Renzi fa la televendita delle riforme

Il piano del governo per il Paese

«La svolta buona» è la versione istituzionale e più rassicurante della rottamazione. E incidentalmente anche il titolo del documento che Matteo Renzi presenta al termine del Consiglio dei ministri. È presto per sapere se le colorate slide che il premier mostra orgoglioso siano un libro dei sogni o il più ardito processo di riforme che il nostro Paese abbia mai conosciuto. L’impressione è che stavolta  l’ex sindaco di Firenze abbia deciso di giocarsela fino in fondo. Senza appelli. «Se non si riesce a riformare il bicameralismo perfetto chiudo con la politica» giura. Un po’ comizio elettorale un po’ televendita. Gli impegni sono tanti, davvero. La riduzione delle tasse, la scuola, la casa, il lavoro. «Saranno cento giorni di lotta dura per cambiare pubblica amministrazione, fisco e giustizia», galvanizza gli elettori uno dei titoli del programma. Il contratto con gli italiani da firmare in televisione non c’è, al suo posto un’accattivante brochure pubblicitaria anticipa i prossimi interventi che rivoluzioneranno il Paese. 

L’aveva dimostrato durante le primarie del Partito democratico e nei primi interventi in Parlamento. Matteo Renzi è uno dei comunicatori più abili. Oggi lo conferma. Il presidente del Consiglio presenta il suo programma di riforme a Palazzo Chigi, davanti ai giornalisti, ma si rivolge direttamente agli italiani. Esperto nel coinvolgere l’elettorato, se il premier sarà altrettanto capace di concretizzare i tanti annunci l’Italia volterà davvero pagina.

Coraggioso, sicuramente determinato. Renzi assicura dal primo maggio mille euro in più l’anno ai lavoratori dipendenti che guadagnano fino a 1.500 euro al mese. E ancora, «sblocco immediato e totale dei debiti della pubblica amministrazione». In alcuni passaggi la sindrome della macchietta diventa un rischio evidente. Come quello sulle autoblù. Alleggerire il parco auto dei ministeri è sicuramente uno dei provvedimenti più attesi e popolari. Annunciarlo con l’enfasi di una réclame – per quanto il tono volesse essere ironico – rende inevitabile il paragone con i più abili piazzisti televisivi. «Vendesi auto, quasi nuova, colore blu» racconta la slide. Il colpo di genio è nel dettaglio. Le odiate vetture, simbolo più immediato della Casta, saranno dismesse dal 26 marzo al 16 aprile con un’asta online. Particolare superfluo, ai fini dell’obiettivo. Ma in grado di solleticare l’immaginario popolare.

Semplice, chiaro, efficace. «Cari italiani – annuncia Renzi – oggi c’è un governo che vi dice che dal primo di maggio mettiamo 10 miliardi di euro per 10 milioni di persone. A dispetto dei gufi, questa cosa è fattibile. Cari imprenditori, 10 per cento in meno di Irap, 10 per cento in meno di costo dell’energia. Cari italiani ad aprile ci sarà la riforma della P.A., a maggio la riforma del fisco, a giugno la Giustizia». Per chi non avesse colto il senso dell’iniziativa, il presidente del Consiglio ricorre a una sintesi ancora più estrema: «Non si è mai visto un percorso di riforme così significativo».

A scorrere la pagine de «La svolta buona» viene spesso in mente Carosello. «Sprovincializzamoci!» è lo slogan che annuncia la riforma del titolo V della Costituzione. Sarebbe altrettanto efficace per un detersivo. Il carrello pieno di spesa che accompagna la riforma del fisco è di impatto ancora più immediato. Nella lunga serie di interventi c’è di tutto, anche di più. Persino «le riforme di cui non parliamo oggi». Siamo all’annuncio dell’annuncio. «Pronti? Si parte!»: un’altra slide carica gli italiani che assistono allo show in diretta tv. A corredo la fotografia di un centometrista allo start. E se è vero che “la classifica del fare” ricorda troppo da vicino l’omonimo decreto di Enrico Letta, risulta azzeccato l’accostamento di una spada giapponese dove si promettono “100 giorni di lotta durissima” per cambiare l’Italia. 

Renzi si gioca molto, rischia. E probabilmente fa bene. Giura di non voler vendere sogni. «Non possiamo cambiare il mondo da domani mattina… ma in Consiglio dei ministri si sono fatti gli atti irreversibili perché dal primo maggio nelle buste paga dei lavoratori sotto i 25 mila euro ci sia un intervento vero». Del resto, in perfetta continuità con Giorgio La Pira, il presidente del Consiglio assicura di non essere entrato in politica per un’ambizione personale. «Faccio politica perché questo è lo strumento per difendere la povera gente». Parla alle persone Matteo Renzi. Nel Partito democratico la pazienza è al limite? «Al limite della sopportazione ci sono i cittadini – spiega lui – verso una classe politica che ha il compito di dare segnali chiari». Il riferimento è alla legge elettorale, che tanti problemi ha creato nel Partito democratico. «Mai più larghe intese, chi vince governa 5 anni» celebra il presidente del Consiglio salutando l’approvazione della riforma a Montecitorio. Parla di «cambio culturale», ma omette di ricordare che il passaggio al Senato sarà ancora più ostico. 

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