Federico, tenuto e morto in carcere senza trapianto

Un’interrogazione M5s alla Camera

Federico Perna è morto tre settimane fa. Aveva trentaquattro anni, da tempo era in attesa di un trapianto di fegato ed era detenuto nel carcere di Poggioreale. In questi giorni la sua storia è arrivata a Montecitorio, l’ha raccontata in un’interrogazione parlamentare il segretario della commissione Affari sociali Silvia Giordano, deputata del Movimento Cinque Stelle. È una vicenda incredibile, che descrive meglio di tante parole l’inferno delle nostre galere. 

E non è neppure una storia isolata. Dall’inizio dell’anno, Federico è il 139esimo detenuto ad aver perso la vita dietro le sbarre. Ma sono due particolari a rendere questo caso ancora più grave. Entrambi descritti nell’interrogazione presentata ai ministri della Giustizia e della Salute. Anzitutto Federico Perna non doveva essere a Poggioreale. «I dirigenti sanitari – spiega Silvia Giordano – avevano già sostenuto, nei rapporti clinici scritti nelle carceri in cui era passato, l’incompatibilità con la detenzione a causa del suo stato di salute». Eppure nessuno sembra aver mai letto quelle indicazioni. Ecco perché la deputata adesso chiede di «attivare protocolli più chiari affinché i referti dei dirigenti sanitari che operano nelle strutture carcerarie sulle condizioni di salute risultino strumenti efficaci ed obblighino all’immediato trasferimento dei detenuti nelle strutture ospedaliere, ove se ne ravvisino le necessità». 

L’altro aspetto inquietante riguarda la famiglia del detenuto. Pochi giorni prima della tragedia, la madre aveva ricevuto una telefonata in cui il figlio le aveva raccontato di «perdere sangue dalla bocca quando tossiva». Dopo più nulla. Come si legge nell’interrogazione, in seguito i genitori avrebbero appreso della morte di Federico dalla lettera di un suo compagno di cella. Nessuna notizia ufficiale. Stando al documento presentato dalla deputata del M5S, i familiari non sembrano ancora conoscere i dettagli della tragedia. «C’è chi dice che sia morto in ambulanza, chi dice nell’infermeria del carcere, chi, invece, sosterrebbe che sia deceduto in ospedale». Silvia Giordano denuncia la totale assenza di chiarezza da parte delle autorità. «Su queste tragedie – si legge – l’informazione da parte del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria è inesistente». E questo nonostante già da due anni una circolare del Dap preveda la comunicazione e l’informazione anche degli «eventi critici». La deputata si appella al Guardasigilli, per chiedere di adottare «le misure necessarie affinché i responsabili delle carceri italiane rispettino pienamente la citata circolare e affinché siano garantiti i diritti dei familiari dei detenuti ad una corretta e repentina informazione rispetto a quanto accade ai detenuti stessi all’interno dei penitenziari».

Troppo semplice, e forse anche scorretto, paragonare la vicenda di Federico Perna a quella di Giulia Ligresti. È chiaro che il ministro della Giustizia si sarebbe attivata anche per il giovane deceduto a Poggioreale, se solo qualcuno avesse portato questa vicenda alla sua attenzione. Nessuna strumentalizzazione, dunque. Eppure la 139esima morte in un istituto penitenziario solleva in maniera ancora più drammatica e urgente la questione del nostro sistema carcerario. Perché passate le polemiche sulle telefonate tra Annamaria Cancellieri e la famiglia Ligresti, archiviate le mozioni di sfiducia e dimenticati i dibattiti in Parlamento, il dramma delle nostre carceri continua. Spesso nel silenzio. 

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter