Sull’imminente attacco in Siria si possono avere legittimamente due posizioni. Quella anglo-americana a cui si è aggiunto a vario titolo l’asse carolingio Parigi-Berlino, convinti di dover punire l’atto osceno di Assad e del suo regime: l’uso di armi chimiche bandite dalle regole internazionali e per questo meritevole di subire uno strike. Davanti a certi gesti, specie a valle di una grande ondata di profughi e di decine di migliaia di civili uccisi, la comunità internazionale non può restare immobile, è la giustificazione che muove la nuova coalizione dei volonterosi.
Oppure si può avere una posizione più schiettamente realpolitica: non si muove guerra per ragioni etico-umanitarie perchè si rischia la pia illusione della guerra lampo, senza sapere che succederà dopo, a chi affidare il paese, che reazioni lo strike potrebbe avere sull’Iran e sul turbolento Egitto, e ancora sulla situazione israelo-palestinese. In molti la pensano così. Anche a Washington. Questo blitz improvvisato non fa che il gioco dell’Arabia Saudita, il gran burattinaio.
Quel che non si può avere, invece, è la posizione terzista del governo italiano. Trincerarsi dietro la sottana dell’Onu è un modo ipocrita per non decidere e prendere una posizione chiara. È evidente a tutti che le Nazioni Unite sui teatri di guerra sono un relitto della guerra fredda: il consiglio di sicurezza riflette la logica di potenza dell’epoca, c’è sempre qualcuno che pone il veto come Cina e Russia. Dunque subordinarne la partecipazione è un modo per mettere la testa sotto la sabbia. Tanto più oggi che si è svelato il bluff della copertura multilaterale. La Francia di Chirac che dieci anni fa si oppose alla seconda guerra del Golfo di Bush jr perché non aveva il bollino dell’Onu, questa volta non si fa problemi, per difendere i propri interessi, ad attaccare Damasco senza il via libera del Palazzo di Vetro. Cari Letta e Bonino, stare in scia dell’Onu non basta più per lavarsi la coscienza.