La piccola delegazione parlamentare ha trascorso la notte nel carcere romano di Regina Coeli, a Trastevere. Guidati dal presidente della commissione per i diritti umani, Luigi Manconi, e dal sottosegretario Ivan Scalfarotto, deputati e senatori hanno visitato i detenuti rinchiusi nelle sezioni 1, 3 e 5 fino alle prime luci dell’alba. E insieme a loro hanno atteso che scadesse il termine indicato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo sul sovraffollamento dei nostri penitenziari. «Abbiamo visto, purtroppo, quello che da tempo si conosce» scrivono oggi in una lettera inviata al ministro della Giustizia Andrea Orlando. «Celle affollate, persone sofferenti, condizioni di detenzione degradanti».
Mentre l’Italia attende il pronunciamento della Corte di Strasburgo – dovrebbe arrivare il 5 giugno – la visita a Regina Coeli permette di tracciare un primo bilancio. Stando ai dati forniti dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, a fine aprile la popolazione carceraria italiana era pari a 59.683 unità. Almeno seimila in meno rispetto al gennaio 2013. Eppure ancora troppi, considerato che la capienza regolamentare dei nostri penitenziari è pari a 43.547 posti. «In quello scarto, una differenza di 16 mila unità, sta la persistente tragedia del nostro sistema carcerario».
A Regina Coeli i parlamentari hanno incontrato anche Claudio Scajola, l’ex ministro dell’Interno detenuto nella casa circondariale romana da ormai venti giorni. Come prevede il regolamento, la delegazione non ha affrontato temi riguardanti l’inchiesta in corso. «La conversazione – racconta però Manconi – ci ha permesso di apprendere che si trova in discrete condizioni di salute». Scajola avrebbe raccontato le difficoltà dei primi cinque giorni in isolamento e l’arrivo di un televisore che gli ha permesso di riprendere un rapporto con l’esterno. L’ex ministro si è soffermato sulle letture che lo aiutano a trascorrere le lunghe ore in cella. Viaggio in Portogallo di José Saramago e Gesù di Nazareth di Joseph Ratzinger.
Un particolare non banale, che secondo i parlamentari presenti accende la luce su uno dei grandi problemi delle nostre carceri. L’apertura delle celle. Le disposizioni della Corte Europea dei diritti dell’Uomo indicano in almeno otto ore al giorno la condizione minima. Ma in Italia i dati sono ancora una volta molto diversi. In conferenza stampa Manconi ricorda una recente visita nel carcere di Poggioreale. Qui, a fronte di una capienza di 1.400 unità, sono rinchiusi 2.000 detenuti (ma fino a due anni fa erano 2.900). Ebbene, nel carcere napoletano l’80 per cento della popolazione carceraria resta chiusa in cella per 23 ore al giorno. «Detenuti condannati a una promiscuità e un’inattività assolute».
I parlamentari riconoscono l’importante lavoro svolto dagli ultimi due governi italiani. Ai tanti provvedimenti attuati, spiegano, sarebbe però necessario affiancare misure specifiche come l’amnistia e l’indulto. Del resto di rimedi ordinari e straordinari aveva parlato il capo dello Stato in un messaggio inviato alle Camere lo scorso ottobre. Un intervento a cui, racconta Manconi, il Parlamento non ha reagito con la giusta convinzione. «Da quel messaggio – racconta – è seguita una discussione un po’ distratta alla Camera e nessun dibattito al Senato».
Il ministro della Giusitizia Andrea Orlando entra nel merito della questione. Intervenuto stamattina a un seminario nel carcere di Rebibbia, il Guardasigilli conferma che la strada maestra resta quella delle riforme. Partendo dai recenti provvedimenti su pene alternative e messa alla prova. «Non ho una contrarietà ideologica per un provvedimento di clemenza» ha spiegato. Eppure «penso si tratti di continuare sulla strategia intrapresa, utilizzarla fino in fondo. È in discussione un provvedimento sulla custodia cautelare, vediamo i primi effetti della sentenza della Consulta sulla legge sulle droghe. In questo mese abbiamo visto una diminuzione di 500 unità del numero di detenuti e oggi siamo a quota 59.071. Dunque, ora non c’è l’esigenza di pensare a provvedimenti emergenziali». Pochi dubbi sull’impegno dell’esecutivo. Come confermano i parlamentari in visita a Regina Coeli, molto è stato fatto nell’ultimo anno. Anche per questo sul pronunciamento della Corte di Strasburgo e del Consiglio d’Europa Orlando ammette di non essere «trionfalista, ma cautamente ottimista».
Sicuramente la situazione resta insostenibile. Il Partito radicale, che da tempo si occupa della questione, ha inviato in Europa un dossier di oltre 50 pagine «sulla mancata ottemperanza da parte del nostro Paese rispetto alle indicazione ricevute sui trattamenti inumani e degradanti dei detenuti». Il leader Marco Pannella ha annunciato che questo pomeriggio chiederà polemicamente le dimissioni del premier Matteo Renzi. Intanto Riccardo Arena, che proprio su Radio Radicale conduce la nota rubrica RadioCarcere, ha pubblicato altre inquietanti cifre. Dal gennaio 2013 sarebbero morti 129 detenuti, di cui 62 suicidi.
A una doverosa scelta di civiltà, si accompagna un rilevante risparmio economico. I ricorsi pendenti contro il nostro Paese sono quasi settemila. «A fronte di questa situazione – conferma il senatore Sergio Lo Giudice incontrando i giornalisti a Palazzo Madama – potrebbero arrivare presto sanzioni pesantissime per l’Italia». L’associazione Antigone, che tutela i diritti dei detenuti, le ha quantificate in circa 100milioni di euro. Anche per questo il governo potrebbe presto varare un provvedimento con misure compensative per chi si è rivolto alla Corte di Strasburgo.