«E adesso il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio devono prendere atto di quello che è successo». Senza troppi giri di parole i dirigenti di Forza Italia chiedono le dimissioni di Enrico Letta. Da poche ore i gruppi parlamentari berlusconiani hanno annunciato l’uscita dalla maggioranza, certificando la fine delle larghe intese. «Mi auguro – spiega il capogruppo al Senato Paolo Romani – che il premier abbia la sensibilità di salire al Colle per trarre le conseguenze del nostro gesto».
Richieste clamorose, ma probabilmente infondate. Così almeno spiegano gli esperti. Il passaggio all’opposizione di Forza Italia non sembra avere conseguenze pratiche: il premier non è costretto alle dimissioni, né Giorgio Napolitano deve avviare le consultazioni. I due possono ovviamente incontrarsi per discutere la vicenda – cosa effettivamente avvenuta in serata – ma senza alcun obbligo istituzionale.
Anzitutto è bene chiarire che in assenza di espliciti riferimenti della Costituzione, tutto si basa su prassi e consuetudini. Ecco il primo problema. Quello attualmente insediato a Palazzo Chigi è un esecutivo di larghe intese. «Ad eccezione dell’esperienza di Mario Monti, quello di Letta non può essere comparato con nessuno dei governi precedenti» spiega Francesco Clementi, professore associato di diritto pubblico comparato presso l’Università di Perugia. «Insomma, manca qualsiasi riferimento su come si comporta un governo di larghe intese in caso di crisi».
La situazione politica in Italia è eccezionale, conferma il direttore del dipartimento di Scienze Politiche dell’Università La Sapienza di Roma Fulco Lanchester. Peraltro stasera non sembra emergere alcuna particolare novità. «La situazione era già chiara quando sono nati i gruppi del Nuovo Centrodestra, certificando la sopravvivenza dell’esecutivo. E ancora prima, quando i ministri del Pdl hanno deciso di rimanere al governo. Lo ha confermato anche Enrico Letta durante il suo discorso al Senato del 2 ottobre scorso».
Nessuno nega l’evidenza. L’uscita dalla maggioranza di Forza Italia resta un dato politicamente rilevante. «La formula politica che ha posto in essere questo governo è ovviamente in crisi» insiste Clementi. Ma oggi «non c’è alcun vincolo obbligatorio che impegna Letta ad andare dal Capo dello Stato per dimettersi». Non solo. Come spiega il costituzionalista Stefano Ceccanti, già senatore del Partito democratico, sarà «il voto di fiducia sulla legge di Stabilità ad assorbire ogni dubbio sul fatto che il governo ha ancora il sostegno della maggioranza». Lo stesso punto di vista espresso dal Quirinale con una nota di pochi minuti fa. Nessuna crisi, insomma. Al massimo il governo dovrà risolvere qualche problema pratico. «Credo che si dimetteranno alcuni sottosegretari – spiega Ceccanti – Almeno quelli rimasti in Forza Italia. Immagino che Enrico Letta li sostituirà».
Eppure un passaggio formale in Parlamento potrebbe avvenire. «Adesso – continua Clementi – Il presidente del Consiglio deve riconoscere che è cambiata la maggioranza che sostiene il suo governo. Attraverso una dichiarazione politica alle Camere». Stefano Ceccanti è d’accordo. «Enrico Letta può chiedere un passaggio parlamentare, per spiegare cosa intende fare con questa maggioranza più ristretta. Ma solo se lo riterrà utile». Giorgio Napolitano invece non sembra avere alcun dovere. Di fronte alle novità di queste ore il presidente della Repubblica può anche non intervenire. «Il Quirinale non ha alcun obbligo» conferma Ceccanti. E allora perché Forza Italia chiede con insistenza l’apertura della crisi? «Secondo me – dice Lanchester – è l’estremo tentativo di porre un problema politico per spostare il voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi».