Mose, 35 arresti per tangenti. Orsoni ai domiciliari

Mose, 35 arresti per tangenti. Orsoni ai domiciliari

Corruzione, concussione, riciclaggio. Mazzette a politici, commercialisti, protagonisti della finanza che conta, generali a tre stelle delle Fiamme Gialle. Tutto all’ombra degli appalti per il Mose, il sistema di dighe mobili progettato per difendere Venezia dall’acqua alta e realizzato dal Consorzio Venezia Nuova quale concessionario unico.

In queste ore i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria delle Fiamme gialle di Venezia stanno eseguendo le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip lagunare Alberto Scaramuzza su richiesta dei pm Paola Tonini, Stefano Ancilotto e Stefano Buccini. Su tutto il territorio regionale ma anche a Roma e a Milano, centinaia di militari impiegati fin dalle prime ore di questo 4 giugno destinato a passare alla cronaca come il giorno della resa dei conti.

Tra gli arrestati anche il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, l’assessore regionale alle infrastrutture Renato Chisso, il consigliere regionale del Pd Giampiero Marchese, gli imprenditori Franco Morbiolo e Roberto Meneguzzo, nonché un generale della Guardia di Finanza in pensione Emilio Spaziante.
Richiesta d’arresto formulata anche per il senatore di Forza Italia Giancarlo Galan che ha commentato così: «Mi difenderò a tutto campo nelle sedi opportune, con la serenità e il convincimento che la mia posizione sarà interamente chiarita». «Sono estraneo alle accuse e chiederò di essere ascoltato il prima possibile». Nell’ordinanza del Gip si legge che, dal 2005 al 2011, avrebbe ricevuto dal presidente del Consorzio Venezia Nuova uno stipendio annuo di un milione di euro.

Un sistema più sofisticato di Tangentopoli?
“Avendo trattato Tangentopoli 20 anni fa posso dire che gran parte della corruzione scoperta oggi è simile e molti dei protagonisti sono gli stessi. Ma questo è un sistema molto più sofisticato”. Lo ha detto il procuratore aggiunto di Venezia, Carlo Nordio, nel corso della conferenza stampa in merito alla nuova tangentopoli in Veneto.

Gli sviluppi possono essere tantissimi
«Le indagini vanno avanti, non sono concluse con questa operazione. Gli sviluppi possono essere tantissimi e non riguardano solo l’ulteriore fase di accertamenti di reati fiscali», dovuti alla sovrafatturazione e false fatturazioni per creare fondi neri per pagare esponenti politici. Lo ha detto il procuratore di Venezia, Luigi Delpino.

Questo l’elenco completo di tutti gli arresti
In carcere:
Giovanni Artico, Stefano Boscolo «Bacheto», Gianfranco Contadin detto Flavio, Maria Brotto, Enzo Casarin, Gino Chiarini, Renato Chisso, Patrizio Cuccioletta, Luigi Dal Borgo, Giuseppe Fasiol, Giancarlo Galan (parlamentare), Francesco Giordano, Vincenzo Manganaro, Manuele Marazzi, Giampietro Marchese, Alessandro Mazzi, Roberto Meneguzzo, Franco Morbiolo, Luciano Neri, Maria Giovanna Piva, Emilio Spaziante, Federico Sutto, Stefano Tomarelli, Paolo Venuti.

Ai domiciliari:
Lino Brentan (no legato a CVN), Alessandro Cicero, Corrado Crialese, Nicola Falconi, Vittorio Giuseppone, Dario Lugato, Giorgio Orsoni, Andrea Rismondo, Lia Sartori, Danilo Turato.

Conferenza Stampa 
Alle 13:00 conferenza stampa in Procura di Venezia. Segui la diretta tweet de Linkiesta su @ARoldering

Ma cos’è il Mose?
Il sistema Mose (MOdulo Sperimentale Elettromeccanico) è un progetto  che viene realizzato per difendere Venezia e l’intero territorio lagunare di 550 Km2 dalle acque alte. La sua realizzazione è stata autorizzata dal cosiddetto Comitatone del 3 aprile 2003 e i lavori sono partiti lo stesso anno. Viene realizzato dal Consorzio Venezia Nuova, che opera per conto del magistrato delle Acque di Venezia. Il costo complessivo dell’opera è di 5493 milioni di euro. Lo stato di avanzamento dei lavori è pari all’87% e, ad ottobre, serviva ancora un miliardo di euro circa per la realizzazione completa. L’obiettivo, ricordato anche in quell’occasione, è di concludere l’opera entro il 2016.

Il Mose è costituito da dighe mobili, formate da paratoie in grado di separare temporaneamente la laguna dal mare e di difendere Venezia, sia dagli eventi eccezionali e distruttivi sia da quelli più frequenti, anche in presenza di rilevanti scenari di innalzamento del mare.

Le barriere vengono realizzate alle bocche di porto di Lido, Malamocco e Chioggia, ovvero ai tre varchi del cordone litoraneo attraverso i quali la marea si propaga dal mare Adriatico in laguna. Quando la marea è normale, le paratoie, che costituiscono le barriere, restano nei loro alloggiamenti sul fondale delle bocche di porto, senza modificare gli scambi tra mare e laguna e completamente invisibili. Si alzano solo quando è necessario per bloccare la marea entrante ed evitare un allagamento della laguna e dei centri abitati.

Il progetto prevede la realizzazione di 4 barriere composte da 78 paratoie tra loro indipendenti. Questa conformazione offre un’ampia flessibilità di gestione della difesa della laguna di Venezia dagli allagamenti.Il Mose può far fronte alle acque alte in modi diversi in base alle caratteristiche dell’evento di marea: si può infatti decidere di chiudere solo alcune barriere o alcune paratoie di ciascuna barriera, a seconda dei venti, della pressione e dell’entità di marea prevista. Lo scorso 12 ottobre, alla bocca di porto del Lido-Treporti sono state per la prima volta sollevate quattro delle 78 paratoie.

Intanto non tardano ad arrivare le prime dichiarazioni da parte di esponenti della politica e non. Dal suo blog Beppe Grillo lancia un post dal titolo “Larghe intese in manette”

Carlo Nordio storico procuratore aggiunto della Procura di Venezia, liberale e garantista, ha messo inevidenza come la causa di tanta corruzione potrebbe anche derivare dalla farraginosità e complessità delle leggi. ”Gli elementi in comune di questa vicenda con il passato sono una spartizione equivalente di risorse tra le varie forze politiche di destra e di sinistra e la constatazione che la madre della corruzione, 20 anni fa come oggi, non è solo l’avidità umana, ma appunto la complessità delle leggi. Se devi bussare a cento porte invocando cento leggi diverse per ottenere un provvedimento è quasi inevitabile che qualcuna resti chiusa e qualcuno ti venga a dire che devi imparare a oliarla” ragiona Nordio. “Al di là dell’inchiesta di oggi – sottolinea il magistrato – voglio ricordare quanto scrissi già 15 anni fa: una delle cause della corruzione deriva dalla farraginosità delle leggi, dal numero delle leggi e dalla loro incomprensibilità, e da una diffusione di competenze che rende difficile individuare le varie responsabilità”. “Se è consentito al magistrato dare un messaggio forte, per ridurre, se non eliminare, la corruzione la strada è la riduzione delle leggi e l’individuazione delle competenze. Alzare le pene, come si continua a fare, e contemplare nuovi reati non serve assolutamente a niente, come dimostra questa inchiesta dove si può dire che le forze politiche non hanno imparato nulla dal passato. Unica differenza – riflette – è che oggi il sistema è molto più sofisticato”.

Il Sottosegretario alle politiche europee del Pd Sandro Gozi, ospite della trasmissione televisiva Agorà sostiene «La mia reazione a caldo e da membro di un governo del cambiamento è che queste vicende mi sembrano appartenere ad un passato che non passa e incidono molto negativamente sullo sforzo di cambiamento che noi vogliamo realizzare. Nel momento in cui noi stiamo facendo uno sforzo profondo per il cambiamento del Paese e in cui c’è finalmente una nuova generazione al governo, fa un male terribile essere sempre ripresi da un passato e da un sistema che non passa: noi cerchiamo di andare avanti e ogni volta siamo tirati giù da un passato che non passa. Queste inchieste -ha aggiunto- hanno origini passate e vedono sempre coinvolti personaggi di un’altra fase politica. E comunque, anche se l’inchiesta arrivasse a verificare l’innocenza di tutti quanti, assolutamente possibile visti gli arresti per ora di custodia cautelare, tutto ciò fa un male terribile all’umore e al clima collettivo, che avremmo invece bisogno di avere positivo. Ogni volta siamo presi da questa palude di inchieste giudiziarie, ma raddoppieremo i nostri sforzi perché è ancora più evidente che in Italia c’è bisogno di cambiamento».

Ecco alcune analisi fatte qualche tempo fa da Linkiesta sul tema delle tangenti in Veneto

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