Il 31 gennaio definì quella piazza «pazzesca». Piazza Università venne travolta dallo tsunami tour e dalle urla di Grillo: «Arrendetevi, siete circondati. Stiamo rivoltando come un calzino la regione Sicilia, adesso faremo lo stesso a Roma!». Era un Beppe Grillo pimpante, soddisfatto della performance in quella piazza nella città Catania. Una «piazza difficile», spiegarono alcuni osservatori. «Una piazza tendenzialmente di destra», dissero altri ben informati. Perché Catania non è Caltanissetta, culla del grillismo siculo, né Palermo, dove già alle regionali dello scorso ottobre il M5S è stato il primo partito. Catania è una città “nera”, dove il Movimento Sociale e poi Alleanza Nazionale veleggiavano in doppia cifra. La prima città, fra i grossi centri, ad avere un Presidente della Provincia di destra come Nello Musumeci, figlio della tradizione almirantiana. Una città di destra, o tutt’al più moderata, come dimostrano gli ultimi anni di dominio del Re di Ramacca, Raffaele Lombardo, erede della cultura democristiana, poi convertito al leghismo siculo.
Ecco il contesto in cui ha preso forma la scalata di Beppe Grillo nella città ai piedi dell’Etna. Una città che ha risposto come meglio poteva e nella quale il Movimento Cinque Stelle ha raccolto il 32% dei consensi alle Politiche, diventando il primo partito. Eppure per le amministrative del 9 e 10 giugno l’ex comico di Genova ha deciso di boicottare quella piazza che tre mesi definì «pazzesca». E nonostante l’elezione del sindaco di Catania sia l’appuntamento clou della tornatina elettorale siciliana, Grillo non passerà dal capoluogo. Il mini tsunami tour non prevede la città, ma ironia della sorte prevede paesi come Mascalucia, o Riesi. Paesi dell’entroterra siciliano ai più sconosciuti, che non peseranno affatto sugli equilibri politici nazionali.
Il capopopolo dei grillini dell’isola Giancarlo Cancelleri minimizza con Linkiesta: «Grillo ha voluto semplicemente diversificare, è già stato a Catania un paio di volte in occasione delle regionali e delle politiche». E anche la candidata sindaco del M5S Lidia Adorno nega implicazioni politiche: «Guardi, il luogo è un aspetto secondario. L’importante è che Grillo porti avanti le idee in altri distretti comunali».
Ma i malumori non mancano. Più di un militante grillino sarebbe deluso dall’atteggiamento del grande Capo. «Catania è un test elettorale. Grillo in città sarebbe un valore aggiunto per la nostra candidata». Del resto, come spiega a Linkiesta un candidato al consiglio comunale del M5S, «noi dobbiamo difendere il 32% delle politiche, e con quei numeri potremmo giocarcela con il centrodestra e il centrosinistra». In realtà dietro la mancata partecipazione di Grillo alla campagna elettorale catanese si nasconderebbero i cosiddetti malpancisti del M5S. È catanese il parlamentare a cinque stelle Tommaso Currò, lo stesso che il 4 aprile scorso, nel bel mezzo dell’impasse istituzionale, dalle colonne de La Stampa criticò le scelte di Grillo e disse che sarebbe stato necessario dialogare con il Partito democratico. Un’intervista che scatenò le ire di Grillo e dell’ex capogruppo alla Camera Roberta Lombardi. «Currò è ormai isolato», mormorano dal quartier generale dei grillini catanesi. E attorno al parlamentare si sarebbe creata una corrente sicula con epicentro a Catania tentata dall’idea di uscire dal Movimento Cinque Stelle. Fra gli altri ci sarebbe anche Mario Giarrusso, senatore, e anche lui polemiche con i vertici del movimento. Ecco perché, spiega un grillino che preferisce restare anonimo, «Grillo ha scelto di non passare da Catania». Del resto pochi giorni fa Currà è tornato a incalzare il leader del M5S sul flop del primo turno elettorale: «Non c’è dubbio che quel che è venuto fuori dalle urne sia un esito vistosamente negativo per il Movimento». Altre parole che avranno di certo infastidito il grande Capo dell’armata pentastellata.
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