Per riformare la Rai deve fallire l’Italia?

La tv di stato italiana ha chiuso il 2012 con un debito intorno ai 300 milioni

La vicenda della tv pubblica Ert in Grecia, chiusa sull’onda di una crisi economica che sta falciando un intero paese, impone una riflessione anche qui in Italia. La nostra Rai ha chiuso il 2012 con un debito che si aggira intorno ai 300 milioni di euro, ma soprattutto continua ad incarnare il prototipo del vecchio carrozzone statale, con migliaia di dipendenti mal impiegati, in sovrannumero, altri che si rivolgono al giudice, palinsesti polverosi, clientele, politicizzazione spinta e sprechi di competenze letteralmente scandalosi. Un vero bignami dell’Italia inefficiente, sprecona, non meritocratica e burocratizzata. Non stiamo auspicando che le migliaia di dipendente di viale Mazzini facciano la fine di quelli della Ert, tutti ormai in cassa integrazione. All’interno ci sono fior di professionisti e competenze e cultura professionale inestimabili. Ci domandiamo però se non sia possibile aprire finalmente un dibattito franco, non ideologico, sul futuro della tv pubblica: privatizzare o meno, efficientare come, su quali frontiere dell’innovazione spingere, come rompere il totem sindacale interno, come renderla meno prigioniera della politica, come farla tornare una palestra culturale vera e meritocratica, luogo aperto a talenti e competenze e via elencando. Oppure bisogna aspettare che fallisca l’Italia sul modello Grecia, per azzerare tutto e ripartire…?

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