Impeachment, parte seconda. Questa mattina il comitato parlamentare per la messa in stato di accusa del presidente della Repubblica ha archiviato le accuse a Giorgio Napolitano. L’istanza presentata dal Movimento Cinque Stelle è stata bocciata con 28 voti a favore e 8 contrari. Eppure il Colle non è ancora al sicuro. Nel giro di pochi giorni l’impeachment del capo dello Stato potrebbe essere nuovamente discusso e votato. Stavolta dal Parlamento in seduta comune.
Lo consente un passaggio regolamentare sconosciuto ai più. Un cavillo procedurale che permetterà ai grillini di impugnare la decisione del comitato nel giro di poche ore. Se un quarto dei parlamentari presenterà apposita richiesta, la votazione per la messa in stato di accusa del presidente dovrà essere portata all’attenzione delle Camere. Una possibilità concreta. Numeri alla mano, per obbligare i presidenti di Camera e Senato a convocare la seduta servono circa 250 firme. 237, per la precisione. Il Movimento Cinque Stelle, da solo, può contare su oltre 150 parlamentari. Basta raccogliere l’adesione di un’ottantina di parlamentari di altri schieramenti per portare il caso in Aula.
Pochi dubbi sull’esito dell’operazione. Per la messa in stato di accusa del presidente serve la maggioranza assoluta dei voti. Un obiettivo irraggiungibile. Ma il significato politico dell’iniziativa è particolarmente rilevante. Come spiegano i grillini che hanno partecipato ai lavori del comitato, adesso ci sono dieci giorni di tempo per presentare la richiesta e «riaprire la discussione» su Napolitano. Un approfondimento della denuncia presentata e, si lamentano, frettolosamente archiviata dai presidenti Ignazio La Russa e Dario Stefano.
Non sfugge a nessuno che la riapertura del caso permetterebbe anche di valutare nuove responsabilità del Colle. A partire dal ruolo di Napolitano nella crisi dell’ultimo governo Berlusconi. Per portare in Aula la discussione i grillini puntano proprio sulle indiscrezioni pubblicate ieri dal Corriere della Sera. Le anticipazioni del libro di Alan Friedman hanno sollevato diverse polemiche tra i parlamentari del Cavaliere. Adesso è sufficiente l’adesione di alcuni esponenti di Forza Italia – tra Camera e Senato sono 127 – per raggiungere il numero di firme necessario.
Non è un’ipotesi campata in aria. In polemica con il Colle, stamattina gli esponenti berlusconiani hanno abbandonato i lavori del comitato. Rifiutandosi di partecipare al voto sulla richiesta di impeachment. «Non sarebbe male se Napolitano desse qualche chiarimento in più rispetto al comunicato di ieri, largamente insoddisfacente» ha spiegato Giovanni Toti, nuovo delfino del Cavaliere. A discutere le ragioni del Quirinale, presto, potrebbe essere il Parlamento in seduta comune…