È stato avvertito al telefono dai suoi collaboratori. Quando di prima mattina le agenzie hanno pubblicato la notizia del suo coinvolgimento nell’inchiesta sulle tangenti per gli appalti del Mose, Giancarlo Galan non se n’era nemmeno accorto. A Montecitorio le carte della procura veneziana sono arrivate quasi subito. «Con una velocità sorprendente» ammettono alla giunta per le autorizzazioni. Tanto che all’ora di pranzo era già stato nominato il relatore sulla richiesta di custodia cautelare dell’ex governatore del Veneto. Stupito e sconcertato, per rispondere con un lungo comunicato stampa invece Galan ha atteso più di otto ore. «Chiederò di essere ascoltato il prima possibile con la certezza di poter fornire prove inoppugnabili della mia estraneità».
Sorpreso dalla bufera giudiziaria nella Capitale – dov’era alloggiato in un albergo del centro – già domattina tornerà a casa. Nella splendida villa sui Colli Euganei, finita anch’essa al centro dell’inchiesta. Quanto si è favoleggiato sulla residenza padovana di Giancarlo Galan. La settecentesca Villa Rodella, millecinquecento metri quadri e un rigoglioso parco vanto del proprietario. Una volta Galan raccontò che ne avrebbe voluto fare un bed and breakfast di lusso, da gestire dopo il suo addio alla politica. E all’attenzione dei magistrati sono finite proprio le recenti ristrutturazioni della villa. Lavori che sarebbero costati oltre un milione di euro.
Cinque anni fa l’ex ministro si era unito in matrimonio con la sua Sandra nella splendida magione veneta. Per l’occasione, assieme ai trecento selezionatissimi ospiti, si erano presentati a Cinto Euganeo anche Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi. Testimoni dello sposo e rappresentanti della sua ascesa imprenditoriale e politica. Il curriculum parla chiaro. Dopo una prima esperienza con il Partito Liberale, ombra di Alfredo Biondi, Galan si trasferisce a Publitalia. Anche grazie a un Master in Business Administration conseguito alla Bocconi, qui fa carriera. Nel giro di poco tempo incontra Dell’Utri e diventa direttore centrale. «A lui devo tutto» ricorderà anni dopo in un’intervista. Il passaggio in Forza Italia è quasi automatico. Sono i primi anni Novanta, Galan partecipa alla fondazione del movimento berlusconiano. Deputato, responsabile veneto del partito. La consacrazione politica avviene allora. Rottamatore ante litteram: quando entra in Parlamento il giovane manager ha trentotto anni. Non ne ha ancora quaranta quando diventa per la prima volta presidente della Regione Veneto.
Quella poltrona la conserverà a lungo. Rieletto nel 2000 e nel 2005, Galan conquista sul campo la fama di Doge (e dogaressa sarà nominata la sua storica segretaria Claudia Minutillo, finita anche lei nell’inchiesta veneziana). Imponente di statura, quasi un metro e novanta. Amante del lusso, dicono. Sicuramente di imbarcazioni, che sembra aver posseduto in quantità. La modestia non deve essere mai stata il suo forte. Del resto bisogna avere piena stima di sé per titolare un’autoreferenziale pubblicazione: “Il Nordest sono io”. Eppure, a dispetto della mole, sempre gentile e disponibile con i giornalisti che ne chiedevano un’intervista. Conversazioni spesso condite da dotte citazioni. Quando nel 2009 il Popolo della Libertà decide di sacrificare la sua quarta candidatura in Veneto per offrirla agli alleati della Lega, omaggia il camaleontico Talleyrand. «È stato peggio di un tradimento – il suo amaro commento – è stato un errore». Citazioni a parte, resta il tempo per la pesca. La sua vera passione, attività che l’ultimo Doge pratica spesso e volentieri.
E poi c’è Silvio Berlusconi. Punto di riferimento imprescindibile della carriera politica di Giancarlo Galan. È dedicato all’ex Cavaliere anche uno dei suoi più recenti pensieri affidati a Facebook. Meno di cinque giorni fa. «Leggo di mille diverse ricostruzioni su presunte faide, liti, colpi di mano all’interno di Forza Italia – il post dell’ex governatore -. Mi sembra francamente folclore post-elettorale. Se c’è un punto sul quale non ci sono dubbi è la leadership di Silvio Berlusconi». Proprio Galan una volta ammise di essere stato a un passo dalle lacrime, durante uno degli ultimi Consigli dei ministri prima dell’arrivo di Mario Monti. Berlusconi? «Sono con lui da 27 anni, gli devo tutto – le sue ammissioni in una accorata intervista alla Stampa -. E per quante sciocchezze abbia fatto, è ancora il migliore di tutti».
Il rapporto con Berlusconi non si incrina neppure al termine della lunga parentesi veneta. Quando nel 2010 Galan si trasferisce a Roma, lasciando la poltrona di Palazzo Balbi a Luca Zaia, si chiude per sempre un sistema. Quindici anni di potere. Un lungo periodo all’insegna delle grandi opere, dei tanti appalti, ma anche dei rapporti oggi al vaglio della magistratura. Nella Capitale Galan prende il posto di Zaia, diventa ministro delle Politiche Agricole. Nel 2011 il passaggio al dicastero dei Beni Culturali. Veneto a Roma, una delle prime mosse del ministro è proprio a difesa delle sue origini. A partire dalle critiche al festival del cinema di Roma – considerato inutile per la presenza dell’analogo appuntamento veneziano – che fanno andare su tutte le furie il sindaco Alemanno.
Laureato in Giurisprudenza a Padova con una tesi sul diritto ecclesiastico. Eppure molto poco clericale nella sua impostazione politica. «Il punto vero è dare diritti a chi non ce li ha, cioè alle coppie omosessuali» spiegava recentemente Galan. Spesso in minoranza tra gli scranni del centrodestra, firmatario di una proposta di legge in tema, l’ex governatore veneto non ha mai fatto mistero delle sue idee sui diritti civili. Dalla procreazione assistita al testamento biologico. «Rispetto chi crede in Dio e pensa che la vita non gli appartiene, ma non accetto che quel pensiero gli venga imposto». Nel febbraio 2013 l’ultima elezione, stavolta alla Camera dei deputati. E proprio a Montecitorio Galan è stato scelto per presiedere la commissione Cultura, da cui oggi i colleghi grillini chiedono a gran voce le dimissioni. Un filo profetico, lo scorso febbraio su Facebook citava Voltaire. «Il tempo è galantuomo e rimette ogni cosa al suo posto». Quella volta, però, Galan si riferiva all’ultimo governo Berlusconi.