Servivano 120 persone per spendere i fondi europei?

L’Agenzia per la coesione

Chiodo fisso dell’ex ministro Fabrizio Barca: l’Agenzia per la coesione sarà attiva dal 2014. Dipenderà da Palazzo Chigi e aiuterà le Regioni a spendere e programmare meglio i fondi strutturali europei, oltre a quel potere di verifica che ha fatto gridare ieri analisti e commentatori al ritorno del centralismo, prontamente smentito dal ministro Trigilia, titolare della Coesione territoriale. La struttura impiegherà 120 persone a tempo indeterminato e costerà 11 milioni di euro in 7 anni, detratti dai fondi europei in arrivo. La partita è succulenta: si tratta di 100 miliardi di euro dall’anno prossimo al 2020, di cui 30 di fondi strutturali Fesr-Fse, altri 30 miliardi di cofinanziamento nazionale e 40 miliardi di Fsc (ex Fas).

Il nuovo ente, ammesso e non concesso che sarà più efficiente dell’attuale Dipartimento di coesione, mai riorganizzato davvero e a lungo conteso tra il ministero dell’Economia e dello Sviluppo Economico, potrebbe puntare da subito l’attenzione sullo scandalo delle cosiddette “risorse liberate”, ovvero: «risorse generate da progetti, in origine finanziati sul piano nazionale, ma successivamente oggetto di rimborso a valere sui fondi comunitari, in quanto ritenuti coerenti con gli obiettivi dell’intervento comunitario. La Commissione europea ammette queste operazioni, purché le risorse nazionali, così risparmiate, siano destinate ad altri investimenti equivalenti nello stesso settore e nelle stesse aree, ancorché con tempistiche di realizzazione dilatate». La definizione è del presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino. Un meccanismo semplice semplice con cui gli enti locali fanno magicamente sparire i contributi europei. Basterebbe controllare meglio questa spesa, invece di creare nuove strutture pubbliche. 

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