Wanda Nara si ritira da Twitter. La notizia, che in altri tempi avremmo probabilmente accolto con un sonoro sticazzi, e probabilmente catalogato nella storica rubrica del chi se ne sfrega di Cuore, oggi non può essere ignorata o presa sottogamba, persino da chi legittimante ignora chi sia Wanda Nara. In primo luogo perché – come già accadde con Enrico Mentana – ci rivela che i social network stanno stringendoci in un abbraccio così asfissiante da ribaltare ogni rapporto gravitazionale nelle convenzioni correnti: fa più notizia sottrarsi a Twitter che entrare a farne parte, mi si nota di più se non vado, direbbe Nanni Moretti, perché l’andarci è ormai scontato per qualsiasi personaggio pubblico. Ed è importante, questa notizia, per la gravità dell’intreccio che sottende, «Me despido del Twitter», scrive questa piccola diva della Rete, lasciando orfani la bellezza di un milione e settecentomila fan, «Per amore dei miei figli». Ed è ovvio che merita di essere spiegato questo paradosso per cui una madre pensa che possa essere normale porre i termini di questa curiosa equazione, o scegli la fedeltà all’uccellino, o scegli la fedeltà agli affetti più cari. Ecco perché occorre riassumere la vicenda – apparentemente di gossip – di cui questo struggente addio è solo l’epilogo.
Lui, Lei e L’altro, all’inizio è solo la storia più antica del mondo, un triangolo argentino. E poi però di mezzo ci sono il mondo del calcio, un matrimonio infranto, e i bambini. E quindi – appunto – l’uso galeotto di Twitter come strumento che manda in cortocircuito il rapporto tra pubblico e privato. E a quel punto ci sono l’assedio del circo mediatico, la stretta di mano platealmente rifiutata in diretta tv dal marito sconfitto. Ma anche l’evocazione della simbologia ancestrale del gesto delle corna, esibite pubblicamente dal nuovo compagno della ex moglie come una rivendicazione mediatica di machismo agonistico. Quindi cori in curva, gestacci ai tifosi, il dilemma umano del vincitore che cede alla tentazione di infierire sul suo rivale vinto. E infine il palcoscenico teatrale, ma anche lo specchio deformante del campionato, che trasformano questo racconto d’appendice in un melodrammone italiano da rotocalco, a metà strada tra la commedie humaine di Balzac e Alvaro Vitali.
Il tweet di Mauro Icardi, poi cancellato, con le “cornitas”, dopo la doppietta per l’Inter contro la Sampdoria
Da lunedì scorso, da quando cioé la foto delle corna recapitata (a mezzo social network) dal campioncino baldanzoso Mauro Icardi al rivale in amore Maxi Lopez ha fatto il giro del mondo, concludendo l’ennesima puntata di una lunga telenovela con un colpo di scena, questa storia è entrata nel circuito dei media e dei giornali e ha smesso di essere appannaggio esclusivo delle masse di iniziati che seguono il campionato di serie A e il suo corollario di miti. Questa storia è diventata una storiaccia, ma anche un apologo sulla potenzialità distruttiva di alcune famiglie allargate, degli uccellini dei social network e del nuovo duello rusticano.
Anche perché la storia comincia con un intreccio da telenovela che si incardina intorno a Lei, la protagonista assoluta che apparentemente resta un passo indietro, ma che invece è sempre in cabina regia: lei è appunto Wanda Nara, fanciullona platinata, argentina anche lei, modella, supercarrozzata con quarta di reggiseno, di quelle che diventano starlette un po’ perché dicono di fare le attrici, e un po’ perché sposano un calciatore. Wanda – classe 1986 – si affaccia alla ribalta delle cronache a venti anni per una storiella con Diego Armando Maradona. Wanda attrice teatrale, Wanda di nuovo in copertina un anno dopo, protagonista di un cliccatissimo video hard eloquentemente intitolato “sexo oral” (in cui – con grande delusione dei fan – lei sostiene di essere stata sostituita da una controfigura). Wanda bersaglio preferenziale delle web testate pruriginose e delle riviste di gossip, una che con le sue foto terremota regolarmente i volumi di traffico dei siti internet.
Wanda Nara e Mauro Icardi (Claudio Villa/Getty Images)
Eppure Wanda all’inizio di questa vicenda è solo la ragazza giovane e sorridente che ha scelto Maxi, un talentuoso attaccante argentino dai capelli lunghi e biondi – “El rubio” – che pare lanciato verso l’empireo, dalla sua Argentina alla Spagna del Barcellona, dal Brasile al Milan. Maxi e Wanda – lei con un nome da cartone animato, lui con un nomignolo che sembra portare inscritto un destino da primato – si sposano nel 2008, hanno tre figli. Ed è a questo punto, quando la parabola di Maxi tocca la lanterna della Sampdoria, nella fatidica stagione 2012–2013, che alla coppia di sposini da copertina si aggiunge l’amico più giovane, quasi un discepolo (anche lui argentino, anche lui attaccante): Il terzo incomodo si chiama Mauro Icardi, uno spilungone con il visino da cucciolo e il sorriso malandrino, lo chiamano “El niño” o anche “Maurito” per il suo aspetto angelico, che fa da contrappunto a un istinto per il goal da velociraptor.
Maxi ha una carriera sportiva tormentata, parallela alla sua vita privata, cade e risorge, segna ma viene tormentato dagli infortuni, poi cade ancora, a novembre gli piomba il cielo sulla testa: si separa da Wanda e finisce declassato, al Catania, costretto a lottare per la salvezza, ma anche privato della maglia di titolare. Lei racconta il suo sdegno in una intervista a Chi: «L’ho trovato con la governante mentre io dormivo con i bambini». Il cattivo sembra lui, marito infedele da romanzo. Ma ecco che salta fuori l’altro, l’ex amico fraterno, l’ex fratellino minore, Mauro. La sua carriera, con un moto contrario a quella di Maxi, è in ascesa: approda all’Inter, si fidanza con la femme fatale, si inserisce nella vita di Maxi, diventa il genitore acquisito dei suoi tre figli. «Quando mi sono messa con lui – giura Wanda – con Maxi era tutto finito». Non le credono, non solo i fan dei due contendenti, ma anche gli amici. Nella comunità degli argentini d’Italia la vicenda fa così scalpore che interviene persino Diego Armando Maradona: «Secondo me – si spinge a dire El pibe – Icardi è un traditore. Va a casa di Maxi Lopez, gioca a fare l’amico e poi gli soffia la donna. Questo è tradimento. Ai nostri tempi – conclude con spietatezza Maradona – solo se guardavi la donna di un compagno, nello spogliatoio ci saremmo alternati per prenderlo a pugni». Codice d’onore da rettangolo verde? Solidarietà venata di maschilismo? Difficile dirlo.
Wanda Nara e Maxi Lopez, nel 2012 (Jacopo Raule/Getty Images for Audemars Piguet)
Ma intanto Maxi soffre, anche calcisticamente (al Catania lo vogliono vendere) e, solo alla fine di questo tormentato anno, in campo risorge. A gennaio viene richiamato alla Sampdoria dove tutto è cominciato, dall’allenatore che più lo ha apprezzato, Sinisa Mihalovic: arriva a segnare nel derby di Genoa, ritorna miracolosamente idolo dei tifosi blucherchiati. Ma in una intervista a Sky, alla vigilia della fatidica partita con l’Inter si riaccende il dramma familiare solo apparentemente sopito. In questa intervista della vigilia con una sola voce parlano in due: da un lato il giocatore risorto che lancia la sua sfida («Ci sono tante cose che rendono questa partita molto interessante, ci saranno sensazioni personali particolari»), dall’altro il padre spodestato, che regala uno sprazzo di amarezza sulla sua condizione di genitore in sofferenza: «Non mi sta bene che pubblichino foto con i miei bambini». Le foto sono quelle che Maurito posta di continuo, proprio sul suo account Twitter: Icardi con Wanda e i figli di Maxi, Icardi che accompagna al parco il piccolo Valentino, la famiglia ricomposta al completo, in treno o per la strada. L’amarezza di Maxi, con i suo capelli biondi, ricorda quella del marito della ministra Cecile Kienge, che in una celebre intervista a Libero denunciava il portavoce (poi licenziato) della moglie: «Non so come è riuscito ad apparire, in tutte le foto di un viaggio a Venezia, sempre al fianco delle mie figlie!».
E così domenica scorsa tutto precipita di nuovo: nel rito iniziale della stretta di mano che precede la partita Icardi tende il palmo, e Maxi Lopez resta glaciale. Esprime il suo rifiuto con il corpo, sembra Enrico Letta con Matteo Renzi alla cerimonia del campanello: non vuole lavare con l’ipocrisia la ferita del tradimento. La curva della Sampdoria lo vede, esplode in un boato, inizia a intonare cori orribili contro Icardi: “Devi morire” e tutto quel che si può immaginare. Forse Icardi dovrebbe pensare a quei bambini che lo aspettano a casa, a Valentino – il più grande – che ogni domenica accoglie il genitore acquisito, ma solo dopo aver telefonato al padre legittimo, per dirgli se gli è piaciuto come ha giocato. Ma invece Icardi ha solo venti anni, segna due goal e corre sotto quella curva (di cui era stato beniamino) e fa il gesto degli orecchioni con le mani: cos’è che dicevate? Eh? Cos’è che gridavate? Con questo gesto plateale la sua doppietta smette di essere una vittoria e diventa una vendetta.
L’esultanza polemica di Mauro Icardi dopo la doppietta contro la Sampdoria, lo scorso 13 aprile (Pier Marco Tacca/Getty Images)
Mentre il dramma si celebra: Maxi, che avrebbe voluto dedicare un goal a suo figlio, si ritrova davanti il portierone dell’Inter per tirare un rigore. E sbaglia, sbaglia, maledizione, sbaglia. «Sono sicuro – commenta Giampiero Mughini a Tiki Taka – che gli è passata davanti una vita. Ed è corsa via in un momento».
Eppure l’epilogo che nessuno si aspetta non è nemmeno quello, ed arriva il giorno dopo, ancora una volta a mezzo Twitter. A Icardi non basta la doppietta. Maurito vuole prendersi una soddisfazione in più, vuole stravincere. E allora ecco su Twitter la foto della sua mano che si incastra nel volante a “V” di una Volvo: il gesto delle corna. Per infierire sul suo rivale, a freddo, anche se ovviamente l’ufficio stampa dell’Inter (e chi gli vuol bene) si affanna per trovare una giustificazione improbabile, questa: in quel gesto non c’era nessuna allusione all’ingiuria parentale, quell’indice e quel mignolo, spiegano, sono delle “cornitas” argentine, e vogliono dire solo “Due”. Due goal.
Questa è una storia a metà fra Balzac e Alvaro Vitali, ma forse è una delle più feroci che si siano celebrate sulla ribalta mediatica di una diretta televisiva: forse non è l’ultima della stagione del gossip è la prima di un nuovo tempo in cui i social network cambiano l’idea stessa del rapporto tra pubblico e privato, quel labile confine. Questa è una storia di stress mediatico in cui lo sport sempre più assomiglia alla politica, e in cui non ci sono né lieto fine né morale, e in cui l’addio di Wanda Nara a Twitter acquista una forza drammaturgica simile all’addio ai monti dei Promessi sposi, segna un epilogo.
Maurito dopo le sue cornitas è stato premiato, ha conquistato una doppia pagina di apertura sulla Gazzetta dello sport, con un titolo che pare un trionfo: “Corna–tweet dopo il goal, com’è duro trattenere lo scatenato Icardi”. Adesso tutti vogliono comprarlo, la celebrità mediatica che lo ha messo in vetrina si nutre di un complesso impasto in cui tutto contribuisce a creare un’aura, anche l’interesse (morboso) del pubblico per la social condivisione della sua famiglia acquisita. Ma forse qualcosa (se non la coscienza un ufficio stampa) suggerisce a lui – o almeno a lei, a Wanda che anagraficamente ha otto anni di più – di lasciare fuori i bambini dalla promozione di coppia. Maxi si affida agli avvocati per chiedere una inedita web inibizione: una ammenda di 5mila euro per ogni pubblicazione su Twitter di una foto di suo figlio. Il divorzismo diventa social, e questo ricordo – anche se per ora non c’è ne rendiamo conto – farà scuola. Maxi che sbaglia il rigore della vita, ma che tutela la sua dignità di padre.
Per una volta l’errore dello sconfitto è meno sgradevole della baldanza del trionfatore. Anche perché Wanda Nara lascia Twitter ma il centravanti nerazzurro ci resta. Forse qualcuno dovrebbe spiegare a Icardi che chi non impara a vincere non può nemmeno imparare a perdere. Forse dovremmo pensare che sempre di più, attraverso quello che noi continuiamo scaramanticamente a definire Gossip, passa la riscrittura del costume.