Il Tribunale di Roma: “L’Omogenitorialità è sana”

Il Tribunale di Roma: “L’Omogenitorialità è sana”

L’omogenitorialità è “una genitorialità “diversa” ma parimenti sana e meritevole di essere riconosciuta in quanto tale”. Con sentenza depositata il 30 luglio 2014, il tribunale per i minorenni della capitale ha riconosciuto ad una bambina figlia di due mamme il diritto ad essere adottata dalla propria mamma non biologica ed a prendere il doppio cognome. Si tratta del primo caso in Italia e di una grande svolta per le famiglie omogenitoriali. In senso contrario al riconoscimento della bigenitorialità vi sarebbe soltanto, infatti, un “convincimento diffuso in parte della società, esclusivamente fondato, questo sì, su pregiudizi e condizionamenti cui questo Tribunale, quale organo superiore di tutela dell’interesse superiore del benessere psico-fisico dei bambini, non può e non deve aderire”.

La decisione del Tribunale per i minorenni di Roma del 30 luglio 2014, rappresenta un nuovo punto di svolta (ancora una volta per via giurisprudenziale) nell’evoluzione dei diritti LGBTI nel nostro Paese ed un passaggio davvero fondamentale per le cd. famiglie arcobaleno. In questo caso al centro della decisione non vi sono i diritti delle persone o delle coppie omosessuali, ma i diritti dei loro bambini, interpretati dal tribunale romano, in una sentenza ben motivata, alla luce di principi che erano già stati enunciati dalla giurisprudenza italiana ed europea e che portano oggi ad una soluzione innovativa.

Il caso
Dunque due mamme ed una bambina. Soltanto la mamma biologica é riconosciuta dallo Stato e per tale ragione la mamma sociale chiede di essere ammessa alla sua adozione. In seguito ad un approfondito esame della situazione di fatto (nel provvedimento si dà atto dell’indagine socio-psicologica condotta, dell’ascolto dei genitori ed anche del responsabile della scuola della bimba), il tribunale rileva come la bambina sia nata da un progetto genitoriale comune delle due donne, le quali sono conviventi da dieci anni, sono iscritte nel registro comunale delle unioni di fatto e sono pure coniugate in Spagna, dove é stata pure concepita la bambina. La scelta della mamma biologica é avvenuta soltanto in ragione della sua più giovane età. Cresciuta dalla coppia, la bimba, oggi di cinque anni, riconosce pienamente nelle due donne i propri genitori, chiamandole entrambe mamma. È evidente come, a fronte della costruzione di una solida relazione di amore e di responsabilità materna, il dato biologico appaia del tutto secondario tanto per la bambina che per i genitori, come accade d’altra parte in ogni caso di fecondazione eterologa anche nell’ambito di coppie eterosessuali.

Le relazioni dei servizi sociali danno atto che la bambina è perfettamente inserita ed è priva di qualsiasi emergenza negativa: in concreto ed in poche parole, la bambina cresce amata e serena.

La decisione
A fronte di tale chiara situazione di fatto, il tribunale della capitale osserva come allo stesso non tocchi costruire alcuna nuova realtà giuridica o creare “nuovi diritti”, ma soltanto di vagliare la rilevanza giuridica della situazione già esistente, verificando quale fattispecie giuridica trovi applicazione alla luce del superiore principio dell’esclusivo interesse della minore.

I giudici capitolini rinvengono nell’art. 44, lett. D della Legge 4 maggio 1983, n. 184 (“Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori”) l’istituto giuridico applicabile nel caso de quo.

Come vedremo, questa norma é stata già interpretata dalla giurisprudenza nel senso di consentire l’adozione da parte di singoli o di coppie non sposate nel caso in cui sussista di fatto una relazione genitoriale col minore.

Se tale adozione é consentita alle coppie eterosessuali non sposate ed ai singoli, sarebbe allora certamente illegittimo, perché discriminatorio, non consentirla anche per le coppie omosessuali o per singoli gay o lesbiche.

Il tribunale rileva, difatti, come la giurisprudenza abbia già chiarito che l’orientamento sessuale del genitore non incide negativamente sulla crescita dei figli e come non vi sia alcuna ragione per dubitare della capacità genitoriale di coppie formate da due donne o da due uomini.

Come si vedrà, la soluzione adottata dal tribunale lungi dal rappresentare una interpretazione creativa o particolarmente ardita, appare imposta da una stringente logica di sistema, che pone in questo ambito l’interesse superiore del bambino al centro di ogni pronuncia, prescindendo da pregiudizi e chiusure ideologiche. La cd.step-adoption, ovvero l’adozione del figlio biologico del partner, é stata ammessa per le coppie gay e lesbiche in Danimarca già da oltre vent’anni ed é oggigiorno istituto aperto alle coppie dello stesso sesso in buona parte dei Paesi europei (non soltanto negli undici Paesi che hanno riconosciuto il matrimonio fra persone dello stesso sesso, ma anche, ad esempio in Germania), oltre che in molti Stati americani e Canada, e data la sua rilevanza per la tutela dei bambini, era stato inserito in buona parte dei progetti di legge già pendenti in Parlamento, fra cui anche quelli provenienti dal partito di maggioranza relativa. Dunque la decisione romana anticipa quanto già promesso dalla politica, assicurando da subito per questi bambini una ragionevole soluzione di stampo europeo.

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