Matteo Renzi tira avanti sulla riforma del Senato: «Non so se ci sarà il lieto fine, ma di certo è un buon inizio». Dopo due ore di riunione, il Consiglio dei ministri approva all’unanimità il disegno di legge. Subito dopo è il presidente del Consiglio a illustrare alla stampa il varo della riforma di Palazzo Madama. Al suo fianco è il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi a spiegare nel dettaglio l’atteso provvedimento. I rappresentanti del governo ostentano ottimismo: Renzi blocca sul nascere le polemiche interne al Partito democratico («Non sono preoccupato, so cosa vuole la base del Pd») ed esorcizza i timori di uno scontro con il centrodestra di Silvio Berlusconi («Sono tranquillo, non temo Forza Italia»). A vele spiegate verso il cambiamento, insomma. Anche se, ben celate dietro le certezze dell’esecutivo, si nascondono diverse preoccupazioni.
L’Italia cambia verso? Non ancora. «La quadra», come diceva l’ex leader della Lega Nord Umberto Bossi, è ancora lontana. La riforma del Senato s’incardina in una fase particolarmente delicata della legislatura. A maggio le elezioni europee testeranno la tenuta dei democratici (l’obiettivo è stato fissato al 30 per cento dei consensi). E non è un caso se la prima approvazione della riforma del Senato è stata calendarizzata entro il 25 del prossimo mese, in tempo per la campagna elettorale.
Il momento, si diceva, è pieno di insidie. Prima delle urne, il governo dovrà provvedere al rinnovo delle nomine nelle aziende pubbliche. Senza dimenticare alcune scadenze particolarmente preoccupanti: l’approvazione della legge elettorale e l’ipotesi degli arresti domiciliari per Silvio Berlusconi. Èun mix esplosivo che Renzi sta cercando di gestire con la destrezza del politico navigato. Secondo quanto trapela dal Nazareno, sede del Pd, l’impressione è che il presidente del Consiglio continui ad alzare l’asticella, sfida dopo sfida, per poi capitalizzare in caso di fallimento. «Nel senso che se va male, a ottobre potrà giustificarsi addossando la responsabilità a chi ha bloccato le sue riforme. E andare così a votare nell’aprile del 2015», spiega un democratico.
Sarebbe una campagna elettorale tutta in discesa, nelle aspettative del premier. Gli argomenti per convincere gli italiani non dovrebbero mancare. Le prime mosse dell’esecutivo Renzi diventeranno altrettanti argomenti da presentare agli elettori più indecisi. Gli ottanta euro in busta paga alle famiglie in difficoltà, la cancellazione del Senato e il superamento delle province. Senza dimenticare l’Italicum: «Una legge elettorale chiara – ricordava stasera il presidente del Consiglio – dove c’è chi vince e chi perde». Abbastanza – ne è convinto l’ex rottamatore – per sgonfiare il fenomeno Grillo e passare all’incasso al momento del voto.
L’eventualità di un’elezione anticipata non è poi così lontana. Ufficialmente Renzi assicura di non aver neppure preso in considerazione lo scenario. In realtà anche lui è pronto alla sfida. In queste ore si è aperto uno scontro con Forza Italia sui tempi di approvazione delle riforme istituzionali. I capigruppo berlusconiani vorrebbero anteporre la seconda lettura della legge elettorale, mentre la maggioranza chiede priorità assoluta per il superamento di Palazzo Madama. Risolta la questione, rimane la riforma del Senato. In Aula non sarà semplice mettere d’accordo alcuni esponenti del centrosinistra con Berlusconi, tra il malumore del presidente di Palazzo Madama Piero Grasso e gli appelli di Gustavo Zagrebelsky e di Stefano Rodotà. Proprio Grasso ha scritto su Facebook: «Rivendico la possibilità di poter esprimere la mia opinione sui temi della politica senza che nessuno possa temere o ipotizzare una parzialità nell’esercizio delle mie funzioni di presidente». Il riferimento, ovviamente, alle «reazioni alla mia intervista su come immagino il Senato del futuro».
Sulla tenuta del Partito democratico, Renzi ostenta sicurezza. «Se qualcuno vorrà assumersi la responsabilità di far fallire questo percorso – dice in conferenza stampa a Palazzo Chigi – lo farà». A sentire alcuni esponenti dem, i dubbi sono tutt’altro che dissipati. Lo ribadisce la senatrice del Pd Angelica Saggese: «Vogliamo riformare il Senato, ma non possiamo accettare un progetto a scatola chiusa. Serve un confronto e spero che Renzi lo accetti». Federico Fornaro, senatore del Pd, lo dice chiaro e tondo: «Il Senato non svolgerà nelle prossime settimane un ruolo di semplice ratifica degli accordi presi fuori dal Parlamento da Renzi e Berlusconi». Le trattative sono in corso, insomma. Si cerca di soddisfare tutti. Anche se per qualcuno il vero nodo da sciogliere resta l’Italicum, la riforma elettorale. C’è persino chi riferisce che Berlusconi avrebbe già studiato una via d’uscita: potrebbe fare la voce grossa sulle nomine delle aziende pubbliche per poi far saltare il banco.