorio e Nicola D’Agostino hanno sostenuto lealmente Enzo Bianco. Secondo alcuni dati in possesso da Linkiesta, l’uomo di fiducia di Pistorio, Alessandro Porto, dovrebbe essere il “mr preferenze” del consiglio comunale. E Porto era candidato, guarda un po’, con la lista “Patto per Catania”, lista civica a sostegno di Bianco. Si potrebbe continuare con personaggi di secondo piano come Luca Sammartino e Marco Forzese, portatori di voti un tempo disprezzati dal centrosinistra, e adesso coccolati come fossero i nuovi Pio La Torre o Piersanti Mattarella. Ed il neo sindaco Enzo Bianco, incalzato dal cronista Sergio Scandura di Radio Radicale sulla coalizione “eterogenea” che contiene “l’ex vice Presidente di Cuffaro e un assessore di Scapagnini”, minimizza: «Sono orgoglioso di avere il sostegno di chi stava con il centrodestra. E poi, parliamoci chiaro, senza questi voti non si vince».
Un altro dato significativo che emerge dalle consultazioni catanese è l’exploit della lista “il Megafono”, creatura del governatore della Regione siciliana Rosario Crocetta. Una lista che raggiunge il 10,66% e supera addirittura il Pd (fermo al 10%). Una lista che avrebbe alimentato dissapori tra i vertici di Largo del Nazareno e l’attuale presidente Crocetta perché «sarebbe composta da tesserati al Pd». E non solo. Raccontano i bene informati che all’interno de “il Megafono” ci sarebbero «personaggi che hanno segnato la stagione di Raffaele Lombardo in città». Sono i cosiddetti “capipopolo”. Ad esempio Erika Marco e Francesco Gelsomino, nomi che ai più appaiono degli illustri sconosciuti, ma sono entrambi consiglieri comunali uscenti di rito lombardiano.
Ma adesso “Enzo” guarda avanti, non gli importa con chi abbia flirtato e chi l’abbia sostenuto. «Il sindaco sono io», avrebbe spiegato con la calma che lo contraddistingue. Del resto uno volta eletto sindaco, recita il suo motto, «Catania ce la fa». Forse anche a far tornare la “primavera” ai piedi dell’Etna.
Twitter: @GiuseppeFalci