Al-Qaeda (Aq) è da sempre una realtà complessa e sfuggente. Ma soprattutto estremamente flessibile, capace com’è di adattarsi a numerosi teatri operativi e al mutare delle circostanze. Se da quasi due decenni ormai riesce a sopravvivere alla campagna che i servizi di intelligence le muovono contro, è proprio grazie a questo carattere, insieme a un messaggio forte e a una buona strategia mediatica. Non solo. In questi anni Aq non si è limitata a un’impostazione meramente difensiva. Ma ha adottato una strategia proattiva che le ha permesso di sviluppare forme, strutture e strategie innovative capaci di sfruttare gli inevitabili punti deboli degli apparati di sicurezza occidentali e dei loro principali alleati all’interno del mondo islamico.
Il profilo Twitter di Al Qaeda. Si legge: «Lavora per espellere gli infedeli dalla terra dei Fedeli, unire i musulmani e creare un nuovo califfato islamico»
Questa natura flessibile, sostenuta da un continuo processo evolutivo e da un costante aggiornamento strutturale e operativo, ha permesso all’organizzazione di superare momenti difficilissimi, come quelli seguiti alla distruzione dei santuari afgani poche settimane dopo gli eventi del 9/11 o alla morte del suo leader più carismatico, nonché fondatore, Osama bin Laden, nel maggio 2011.
Per questo, fornire un’istantanea della struttura di un movimento in costante evoluzione non è facile. Ma, fatte queste premesse, è comunque possibile scomporre la struttura qaidista in tre macro-sezioni:
A. Un nucleo decisionale storico (Aqc – acronimo di al-Qaeda central), composto dai leader sopravvissuti alle campagne di eliminazione condotte in questi anni e guidato da Ayman al-Zawahiri. I membri di questo direttorio (che si ritiene sia localizzato principalmente tra Pakistan e Afghanistan) sono in costante movimento e tendono ad evitare per quanto possibile di riunirsi se non in situazioni eccezionali al fine di minimizzare il rischio di essere individuati. Questo direttivo è sostenuto da una cerchia di fedelissimi che permettono ad Aqc di mantenere i contatti con il resto dell’organizzazione. Seppur fortemente limitato dalla caccia all’uomo operata dai servizi segreti di mezzo mondo, questo “nocciolo duro” rimane un importante punto di riferimento per la galassia qaedista, nonostante recenti diatribe interne ne abbiano scosso l’autorità. A dispetto di quanto affermato in passato, Aqc pare anche giocare un ruolo significativo in termini di coordinamento, pianificazione e organizzazione di attentati.
B. Un network composto da sezioni regionali e organizzazioni affiliate che dal sud-est asiatico si dipana sino alle coste occidentali del Maghreb. In questa categoria rientrano sia i movimenti che hanno dichiarato apertamente la loro fedeltà ad al-Qaeda e alla sua guida (come al-Qaeda nella Penisola Arabica, al-Qaeda nel Maghreb Islamico, gli al-Shabaab somali, etc) che realtà vicine alle istanze qaidiste ma dotate di una significativa autonomia decisionale ed operativa (come gli stessi Taliban o lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria). All’interno di tale contesto, i legami tra Aqc e le leadership sul campo variano notevolmente. A causa della durissima repressione scatenata contro il nucleo storico del movimento, negli ultimi anni questo network ha costituito l’arma principale di al-Qaeda, riuscendo a proseguirne il jihad armato su molteplici teatri.
C. Una galassia variegata ed eterogenea di realtà non collegate direttamente ad al-Qaeida, ma che ne condividono la causa e che sono disposte a dare il proprio contributo. All’interno di questa categoria dai confini nebulosi rientrano tante piccole formazioni islamiste radicali quanto singoli militanti conosciuti in gergo col nome di “lupi solitari”. Secondo alcuni analisti, proprio questi attori rappresentano una delle principali minacce in un’ottica di medio-lungo periodo. Se da un lato essi non possono contare sui vantaggi garantiti dall’appartenenza a strutture terroristiche consolidate, dall’altro, proprio in virtù della mancanza di collegamenti e delle loro dimensioni contenute, essi possono più facilmente sfuggire al monitoraggio dei servizi di sicurezza internazionali.
Al-Qaida: principali nodi regionali
AfPak (Afghanistan-Pakistan)
Nonostante molti esponenti di primo piano di al-Qaida abbiano incontrato la morte proprio in quest’area (Osama bin Laden è stato individuato ed eliminato ad Abbotabad in Pakistan), la regione è rimasta uno snodo importante per il movimento anche sotto la leadership di Ayman al-Zawahiri. Le asperità del territorio, unite allo scarso controllo esercitato dalle autorità locali e ai solidi legami instaurati con le tribù Pashtun e il movimento dei Taliban, hanno fatto dell’AfPak uno dei santuari più importanti del movimento qaidista. Secondo alcune fonti di intelligence, la leadership storica di al-Qaida (Aqc) risiederebbe ancora in queste aree.
Yemen
Al-Qaida nella Penisola Arabica (Aqap), come è comunemente chiamata la sezione del movimento operante nello Yemen e (in misura ormai nettamente minore) in Arabia Saudita, ha rappresentato per anni una delle branch più attive dell’organizzazione, sia dal punto operativo che da quello mediatico. Aqap si è resa protagonista di una serie di attentati (in gran parte sventati) sul territorio americano ed europeo, ma anche di operazioni condotte sul suolo yemenita con l’obiettivo di dar vita ad un emirato islamico locale. Sotto la spinta del predicatore Anwar al-Awlaki (ucciso nel 2011), l’organizzazione ha cercato di sfruttare le potenzialità offerte dal web per avvicinare un numero crescente di militanti soprattutto in Occidente, considerati candidati ideali per riportare il jihad armato in Europa e Stati Uniti.
Siria-Iraq
Considerati al momento i principali teatri operativi di al-Qaida, Siria e Iraq costituiscono un caso particolare all’interno del panorama qaidista. Nei due Paesi, infatti, operano ben due sezioni dell’organizzazione, distinte sia dal punto di vista strategico che da quello operativo: il Fronte al-Nusra (JaN) e lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (Isis). Il primo, guidato da Abu Muhammad al-Julani e composto in gran parte da militanti siriani, ha rinnovato nell’aprile 2013 la propria fedeltà ad Ayman al-Zawahiri e opera in concerto con gli altri movimenti dell’insurrezione per eliminare il regime di Bashar al-Assad. L’Isis, invece, guidato da Abu Bakr al-Baghdadi, ha violato apertamente le disposizioni della leadership centrale di al-Qaida e ha adottato una strategia volta a dar vita a un emirato islamico sul territorio siro-iracheno. Il movimento ospita tra le proprie fila numerosi guerriglieri stranieri ed è tristemente famoso per le tattiche efferate impiegate dai propri militanti nei confronti del nemico, sia esso rappresentato da forze regolari siriane e irachene o da esponenti dell’insurrezione non disposti a riconoscere l’autorità di al-Baghdadi.
Maghreb
Sorta nel 2006 sulle ceneri del Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento, al-Qaida nel Maghreb Islamico (AQIM) è uno dei nodi regionali più attivi della galassia qaidista. Pur mantenendo il proprio quartier generale in Algeria, negli ultimi anni AQIM è riuscita ad estendere la propria influenza su parti del territorio tunisino e libico. La caduta di Qadhafi e l’instabilità che ha investito la regione a partire dal 2011 hanno permesso al movimento di ampliare il proprio raggio di azione anche alle vastissime distese del Sahel e, soprattutto, in Mali e Niger. Al di là delle proprie capacità operative, AQIM è divenuta famosa per il suo coinvolgimento nello sfruttamento dei traffici dell’area e per essersi resa responsabile di numerosi rapimenti ai danni di cittadini occidentali.
Somalia
Al-Shabaab rappresenta una delle ultime formazioni ad essere entrate nel network qaidista (2012). Il movimento, particolarmente attivo nel sud della Somalia e nelle zone rurali del paese, costituiva una delle fazioni più importanti dell’Unione delle Coorti Islamiche (UCI)che nel 2006 era riuscita ad ottenere il controllo di Mogadiscio e di buona parte del paese. Dopo la sconfitta subita dall’UCI alla fine dello stesso anno, gli al-Shabaab hanno continuato la propria campagna armata riuscendo a estendere tra il 2009 e il 2010 la propria influenza sulle aree centro-meridionali della Somalia. Negli ultimi anni, la presa del movimento è stata profondamente indebolita da diverse faide che ne hanno minato la coesione interna. Recentemente, però, esso è tornato agli onori della cronaca per l’attacco dello scorso settembre contro il Westgate Mall di Nairobi.
* Andrea Plebani è ricercatore dell’Ispi per il Mediterraneo e il Medio Oriente