L’Italia come la Svizzera: limita i frontalieri croati

10mila in Friuli da Croazia e Slovenia

Migliaia di lavoratori che ogni giorno passano il confine, in molti casi senza contratto regolare. Succede alla frontiera tra Italia e Slovenia: il flusso più consistente parte dai Balcani, ma quello che si muove in direzione opposta è in crescita. In Friuli – dicono i sindacati – arrivano soprattutto badanti e muratori, che se assunti in nero rischiano di incassare meno dei colleghi inquadrati a norma di legge. Niente ristorni sul modello svizzero, né ai nostri Comuni né a quelli ex jugoslavi. E mentre discutiamo dei limiti d’ingresso imposti da Berna agli stranieri, noi applichiamo già qualcosa di simile ai croati, cittadini dell’Unione europea dallo scorso luglio.

Cifre incerte

Non si sa esattamente quanti lavoratori facciano avanti e indietro lungo l’Adriatico. La Uil friulana ipotizza che quelli provenienti da Slovenia e Croazia siano almeno 10mila (per avere un confronto, i frontalieri italiani in Svizzera sono 60mila). L’assenza di dati verificabili sembra dovuta soprattutto al sommerso, che probabilmente – secondo la Cgil – coinvolge più persone di quelle assunte regolarmente. «Era così anche ai tempi della Jugoslavia – ricorda Andrea Roberti, coordinatore di un partenariato trans-frontaliero –. Tra le donne ci sono molte lavoratrici domestiche e addette alle pulizie. Tra gli uomini camionisti e muratori». La cifra ufficiale più recente risale al 2012: «Allora in Friuli erano registrati 3mila sloveni. Sia loro che i croati sono attratti anche dal Veneto, più sviluppato economicamente, ma la nostra regione ne accoglie di più».

Gli italiani che passano la frontiera sono meno, ma aumentano. «Nel 2008 – dice Roberti – quelli formalmente assunti in Slovenia erano 192. L’anno scorso 417. Alcuni operano nel turismo, altri come pasticcieri o panettieri». Elvio Di Lucente, che si occupa di rapporti internazionali per la Cisl friulana, indica altre categorie. «A Lubiana e dintorni trovano posto professionalità alte, come ingegneri e professori. Oggi i nostri connazionali che attraversano il confine sono circa mille. Cinque anni fa non lo faceva quasi nessuno. Il flusso era tutto nel senso opposto». Ufficialmente non si sa se gli ingressi di croati e sloveni siano in calo o in aumento, ma il sindacalista un’idea ce l’ha: «Mi sembrano diminuiti in modo molto significativo. Da una parte ci sono le difficoltà dell’edilizia, che hanno tolto lavoro agli uomini. Dall’altra la crisi generale, che porta sempre più badanti italiane ai nostri centri di assistenza fiscale. Fino a tre anni fa erano tutte dell’est Europa».

Due Stati, due esattori

Di Lucente conferma che la maggioranza dei frontalieri è assunta in nero, e riconosce alla Regione di essersi sforzata per farla emergere. «Quattro anni fa aveva messo a disposizione contributi equivalenti al costo che si doveva pagare per regolarizzare una badante. Il risultato non è stato granché, perché le lavoratrici coinvolte rifiutavano. Volevano evitare di essere tassate due volte, nel loro e nel nostro Paese».

Tra Roma, Lubiana e Zagabria non esistono accordi fiscali come quelli che ci legano alla Svizzera. Berna versa parte delle imposte pagate dai frontalieri italiani ai Comuni di confine valdostani, piemontesi, lombardi e trentini. «Una soluzione simile sarebbe utile anche con Slovenia e Croazia – dice Michele Berti, sindacalista della Uil friulana. – Quel meccanismo fa sì che i due Stati siano interessati a parlarsi, per sapere esattamente quanto devono restituire o incassare. Nel nostro caso invece è il lavoratore a doversi muovere, per capire quanto pagherà di tasse e a chi. Se si impazzisce solo rapportandosi al fisco italiano, figuriamoci quando si deve comunicare anche con un’autorità straniera».

Sì alle infermiere, no ai metalmeccanici

rimetterci sono soprattutto sloveni e croati, non solo per ragioni legate alle imposte. «Di solito un frontaliero irregolare è pagato meno di un lavoratore assunto come si deve. Senza contare che chi ricorre al nero fa concorrenza sleale alle altre aziende, perché risparmia illegalmente». Un altro parallelo interessante con la Svizzera riguarda la libertà di movimento. La consultazione votata dai cittadini elvetici propone di introdurre tetti massimi per i lavoratori stranieri. Da luglio qualcosa del genere è in vigore tra Italia e Croazia.

«Il nostro governo – spiega Berti – ha adottato misure transitorie per limitare gli ingressi dal Paese balcanico. Alcune categorie sono escluse, come badanti, dirigenti d’impresa, infermiere e artisti del mondo dello spettacolo. Se però sono un metalmeccanico istriano e voglio fare avanti e indietro con il Friuli, non posso. La stretta dovrebbe durare due anni». Questo sulla carta. Nei fatti la Uil ha l’impressione che negli ultimi mesi i lavoratori in arrivo dalla Croazia siano aumentati. Sembra che molti non sappiano niente delle restrizioni decise a Roma. E del fatto che pur essendo entrati in Europa, non possono ancora entrare in Italia.

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