Un calo che dura da anni, dovuto alla crisi ma non solo. In Italia le gite scolastiche diminuiscono, spingendo alcuni a parlare di necessità di ripensarle, magari scegliendo mete vicine: costano meno e permettono di godere del patrimonio artistico e naturale del nostro Paese. Tra gli albergatori c’è chi reagisce applicando sconti alle classi, e chiedendo alle aziende di trasporto, che sono in parte o completamente pubbliche, di fare lo stesso.
In viaggio neanche metà delle scolaresche
Il quadro organico più recente disponibile riguarda lo scorso anno, e arriva dall’Osservatorio sul Turismo Scolastico del Touring Club. Da settembre 2012 a giugno 2013 è andato in gita il 42% delle classi di medie e superiori, per un totale di circa un milione e 400mila studenti, il 13% in meno dell’anno prima. Scende anche il fatturato connesso: 350 milioni, il 14% in meno. La diminuzione è stata più forte alle medie, dove è partita poco più di una classe su tre: nel 2011/12 lo aveva fatto la metà. In questo “comparto” gli alunni coinvolti sono calati del 31%, e il fatturato si è ridotto del 36 per cento.
Più stabili le cifre delle superiori, con il 46,5% di classi e 930mila studenti in gita: più o meno gli stessi dati dell’anno precedente. Se però guardiamo più indietro, il confronto descrive una situazione comunque difficile. Nel 2009/10 ai viaggi d’istruzione aveva partecipato il 60% delle classi. Nel 2007/08 il fatturato era sui 375 milioni; l’anno scorso si è fermato a 263.
Nessun miglioramento in vista
«Per l’anno in corso non mi aspetto una ripresa», dice Matteo Montebelli, responsabile dell’Osservatorio. «Purtroppo i fattori che finora hanno influito sul calo sono ancora lì. Il primo è la crisi, che riduce il budget delle famiglie. Il secondo è la motivazione degli insegnanti, diminuita con la soppressione delle diarie per chi accompagna i ragazzi». Perché il 2012/13 è stato duro soprattutto per le medie? «A quell’età spesso gli studenti sono portati in visita per una sola giornata. Magari molti hanno preferito fare una o due uscite di questo tipo invece di una gita, cioè un viaggio con almeno un pernottamento».
Il rilancio potrebbe nascere da due cambiamenti. «Innanzitutto bisogna tornare a dare un riconoscimento ai professori che vanno in gita», sottolinea Montebelli. «Negli ultimi anni le diarie per le trasferte sono state eliminate. Da qualsiasi altro professionista sarebbe impossibile pretendere un’assunzione di responsabilità così pesante a fronte di nessuna ricompensa. In secondo luogo si potrebbe ripartire da mete più vicine, italiane. Una visita di 5 giorni a Berlino o Parigi può essere fatta anche autonomamente, con genitori o amici. Il viaggio d’istruzione può far scoprire luoghi del nostro Paese molto interessanti, ma che agli alunni non verrebbero mai in mente».
Il parere del preside
L’Associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della Scuola conferma che il calo delle gite è continuato anche dallo scorso settembre in poi. «La diminuzione dura da qualche anno», dice il presidente Giorgio Rembado. «Pesano le difficoltà delle famiglie e il disamore degli insegnanti. Ormai chi accompagna i ragazzi viene pagato esattamente come quando è in classe, senza nessun riconoscimento economico in più. Rispetto al passato, poi, i professori sono più consapevoli dei rischi a cui vanno incontro assumendosi la responsabilità di seguire gli studenti».
Anche Rembado parla di necessità di “ripensare” le gite. «La scuola deve aprirsi all’esterno, al territorio che la circonda. Gli alunni devono conoscere opere d’arte, istituzioni, aziende presenti nella loro zona. Bisogna approfondire gli aspetti artisticamente rilevanti del comune, della provincia e della regione, e serve più collegamento tra il mondo dell’istruzione e quello imprenditoriale».
Paghi per uno, dormi in due
La crisi delle gite ha già prodotto un risultato concreto. L’Associazione italiana alberghi per la gioventù ha lanciato una promozione: 50% di sconto su pernottamento e colazione per le classi che entro fine giugno prenoteranno ed effettueranno un soggiorno in città come Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo e Roma. «Le 12 strutture coinvolte», spiega Carmelo Lentino, segretario nazionale dell’Associazione, «sono le più grandi, che gestiamo direttamente e sono nelle zone di maggior afflusso, sia per il turismo scolastico che per quello complessivo. Invece che 15 o 18 euro a notte, uno studente ne spenderà al massimo 9. Il nostro è un intervento sociale, senza fini commerciali, dato che siamo un ente morale e assistenziale».
Lentino sfida gli altri soggetti legati al settore a fare la loro parte. «Anche aziende di trasporto che sono parzialmente o del tutto pubbliche dovrebbero ridurre i prezzi. Dietro il calo delle gite c’è un problema prevalentemente economico. Nell’ultimo anno e mezzo abbiamo ospitato il 30-40% di alunni in meno. In molti casi non si tratta di annullamento dei viaggi, ma di riduzione della loro durata. Secondo studi che ho letto nei giorni scorsi, quest’anno due studenti su tre sarebbero costretti a rinunciare per i costi eccessivi». In attesa di nuove entrate nelle tasche dei genitori.