Era una sfida che gli osservatori paventavano da anni, senza che nessun leader riuscisse mai nell’impresa: ampliare il bacino di consenso. Con il 40% del Pd alle elezioni europee il centrosinistra a trazione renziana riesce a scrollarsi di dosso la «vocazione minoritaria» superando il recinto dei propri elettori per pescare anche al centro, a destra e tra gli elettori “post-ideologici”. Un’operazione di allargamento dei confini elettorali che Matteo Renzi caldeggiava sin dalla prima Leopolda e che oggi, nella veste di premier, può inserire nel portafoglio di Palazzo Chigi per rafforzare il percorso di governo.
L’analisi dei flussi di voto dal 2013 realizzata da Swg per SkyTg24 chiarisce i movimenti alla base della vittoria democratica. La strategia dell’estensione del parco elettorale fa sì che Renzi possa permettersi il lusso di perdere una manciata di voti in uscita verso l’estrema sinistra, circa 230mila donati alla neonata lista Tsipras. I flussi dicono che rispetto alle politiche dello scorso febbraio il Pd avrebbe confermato 6,6 milioni di voti cedendone poco più di due milioni, ma il saldo è positivo per i democratici che incassano 4.570.000 nuovi voti. Se da una parte il Nazareno riesce a drenare l’astensione, una valanga di nuovi consensi arriva da Scelta Civica che in un colpo solo si prosciuga “regalando” al Pd 1.270.000 voti. Alla voce incassi risultano anche 750mila preferenze che arrivano dai delusi del Movimento 5 Stelle, 430mila i voti in fuga dall’ex Pdl.
Elaborazione Swg per SkyTg24
L’elaborazione dei risultati delle elezioni europee realizzata dall’Istituto Cattaneo aggiunge un dettaglio: «Il Pd è avanzato in tutte le regioni (tranne che in Sardegna) ed è il primo partito in tutte le regioni nonché in testa in tutte le province italiane tranne Bolzano, Isernia e Sondrio». In termini percentuali il risultato del Partito democratico si traduce in una crescita del 29% rispetto alle scorse politiche del 2013 e del 40% rispetto alle europee di cinque anni fa. Oggi l’avanzata si concentra soprattutto al Nord ovest (+35%) e al Sud (+28%), storico tallone d’Achille del Matteo Renzi rottamatore. Le grandi città diventano gli avamposti della marcia trionfale democratica: a Milano il Pd tocca quota 45%, lasciando per strada Forza Italia (16,6%) e Movimento (14,2%). Torino è una sorta di Stalingrado democratica (45%) e a Roma il Pd supera il 43%, mentre l’M5s si ferma al 24,9% e Forza Italia al 13,4%. Tiene anche Napoli, dove il Pd intasca il 40,8%, surclassando ancora M5s (26,4%) e Forza Italia (18,3%) mentre a Palermo i numeri sono più contenuti ma netti: Pd al 34,2%, M5s al 29,3% e Forza Italia al 19,4 per cento.
In area berlusconiana il saldo è decisamente negativo. A fronte di 3.640.000 voti confermati, ne vengono ceduti 3.690.000 mentre i nuovi si attestano a 960mila. Se a febbraio 2013 i cittadini ad aver scelto Berlusconi erano 7.330.000 oggi sono 4.600.000. Seguendo i calcoli di Swg per SkyTg24 nel campo delle “cessioni” la fetta più grossa degli elettori in uscita è rappresentata dagli astensionisti (1.750.000), seguono 470mila elettori sedotti dai “cugini” del Nuovo Centrodestra mentre 430mila fanno il salto dello steccato e passano al centrosinistra di Matteo Renzi. Ma Forza Italia perde anche 410mila elettori in uscita verso il Movimento 5 Stelle e 340mila approdati alla Lega, mentre le crocette ex azzurre passate a riempire le schede di Fratelli d’Italia si fermano a 220mila. Dall’analisi dell’Istituto Cattaneo emerge un dato che riassume il trend discendente: le forze di centrodestra guidate da Berlusconi fino a pochi mesi fa hanno complessivamente perso il 27% rispetto alle politiche e oltre la metà dei consensi avuti alle europee del 2009 (-54,5%).
Il day after del Movimento 5 Stelle è costellato di delusione e recriminazioni. La parola d’ordine è autocritica e più di qualche parlamentare si chiede «perché non siamo riusciti a convincere una fetta dei tanti astenuti». Gli uomini di Grillo e Casaleggio lasciano per strada un terzo dei propri consensi (-33,4%) rispetto alle politiche del 2013. La debacle si concretizza anche geograficamente con l’Istituto Cattaneo che sottolinea: «La maggiore contrazione si è registrata nella circoscrizione Isole (-44,4%) e nel Nord-Est (-37%)». A onor di cronaca c’è l’esempio della Sicilia dove appena un anno fa il Movimento viaggiava al 33% contro il Pd al 18%. Oggi democratici ribaltano i rapporti di forza: 41,6% contro il 26% del grillini, che a livello nazionale risultano secondo partito in 84 province e terza forza in 14 casi.
L’analisi dei flussi elaborati da Swg per SkyTg24 registra un saldo nettamente negativo: tre milioni di voti persi dall’anno scorso, 750mila dei quali vanno ad ingrossare le urne di Matteo Renzi, 190mila sono invece gli elettori che avrebbero abbandonato Grillo per la Lega Nord e 130mila quelli fuggiti verso i Fratelli d’Italia. Ma la vera emorragia è rappresentata dai 2.150.000 voti finiti nel cestino dell’astensione. I pentastellati limitano i danni in Campania, lottano fino all’ultimo in Abruzzo sfiorando il 30% (29,7) e attestandosi a poche lunghezze dal Partito democratico, vittorioso col 32,4 per cento. Il Movimento tiene anche in Molise dove raccoglie un 27,3% a fronte del 31,2% degli uomini di Renzi mentre in Sardegna riesce a superare quota 30% (30,5) anche se il Pd mantiene le distanze al 38,7. «Come spesso accade ai movimenti “estremi/radicali” – scrive l’Istituto Cattaneo – a potenti fasi di avanzata spesso segue una fase di assestamento o contrazione dovuta a elementi congiunturali ma anche dalle “mancate promesse” che l’assenza dal governo inevitabilmente genera».
Il segno più accompagna invece la performance della Lega Nord che rispetto alle scorse politiche conferma 890mila voti del 2013, ne incassa 800mila nuovi cedendone 500mila: il travaso in favore di via Bellerio arriva per lo più da M5s e Forza Italia. Se il paragone con un anno fa permette a Matteo Salvini di esultare, il raffronto con le Europee del 2009 è però impietoso e segna una contrazione pari al -46% di consensi. Per l’Istituto Cattaneo è prematuro parlare di un effetto Salvini, «in ogni caso il Carroccio ha temporaneamente bloccato l’emorragia di consensi che ne ha messo in discussione la sopravvivenza dal 2011 in poi».
Tra i piccoli si salva il Nuovo Centrodestra di Alfano che riesce a inglobare una fetta di elettori berlusconiani e le briciole seminate per strada da Scelta Civica, oltre ai 200mila portati in dote dall’alleato Udc e ai circa 100mila elettori in uscita dai Cinque Stelle. Infine c’è l’Altra Europa per Tsipras che, oltre ai voti conquistati dal Pd, può contare sugli oltre 400mila voti del portafoglio di Sinistra Ecologia e Libertà, i 200mila di Rivoluzione Civile ma anche un tesoretto di 120mila elettori che hanno abbandonato Beppe Grillo. La compagine italo-greca è fortemente sbilanciata sul piano geoelettorale e le maggiori soddisfazioni le raccoglie al Nord. Infine se si confrontano i risultati della lista Tsipras con quelli ottenuti alle europee del 2009 da Sel e Rifondazione Comunista la perdita di voti è pari a quasi la metà (-48%,8%), che tradotto in numeri fa 1.050.348. La matematica politica, quella sì, è sempre un’opinione.