Ecco come sarà il Monte dei Paschi d’Europa

Il piano industriale al 2017

Un aumento di capitale da 2,5 miliardi per ripagare 3 miliardi (su 4) di Monti bond entro fine 2014, 8mila esuberi e la chiusura di 550 filiali – altre 150 rispetto alle 400 già programmate – al 2017. Infine, la riduzione dei titoli di Stato in portafoglio di 6 miliardi nei prossimi quattro anni, a quota 17 miliardi. In generale, i bond dovranno coprire il 10% degli attivi, mentre i prestiti il 90 per cento. Sono queste le linee guida del piano industriale del Monte dei Paschi, scritto sotto dettatura di Bruxelles, approvato dal cda ma non ancora dettagliato in quanto in attesa del disco verde da parte della direzione competizione della Commissione guidata da Barroso. Non è un caso che sia alquanto ottimista sull’Europa, prevedendo nel 2017 una discesa dello spread tra Btp e Bund tedeschi a 160 punti base, dagli attuali 248.

Confermate dunque le indiscrezioni sull’aumento monstre, pari all’attuale capitalizzazione di Borsa. Oggi il titolo ha chiuso a 23 centesimi (+6,26%) e scambi a 348 milioni di pezzi, il doppio rispetto alla media giornaliera. Il tutto in un contesto in cui Ftse Mib, principale listino della piazza meneghina, ha chiuso a +0,66 per cento. In generale, come evidenzia la slide qui sotto, ciò che è lecito aspettarsi è una bassa crescita organica annua dei ricavi (+0,8%), ma un’ampia sforbiciata sui costi, pari al 5 per cento.

Il resto è giudicato arduo dagli analisti: un rendimento del capitale netto tangibile pari al 9% – lavorando sulla riduzione di personale, sportelli e outsourcing del back office, oltrealla ristrutturazione dell’operazione Chianti Classico – e utile netto a 900 milioni. Considerando che il patrimonio netto nel primo semestre, chiuso in perdita per 380 milioni, si è assestato a 6,3 miliardi, un ritorno del 9% significa generare utili pari a circa mezzo miliardo di euro. Un target ambizioso. 

C’è poi la completa restituzione dei 28 miliardi prelevati dalla Bce nell’ambito delle due tornate di Ltro tra fine 2014 e prima parte del 2015. Come reperire la liquidità necessaria? Parzialmente coperta ricorrendo a pronti contro termine, come ha spiegato il direttore finanziario Bernardo Mingrone rispondendo ad un analista nel corso della conference call, e puntando forte sul recupero dei clienti attraverso la neonata banca online Widiba e il private banking. Sull’interbancario, l’obiettivo è una contrazione del costo del funding sull’interbancario, dove prendere denaro a prestito costa a Mps un tasso vicino al 2%, l’1,1% rispetto alla media degli altri istituti di credito.

L’interesse della comunità finanziaria, tuttavia, si è concentrato sull’esperimento di cui è oggetto il Monte dei Paschi: il nuovo orientamento europeo sui salvataggi, il “bail-in”. Ovvero pagano gli azionisti. A fine settembre l’istituto aveva comunicato l’intenzione di non pagare le cedole sulle emissioni Fresh e su Antonveneta capital trust I e II. La loro ristrutturazione consentirebbe da un lato di reperire risorse, ma dall’altro presenterebbe pesanti rischi di tagli al loro valore nominale per i loro sottoscrittori. Sebbene il mercato stia già prezzando da tempo l’eventualità, l’Italia non ha ancora implementato il regolamento comunitario sul “burden sharing”, al contrario di Spagna e l’Irlanda. Per questo, per quanto Mingrone abbia sottolineato che «l’opzione del buyback del debito è favorita dalla Commissione e dobbiamo tenere d’occhio l’opportunità di coglierla», il pallino ce l’hanno in mano Consob e Bankitalia. 

Un altro elemento chiave emerso dalla conference call riguarda la modalità di conversione dei Monti Bond. Essa scatta, come si legge nella nota diffusa da Rocca Salimbeni, in caso di mancata sottoscrizione dell’aumento di capitale entro il prossimo anno. Tuttavia, non è detto che non possa essere parziale, come ha sottolineato Mingrone: «Possiamo convertire (i Monti bond, ndr) one shot, o tutto o una parte dell’importo». Come ha ribadito il direttore finanziario, a patto di garantire uno sconto sul prezzo teorico ex aumento del 30 per cento, allo scopo di remunerare adeguatamente il capitale immesso dallo Stato. 

Sul tema della remunerazione dei manager, l’accordo con Bruxelles è di 500mila euro lordi per presidente e ad. Per maggiori dettagli bisognerà aspettare il 14 novembre, quando assieme alla trimestrale saranno forniti ulteriori approfondimenti sul piano di Mps, cavia per i futuri salvataggi europei che rischia nel peggiore dei casi la nazionalizzazione, nel migliore di finire acquisita. Il roadshow informale per cercare investitori è in corso da tempo, e a quanto risulta a Linkiesta nelle scorse settimane emissari di Mps avrebbero bussato alla porta di Azimut, società di servizi finanziari guidata da Pietro Giuliani. Comunque vada, pagheranno gli obbligazionisti e i contribuenti. 

Twitter: @antoniovanuzzo
 

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