«Così i partiti e il Vaticano controllano le banche»

Presto una petizione in Parlamento

«Mi appello a Matteo Renzi, che per lungo tempo è stato un amministratore locale. Non sarebbe il caso di rottamare anche le vecchie pratiche e i legami tra politica, partiti, gerarchie ecclesiastiche e finanza?». Valerio Federico è il tesoriere dei Radicali italiani. In questi giorni ha preparato una lunga petizione che invierà a presidenti di Camera e Senato. È l’ultima battaglia del partito di Marco Pannella ed Emma Bonino. Riformare il sistema bancario e limitare l’influenza dei rappresentanti di partiti e Chiesa sugli istituti di credito italiani. 

Federico denuncia il circolo vizioso “tutto italiano” che coinvolge partiti e finanza. «La politica – si legge in un approfondimento del tesoriere radicale – controlla le fondazioni bancarie designando da Regioni, Province e Comuni i componenti dei board decisionali. A loro volta, le fondazioni bancarie condizionano le scelte delle banche grazie alle partecipazioni che ne detengono». Partecipazioni rilevanti. Secondo lo studio “Italian Banking Foundations” citato dalla campagna radicale, solo il 18 per cento delle fondazioni bancarie italiane ha abbandonato l’azionariato bancario. Mentre «il 15 per cento possiede oltre il 50 per cento delle azioni della banca di riferimento». Una realtà tutt’altro che secondaria. In Italia esistono 88 fondazioni bancarie. «Secondo i bilanci chiusi nel 2012 – spiegano i radicali – il loro patrimonio complessivo ammonta a circa 51 miliardi di euro». 

La campagna radicale solleva anche una questione di laicità. E sottolinea il ruolo della Chiesa cattolica nelle fondazioni bancarie. Come consentito dalla legge a seguito di alcune sentenze della Corte Costituzionale, la determinazione dei vertici delle fondazioni – in quanto espressioni di realtà territoriali – è attribuita non solo agli enti locali e alle Regioni, ma anche, ad esempio, alle università, alle camere di commercio e alle gerarchie ecclesiastiche. Se è nota la presenza di esponenti politici, o comunque personalità legate ai partiti, meno conosciuto è il ruolo della Chiesa. 

Eppure stando ai dati forniti dai Radicali, in sei delle prime sette fondazioni italiane, almeno un esponente proviene dalle gerarchie vaticane. C’è ad esempio un membro indicato dall’Arcivescovo della Diocesi di Milano nella Commissione Centrale di Beneficenza della Fondazione Cariplo. Un esponente nominato dall’Arcidiocesi di Siena, Colle di Val d’Elsa e Montalcino siede nella Deputazione Generale della Fondazione Monte dei Paschi di Siena. Sono tre, invece, i membri designati dai Vescovi di Verona, Vicenza e Belluno-Feltre presenti nel Consiglio Generale della Fondazione Cariverona. Ancora, è nominato dalla Conferenza Episcopale piemontese un membro del Consiglio di indirizzo della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino. La Curia Arcivescovile bolognese designa due membri del Collegio d’indirizzo della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e l’Ordinario diocesano di Firenze sceglie tra gli esperti di arte sacra un esponente del comitato di indirizzo della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze.

«Una presenza significativa» racconta Valerio Federico. «È sufficiente un solo uomo delle gerarchie cattoliche nei consigli per condizionare gli esponenti politici scelti dagli enti locali, in gran parte non intenzionati a creare frizioni con la Chiesa nell’assegnazione di fondi». Considerando che nel 2012 l’intervento sociale delle fondazioni bancarie è stato di 11 milioni di euro, per il radicale si tratta di un evidente conflitto di interessi. «Perché a differenza di università e camere di commercio, sul territorio è pieno di organizzazioni che operano nel sociale e sono direttamente legate alla Chiesa Cattolica, quindi “potenzialmente” favorite nel ricevere erogazioni da parte delle Fondazioni».

La battaglia radicale punta più in alto. L’obiettivo è una riforma del sistema bancario che definisca una netta separazione tra istituti di credito e fondazioni. Il legame tra partiti, fondazioni bancarie e banche – denunciano i radicali – è all’origine di molti problemi del capitalismo italiano. A partire dalla difficoltà di accesso al credito per i cittadini e le imprese. «Le fondazioni bancarie – si legge nell’appello – dovranno uscire dal capitale azionario, quindi dalle proprietà, delle banche e dedicarsi con maggior efficacia al loro compito istituzionale: aiutare le comunità locali di riferimento». 

Valerio Federico chiede l’intervento del presidente del Consiglio Matteo Renzi: «Da amministratore locale non ha mai detto nulla per rompere questo legame tra politica e finanza. Eppure guida il partito con il maggior numero di nominati nella fondazioni. Ci appelliamo alla sua volontà di rottamazione». Intanto entro pochi giorni verrà presentata ai presidenti Camera e Senato una petizione parlamentare, in allegato i radicali hanno già preparato una specifica proposta di legge. 

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