Usa, iniziato lo “shutdown”, 800mila lavoratori a casa

La mancata approvazione del bilancio

Nessun accordo tra Democratici e Repubblicani al Congresso Usa: non è stato approvato il bilancio per l’anno fiscale 2014 e dalla mezzanotte del primo ottobre (le 6 di mattina in Italia) è iniziato il cosiddetto “shutdown”, la chiusura delle attività governative non essenziali. 

La prima conseguenza pratica è che almeno 800.000 lavoratori federali cominceranno a essere lasciati temporaneamente a casa, musei e parchi nazionali vedranno porte e cancelli sbarrate.

La Casa Bianca ha emanato istruzioni ai vertici di tutte le agenzie «per eseguire il piano di uno shutdown in maniera ordinata». Sono esclusi i militari: il presidente Barack Obama questa mattina ha firmato un provvedimento per il pagamento dello stipendio dei soldati. In un messaggio video diretto alle truppe, Obama ha voluto sgomberare il campo da ogni dubbio. «Chi è in divisa manterrà il suo normale status di servizio», ha affermato. «I prossimi giorni – ha ammesso il presidente – potrebbero portare incertezze», compresi congedi forzati di dipendenti pubblici. «Ma questo non toccherà i militari».

La causa della mancata approvazione della legge finanziaria riguarda essenzialmente l’entrata in vigore della riforma sanitaria di Obama. Ieri sera la Camera (controllata dai Repubblicani) ha ancora una volta approvato una proprosta di budget che conteneva rinvii di un anno di capitoli cruciali della riforma sanitaria Affordable Care Act, l’obbligo individuale ad avere una polizza assicurativa. Il Senato (controllato dai Democratici) come già in precedenza, ha bocciato il “pacchetto”. Non si è arrivati al compromesso e Obama ha rifiutato quello che è stato definito un ricatto senza scrupoli.

La chiusura delle attività ha un costo altissimo:  secondo le stime di Moody’s è pari a diversi miliardi di dollari al giorno, tanto che arriverebbe a 55 miliardi se durerà tre o quattro settimane.

È probabile che un’intesa si troverà nel giro di pochi giorni, come successo in passato. Nel 1996 ci fu l’ultimo caso di questo genere: sotto la presidenza di Bill Clinton il governo americano ebbe un blackout dal 14 al 19 novembre 1995 e poi dal 16 dicembre al 6 gennaio 1996. Un blocco che si rivelò un boomerang per i Repubblicani, indicati dall’opinione pubblica come responsabili di una crisi evitabile.

L’opinione pubblica giocherà un ruolo determinante nella soluzione della crisi. Un sondaggio della Kaiser Family Foundation ha riportato che un terzo degli americani non sapeva nulla delle modifiche sull’obbligo della polizza assicurativa, al centro della diatriba tra i due partiti. La mancata comprensione dei motivi dello shutdown gioca a favore di una sua risoluzione.

Sebbene le posizioni restino distanti, si sono già levate voci di dissenso sul fronte repubblicano, che appare diviso. L’ala intransigente è composta da circa 30 parlamentari vicini ai Tea Party, e da altri 20 alle prese con sfidanti di destra nelle primarie dei loro collegi: una minoranza che si è finora rivelata decisiva in una Camera che vede solo 33 voti di scarto tra Repubblicani e Democratici.

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