Portineria MilanoPisapia confida ai suoi: “Non mi ricandido a sindaco”

La giunta arancione a metà mandato

Nei colloqui privati, agli amici più fidati, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia lo ha già detto: «Al prossimo giro io non mi ricandido». È una frase dettata anche dalle difficoltà che in questi giorni palazzo Marino sta affrontando, dopo le dimissioni da city manager di Davide Corritore  (che fu uno dei punti di riferimento per la “rivoluzione arancione” del 2011). È uno sfogo, quello del sindaco, che ben fotografa la situazione della giunta a due anni dall’insediamento, cioè a quasi metà mandato. E testimonia che la “magia” di due anni fa viene già vista come qualcosa di irripetibile nel 2016. 

Non si tratta di una novità, dal momento che Pisapia già ne parlò durante leprimarie nel 2010, affermando in pubblico che sarebbe stato in piazza della Scala «solo per cinque anni lasciando poi il testimone a un giovane». Del resto, già un mese fa erano circolate voci sulle possibili dimissioni dell’avvocato meneghino, stremato per i tagli di governo e per le difficoltà nel far quadrare il bilancio. Poi arrivarono le smentite. Ma a problemi continuano ad aggiungersi problemi. A volte piccoli, come le polemiche per il concerto neonazista in città a metà giugno, altre volte più grandi, come quelli per la seconda inchiesta su Sea e la mancata quotazione in borsa della società aeroportuale.

Forse è ancora troppo presto per parlare della prossima campagna elettorale per Palazzo Marino che dovrebbe svolgersi nel 2016, con l’incognita dell’abolizione della Provincia di Milano e la nascita della Città metropolitana. Ma nel centrosinistra ci si inizia a interrogare su quello che potrebbe succedere da qui ai prossimi due anni, quando con l’Expo 2015 si chiuderà di fatto il mandato del primo cittadino. O meglio, come spiega un profondo conoscitore del sistema Milano «la guerra all’interno del centrosinistra è già iniziata e c’è già chi ha iniziato a ragionare sul futuro».

Il Partito democratico milanese è più che mai spaccato dopo le ultime elezioni regionali. E la sconfitta di Umberto Ambrosoli ha avuto ripercussioni sulla giunta milanese, soprattutto dal punto di vista di relazioni politico-economiche. Si mormora che un possibile candidato sindaco di Milano potrebbe essere proprio il giovane avvocato che ora siede tra i banchi del consiglio regionale. Ma i nomi che scalpitano sono tanti, tra cui quelli di molti attuali assessori comunali, tra tutti Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali e Cultura della salute

In realtà il nome che davvero potrebbe sparigliare le carte è quello di Ada Lucia De Cesaris, il sempre più potente vicesindaco del comune di Milano, anche assessore all’Urbanistica e all’Edilizia, nonchè grande amica della moglie di Pisapia, Cinzia Sasso. La De Cesaris, avvocato molto capace, ha iniziato ad alzare la voce negli ultimi mesi e si starebbe organizzando in vista del prossimo appuntamento elettorale. Ma resta un nome ancora poco conosciuto, che potrebbe essere spazzato via da un peso massimo del centrodestra, come per esempio l’attuale ministro per le Infrastrutture Maurizio Lupi.

Nei corridoi di palazzo Marino, sede del comune di Milano, si dice che nelle ultime settimane Pisapia parli spesso dell’Inter. E si rammarichi spesso per l’andamento della squadra di Massimo Moratti. Del resto, è dal 2011 che i nerazzurri non vincono un trofeo e lo stesso – sogghignano i maligni nel centrodestra – succede a Pisapia, che dalla vittoria contro Letizia Moratti inizia a veder vacillare la «sua» rivoluzione arancione, quella virtuosa unione tra movimenti e classe dirigente che ha caratterizzata la campagna elettorale di due anni. 

Per un insieme di cose, le due braccia – una popolare e l’altra borghese – che accolsero in piazza del Duomo la vittoria di un centrosinistra che non vinceva a Milano da vent’anni hanno iniziato a sentirsi stanche e a diffidare della rivoluzione gentile sbandierata e promessa in questi due anni. Chi conosce i gangli del sistema economico milanese fa un quadro a tinte fosche, mettendo in fila uno ad uno i problemi di una città che si ubriaca per una settimana di Salone del Mobile, ma che poi deve fare i conti con problemi talvolta banali come le buche nelle strade: per una città che tra due anni dovrà accogliere l’Expo 2015: un problema di non poco conto.

La radiografia del capoluogo lombardo parte da una figura che ha caratterizzato i primi 500 giorni dell’amministrazione di palazzo Marino. Si tratta di Bruno Tabacci, ormai ex assessore al Bilancio, vecchio democristiano capace, ora deputato del Centro Democratico, alleato del Partito democratico, ed esponente politico che ha fatto sentire il suo peso, nel bene e nel male. Dal caso F2i e Sea di Vito Gamberale, con la mancata vendita e due indagini in Procura, fino «al terrore» di molti assessori nel ritrovarselo il venerdì per le consute riunioni di giunta.  

Se c’è poi un fattore che ha contribuito ancora di più a innervosire gli animi è stato il licenziamento dell’assessore alla Cultura Stefano Boeri. I motivi s’incrociano in una serie di sgambetti reciproci con Pisapia, gonfiati dalle difficoltà di un Partito democratico milanese di gestire una situazione che si è dimostrata esplosiva. Ma tant’è. La giunta ha perso appeal con la cittadinanza anche su questo versante, capendo poco dei problemi e soprattutto dei veleni che attraversano il capoluogo lombardo. 

E poi ci sono le questioni che riguardano la cittadinanza. A giugno 2011 il biglietto dell’Atm è stato aumentato di 50 centesimi, in linea, si disse, con gli standard europei. Ora potrebbe aumentare ulteriormente, ma bisogna fare i calcoli con una giunta che passerà di certo alla storia per le sue tasse. Da Area C fino al possibile aumento dell’Imu, su cui il governo non ha diradato le nebbie, l’autunno potrebbe essere di fuoco in piazza Scala. E i milanesi iniziano a spazientirsi. 

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