Più donne in Europa, ma senza fretta. Stamattina la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva il disegno di legge che modifica le norme per l’elezione del Parlamento Europeo. Un provvedimento atteso, destinato a tutelare la rappresentanza di genere. Ma solo a partire dal 2019.
Senza colpi di scena, a Montecitorio regge l’accordo faticosamente trovato in Senato tre settimane fa. Alla fine il testo passa con 338 sì e 104 no. Un’approvazione a tempo di record: l’esame in commissione è durato tre giorni, solo poche ore per la discussione in Assemblea. E così l’intesa tra Forza Italia-Partito democratico e Nuovo Centrodestra diventa legge. Un documento di due soli articoli che, nelle intenzioni dei firmatari, garantirà una maggior presenza di europarlamentari italiane a Bruxelles. Per qualcuno è un accordo al ribasso, per altri un compromesso necessario. Sicuramente è un passo avanti rispetto alla recente bocciatura delle quote rosa – con voto segreto – durante l’esame dell’Italicum.
La riforma entrerà in vigore tra cinque anni. Anche se qualche lieve novità sarà introdotta già alle elezioni del prossimo maggio. Merito di una piccola norma transitoria. Il primo articolo del testo prevede che fin dalla prossima tornata elettorale, «nel caso di tre preferenze espresse, queste devono riguardare candidati di sesso diverso, pena l’annullamento della terza preferenza». Insomma, chi decide di indicare tre candidati al Parlamento europeo, dovrà fare lo sforzo di scegliere almeno in terza battuta un politico di genere differente. Altrimenti il suo voto – ma solo l’ultimo – non sarà valido. Non proprio una rivoluzione.
Sicuramente più rilevanti le modifiche che entreranno in vigore dalle elezioni successive. Stavolta la parità di genere sarà pienamente garantita. «All’atto della presentazione – spiega il primo comma del secondo articolo – in ciascuna lista i candidati dello stesso sesso non possono eccedere la metà, con arrotondamento all’unità». Non solo. «Nell’ordine di lista – prosegue la norma – i primi due candidati devono essere di sesso diverso». E almeno su questo punto bisogna riconoscere che il Partito democratico si è già portato avanti con il lavoro. Nel pomeriggio la direzione dem ha confermato la proposta di Matteo Renzi, inserendo una donna in cima a ogni lista elettorale. Saranno Alessia Mosca nella circoscrizione Nord Ovest, Alessandra Moretti nel Nord Est, Simona Bonafè per il Centro, Pina Picierno al Sud e Caterina Chinnici nel collegio Isole. Ampia la presenza femminile, considerato che il 40 per cento delle liste Pd sarà composto proprio da donne.
Intanto il Parlamento plaude alla nuova disciplina. Per molti il voto di oggi introduce definitivamente le quote rosa nell’ordinamento. Per altri è la semplice conferma del principio di pari opportunità già previsto dalla Costituzione. Al netto di un confronto in punta di diritto, qualcosa sembra davvero essere cambiato.
Quando tra cinque anni la norma entrerà in vigore, spetterà all’ufficio elettorale circoscrizionale il compito di verificare che ogni partito rispetti le norme. In caso contrario, l’organismo potrà ricorrere al bianchetto, «cancellando i nomi dei candidati appartenenti al genere più rappresentato, procedendo dall’ultimo della lista, in modo da assicurare il rispetto della medesima disposizione». E se la lista diventa troppo corta? «Qualora la lista, all’esito della cancellazione delle candidature eccedenti, contenga un numero di candidati inferiore al minimo prescritto, (l’ufficio elettorale, ndr) ricusa la lista». Le segreterie di partito sono avvertite. Il tempo per correre ai ripari non manca.