In Italia stiamo vivendo da quindici anni un vero e proprio boom, un nuovo miracolo italiano come quello degli anni sessanta. Solo che la crescita non riguarda il Pil e la ricchezza bensì la spesa pubblica, il che fa sorridere pensando alle accuse di liberismo sfrenato che vengono mosse a molte delle azioni intraprese dagli ultimi governi. Giusto qualche dato, pubblicato sabato da tutti i giornali: la spesa pubblica dal 1997 ad oggi è aumentata del 69%. In termini assoluti significa 296 miliardi di euro in più. Le entrate fiscali a loro volta sono cresciute del 59%. Una specie di partito unico della spesa che ha unito centrodestra e centrosinistra.
Dentro questo moloch inscalfibile, quel che forse si sa meno è che solo dieci anni fa la spesa pubblica al netto degli interessi era al 40% del Pil, oggi è schizzata al 48%; e che dal 2008 al 2012 la spesa corrente (sempre al netto degli interessi) ha continuato a salire (da 451 a 474 miliardi) a discapito di una forte diminuzione della spesa in conto capitale (-24,7%). In sostanza nell’ultimo decennio si è sottratto all’economia oltre 400 miliardi di surplus primario, si è accresciuta la spesa pubblica corrente riducendo alla grande gli investimenti, ossia la spesa pubblica cosiddetta “buona”.
E ancora. Sono anni che non si privatizza e non si liberalizza nulla in questo paese. Solo la ricerca spasmodica, di volta in volta, della copertura Imu o Iva (per non aumentarla), precari da stabilizzare e assunzioni di vigili del fuoco (cronache di questi giorni). Legittimo intendiamoci, ma almeno chiamiamo le cose con il loro nome. Dov’è il liberismo? Quand’è che in questo paese si taglia qualche spesa?
Non bastasse, in queste ore potrebbe esserci, sempre in Italia, una grande azienda che assumerà a tempo indeterminato qualcosa come 11.890 dipendenti di cui oltre 600 dirigenti. Di questi tempi una vera manna, una vera azione anti ciclica, nuovi consumi e nuovi posti di lavoro. Di chi si tratta? Ovviamente della nostra Pubblica amministrazione. Potenza del liberismo…