«Qualche ora di tregua rotta prima del previsto, che ha permesso a 75mila persone di recarsi nelle banche e nei negozi, e poi la situazione nella Striscia di Gaza è ripiombata nel caos culminato con l’invasione terrestre israeliana delle ultime ore». Lo racconta la responsabile ufficio Mediterraneo di Oxfam Italia, Umiliana Grifoni, grazie ai continui aggiornamenti che arrivano dai 34 operatori locali di Oxfam al lavoro per portare soccorso alla popolazione colpita dal conflitto, che è ormai arrivato al suo dodicesimo giorno. Mentre continua l’operazione di terra, nella striscia di Gaza la situazione umanitaria si fa sempre più tragica. Il cibo è sempre più scarso e manca anche il sangue per soccorrere i feriti.
Il fuoco da Israele
Fino al 18 luglio, gli attacchi israeliani sono stati 3.844, di cui 2.403 attacchi aerei, 733 bombardamenti navali e 708 attacchi di artiglieria, che hanno provocato sino ad ora oltre 300 morti palestinesi, almeno 27 dall’inizio dell’attacco israeliano via terra, e oltre 2mila feriti. Questi sono i dati dell’escalation militare in corso: 263 case a Gaza sono state totalmente distrutte e 1.494 danneggiate; danneggiamenti anche all’ospedale geriatrico dì Al Wafa ed all’Ospedale Europeo di Rafah.
«Ci sono bombardamenti ed esplosioni ovunque e in ogni momento, interruzioni di corrente mischiate alle grida dei bambini», testimonia Ahmed Sourani, operatore di Oxfam, che lavora e vive con la propria famiglia dentro Gaza. «I genitori sono molto preoccupati riguardo la sicurezza dei loro figli, e tentano di calmarli e proteggerli in diversi modi. Ci sentiamo prigionieri nelle nostre case perché non possiamo muoverci liberamente». Secondo Oxfam, sarebbero 25mila i bambini che hanno subito traumi psicologici per aver perso un familiare o a causa dei bombardamenti. Israele, riferisce la radio militare, ha ordinato anche agli abitanti di due campi profughi nella zona centrale di Gaza, al Maghazi e Nusseirat, di sgomberare le proprie abitazioni per non restare coinvolti in futuri combattimenti.
I razzi di Hamas
Da Gaza, invece, dall’inizio del conflitto sono partiti circa 1.383 razzi da Gaza contro Israele, che hanno causato la morte di un civile israeliano e 26 feriti, mentre durante l’attacco via terra nella notte tra il 17 e il 18 luglio si è verificata l’uccisione di un militare israeliano e un altro è stato gravemente ferito. In una trasmissione radio, inoltre, il braccio armato di Hamas, le Brigate Ezzedin al-Qassam, ha annunciato che «i nostri uomini sono penetrati in territorio israeliano e combattono dietro le linee nemiche».
Cibo sempre più scarso a Gaza
Intanto la popolazione a Gaza inizia ad avere problemi di accesso al cibo, sempre più scarso, soprattutto per i prodotti freschi, ma anche sempre più costoso. Oxfam stima che dall’inizio del conflitto siano di 25 milioni di dollari i danni diretti al settore agricolo nella Striscia di Gaza mentre siano quantificabili in 300.000 dollari al giorno quelli indiretti.
«Stanotte ero in comunicazione con i colleghi a Gaza», racconta Umiliana Grifoni, «che raccontavano della giornata ma anche della forte preoccupazione per i pesanti bombardamenti in corso, sia via terra che via mare. Preceduti da razzi illuminanti, raccontavano che facevano tremare la terra. Di lì a poco la preoccupazione si è cristallizzata nella notizia, temuta, dell’avvio dell’operazione di terra. La crisi umanitaria non fa che aggravarsi con altri 27 morti in una sola sera tra la popolazione civile palestinese, bambini inclusi, ed altre abitazioni e infrastrutture distrutte o danneggiate, inclusi ospedali. Questi hanno sempre più difficoltà ad operare sia per la carenza di medicine e gasolio per far funzionare i generatori che per la stanchezza del personale impegnato oramai da 12 giorni a fare fronte all’emergenza. Manca anche il sangue: uno dei colleghi mi diceva che ieri mattina voleva andare a donarlo ma la moglie aveva paura di rimanere da sola a casa e ha rinunciato. I nostri colleghi a Gaza hanno utilizzato il breve tempo della tregua anche per raccogliere ulteriori dati su danni e bisogni, in particolare in relazione ai settori nei quali interveniamo ossia l’allevamento, l’agricoltura e la pesca».
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