La legge Severino scritta con l’inchiostro simpatico

Vertice di Arcore

AGGIORNAMENTO DELLE 19.55 – Dopo un vertice fiume ad Arcore, è il segretario del Pdl e vice premier Angelino Alfano a prendere la parola davanti ai cronisti. Cosa ha dichiarato per esteso lo riportiamo qui a fianco. Ci colpisce però una contraddizione nelle parole di Alfano, invero già emersa tra le righe nelle dichiarazioni dei falchi pidiellini in questi giorni ma non ancora, così esplicitamente, sulla bocca di un importante membro del governo Letta nonchè segretario del partito del Cavaliere. Una contraddizione riassunta nell’espressione «è impensabile e inaccettabile la decadenza di Berlusconi dal Senato». Già. Peccato che quella decadenza improvvisamente inaccettabile sia stata decretata (anche) dallo stesso segretario Pdl approvando la legge Severino durante l’appoggio al governo Monti. Legittimo difendere Berlusconi, ci mancherebbe, ma almeno si usino altri argomenti…

24 AGOSTO, ore 11.00 – I vertici del Pdl si ritrovano oggi nel salotto di Arcore, si sono sempre trovati ad Arcore sulle cose che contano davvero. Silvio Berlusconi ha speso tanto tempo a Roma nella sua lunga carriera politica e imprenditoriale ma poi è sempre in Brianza che si decidono i fatto salienti. Ci vanno in pellegrinaggio tutti, i suoi parlamentari, i suoi figli, i suoi amici di sempre, imprenditori, curiosi, donnine particolari… Lui convoca, schiocca le dita e tutti accorrono. Un po’ tavola rotonda, un po’ war room, un po’ fortino assediato, un po’ alcova da cui governa affari, muove pedine, pianifica, si diverte, decide e si strugge.

Ma se le cose stanno così, e stanno così, cosa vieta al Cavaliere di continuare a farlo anche dopo la decadenza al Senato e qualche mese di servizi sociali, restando tranquillamente nel governo attuale, ossia la scelta di gran lunga meno peggio? Ossia kingmaker della maggioranza, potere di influenza su tutti gli affari che contano, garanzia per le sue aziende e sostanziale scudo contro ulteriori accadimenti giudiziari. In fondo un partito padronale non ha bisogno di un luogo pubblico in cui dibattere e decidere e la stessa psicosi pidiellina, la fregola di accorrere al capezzale del capo, dimostra che tra i colonnelli non c’è davvero la volontà e il coraggio di immaginare un post Berlusconi in cui il fondatore diventa padre nobile e si lavora alla successione e ad un nuovo candidato premier. Berlusconi resterebbe dunque anche da condannato il dominus assoluto. Comodamente dal salotto di Arcore. Come e più di prima.

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