Addio prostitute e gigolò, presto anche nel nostro Paese si parlerà più genericamente di “sex workers”. Professionisti delle prestazioni sessuali a pagamento, obbligati a esercitare dopo aver ottenuto un patentino professionale, essersi iscritti alle camere di commercio, finalmente assoggettati al regime fiscale e previdenziale. «Cinquantacinque anni dopo l’approvazione della legge Merlin, l’Italia forse riscrive la sua storia». Si apre così la relazione al disegno di legge presentato oggi al Senato. Un provvedimento ambizioso e lungamente atteso, destinato a regolamentare il fenomeno della prostituzione. È un impegno bipartisan, depositato a Palazzo Madama lo scorso dicembre dopo un lavoro preparatorio lungo almeno un anno. La prima firmataria è l’esponente del Partito democratico Maria Spilabotte, ma tra i numerosi proponenti figura anche la senatrice di Forza Italia Alessandra Mussolini.
«Sgombriamo subito il campo da equivoci – racconta la parlamentare democrat durante una conferenza stampa insolitamente affollata – regolamentare la prostituzione non significa riaprire le case chiuse». Quel modello è definitivamente archiviato. Piuttosto diventa necessario proporre una netta distinzione tra chi vuole esercitare liberamente la professione – con relativa tutela dei propri diritti e doveri – e chi viene sfruttato. La situazione attuale è di fatto insostenibile, conseguenza di un’ambiguità lunga mezzo secolo. «Sia la legge, sia il codice penale – si legge nel documento – fingono di ignorare giuridicamente la prostituzione, ma di fatto ne consentono l’esistenza». Lasciando spesso campo libero alle grandi organizzazioni criminali. Ecco perché l’intento non secondario dei proponenti è finalizzato a «sconfiggere i danni della tratta delle donne nel nostro Paese».
Il fenomeno è tutt’altro che rilevante. Come spiega Maria Spilabotte si stima che in Italia siano circa 70mila le persone che esercitano la professione. Per un totale di almeno nove milioni di clienti. Un mercato che – se regolamentato – porterebbe nelle casse dello Stato dai 5 ai 10 miliardi di euro. Una realtà importante, rappresentata a Palazzo Madama da Efe Bal, la famosa transessuale turca che da tempo chiede di poter regolarizzare la sua attività professionale. «Un’addetta ai lavori» stando a chi la introduce in conferenza stampa, che ha contribuito con le proprie esperienze alla redazione del testo. «Faccio questa battaglia per pagare le tasse» spiega Efe Bal, emozionata. «Voglio essere utile all’Italia, ma anche sognare che un giorno potrò avere una pensione». La portata della norma in discussione è effettivamente rivoluzionaria. Se il provvedimento diventerà legge «la nostra vita non sarà ancora del tutto normale e il nostro lavoro continuerà a non essere bene accetto da tutti, ma saremo un po’ più fieri di noi stessi».
Otto articoli in tutto. Destinati a rimuovere «qualunque legge che penalizzi l’attività sessuale consensuale tra adulti», ma anche a punire i reati di prostituzione coattiva e il reclutamento, l’introduzione e lo sfruttamento della prostituzione. Particolare attenzione è dedicata al decoro urbano. Il provvedimento incoraggia i professionisti del sesso ad «abbandonare la strada o esercitare in luoghi più sicuri e nello stesso tempo più riparati dalla vista dei cittadini». Da una parte decriminalizzando i reati di adescamento e favoreggiamento della prostituzione (rendendo così possibile affittare appartamenti a chi desidera esercitare la professione). Dall’altra demandando agli amministratori locali l’individuazione di aree pubbliche adatte, «di comune accordo con le associazioni per i diritti delle prostitute, con le organizzazioni di volontariato e con i comitati dei cittadini».
Particolarmente interessante l’articolo 5 del testo, che introduce specifiche modalità di autorizzazione all’esercizio della prostituzione. Almeno tre i passaggi obbligati: la comunicazione di inizio attività presso una qualunque sede delle camere di commercio, industria artigianato e agricoltura (i nominativi saranno poi comunicati al Ministero dell’Interno per le verifiche delle autorità competenti). La presentazione di un certificato di idoneità psicologica «che attesti l’effettiva volontà personale a esercitare la professione». Il pagamento anticipato alla CCIAA di 3 o 6mila euro, a seconda che si intenda lavorare full-time o part-time. Ai precedenti obblighi segue la presentazione facoltativa di un certificato di sana e robusta costituzione.
Più difficile la verifica delle misure previste dall’articolo 7. Dove si prevede che «per l’esercizio dell’attività di prostituzione è obbligatorio l’uso del profilattico». Farà probabilmente discutere la disposizione prevista nel seconda comma: «Nelle scuole secondarie di primo grado devono essere dedicate almeno venti ore l’anno a programmi e campagne di informazione, realizzate da specialisti altamente qualificati, volte alle prevenzione e alla riduzione del danno sanitario e sociale connesso al fenomeno della prostituzione».
A breve il disegno di legge inizierà il suo percorso in Parlamento. L’obiettivo è chiudere in tempi rapidi, nonostante i timori di alcune resistenze trasversali. L’iter di analoghi provvedimenti nelle precedenti legislature non autorizza grande ottimismo. «In passato ci sono stati troppi sabotaggi» racconta la senatrice Mussolini. Le Camere sono finalmente pronte per regolamentare la prostituzione? «Per la prima volta – continua la Mussolini – gli ultracattolici devono fare un passo indietro».