Il Paese che non cresce, i marò ancora in India. E poi gli ingarbugliati dossier internazionali, le trattative con Silvio Berlusconi e le prime gelosie all’interno della squadra di governo. Senza dimenticare la riforma della Costituzione sempre a rischio e qualche pensiero al Colle, perché prima o poi si aprirà anche la partita della successione di Napolitano. Un grattacapo dopo l’altro, l’estate del premier Renzi rischia di finire sull’orlo di una crisi di nervi. Estate corta, sia chiaro. Perché ai lidi balneari il premier sarà costretto ad anteporre le riunioni a Palazzo Chigi. Ma soprattutto funestata da un lungo e complicato elenco di rogne.
1) Il governo corre, ma il Paese resta immobile
L’economia italiana non cresce. Ovviamente il premier non ha alcuna responsabilità, la crisi ha radici profonde e il governo è in carica da troppo poco tempo per poter impartire una netta inversione di marcia. Eppure la troppe volte citata luce in fondo al tunnel ancora non si vede. Per il futuro dell’esecutivo potrebbe essere un problema. A fotografare impietosamente lo stato del Paese stavolta è l’Istat. «Il recupero della crescita economica si annuncia più difficile di quanto prospettato – così ieri la nota mensile dell’istituto – I segnali provenienti dalle famiglie e dalle imprese sembrano delineare una fase di sostanziale stagnazione dell’attività economica anche se emergono alcuni segnali positivi sull’occupazione». Come se non bastasse, «la minor vivacità della domanda estera potrebbe costituire un ulteriore elemento di freno per la ripresa». Matteo Renzi non si nasconde. Alla direzione del Partito democratico il premier ammette le difficoltà. Certo, i dati relativi alla disoccupazione sono positivi, eppure «la crescita è decisamente più bassa di quello che ci aspettavamo». In ogni caso «non siamo in condizioni per avere il percorso virtuoso che avevamo immaginato». Un problema in più per l’esecutivo, specie quando arriverà il momento di mettere nero su bianco la legge di stabilità.
2) Il discusso divorzio con Cottarelli
Raccontano che i rapporti tra i due non siano mai stati eccezionali. Di certo la rottura definitiva tra il premier Matteo Renzi e il responsabile della spending review Carlo Cottarelli difficilmente aiuterà l’immagine del governo. Anche perché il possibile addio del commissario ai tagli di spesa si porta dietro una lunga scia di polemiche, a partire dalle critiche di Cottarelli all’operato di Palazzo Chigi. Il divorzio potrebbe consumarsi a breve. Dopo una giornata di imbarazzate smentite, nella serata di ieri Renzi ha dato il benservito al suo collaboratore durante la direzione del Pd. «Cottarelli lo rispetto, lo stimo e farà quel che crede. Ma la revisione della spesa la faremo anche senza di lui». Di fatto, è la prima frattura all’interno della squadra di Palazzo Chigi. Chi accusava il premier di voler gestire tutto in prima persona, stavolta difficilmente si ricrederà.
3) L’ansia da prestazione in Parlamento
Gli ultimi lavori parlamentari prima della pausa estiva continuano a dispensare preoccupazioni. La riforma costituzionale all’esame di Palazzo Madama sembrava essersi avviata su un percorso meno accidentato. E invece nella mattinata di ieri la maggioranza è andata sotto durante un voto su un emendamento leghista (che conferirà al nuovo Senato la competenza legislativa anche su temi “eticamente sensibili”). Intanto prosegue lo scontro con le opposizioni. Dopo una lunga serie di proteste, il presidente Pietro Grasso è stato costretto a interrompere più volte la seduta. Il rischio di un aumento della tensione resta concreto. Come quello di un ulteriore ritardo nell’approvazione della riforma tanto sbandierata dal governo. E non è neppure tutto. Un po’ a sorpresa, ieri la maggioranza è stata battuta anche in commissione Giustizia, sempre a Palazzo Madama. Stavolta il governo è stato sconfessato sul decreto carceri. Nulla di grave, certo. Piuttosto l’ennesimo scricchiolio della coalizione che lo sostiene, a cui Renzi dovrà necessariamente prestare attenzione.
4) La maggioranza inizia a spaventarsi
Intanto dentro alla maggioranza scoppia una piccola crisi di nervi. Il voto segreto che ha sorpreso l’esecutivo sulla riforma costituzionale, riporta alla luce incubi che sembravano dimenticati. Nel Pd si torna a parlare con preoccupazione dei 101 “traditori”. Gli stessi che avevano impallinato Romano Prodi nell’ultima elezione del Quirinale. Il dissidente nascosto nell’ombra scatena il panico. Nel partito parte la caccia al colpevole. Con reciproca diffidenza, si cerca di individuare i franchi tiratori. Alla fine è Matteo Renzi che prova a smontare il caso. Gli anonimi cecchini «lasciano l’amaro in bocca – spiega – perché non hanno avuto coraggio, rifugiandosi nel voto segreto. Noi il dissenso l’abbiamo valorizzato nelle assemblee, in sede di dibattito, alla luce del sole». Storia chiusa, almeno fino al prossimo scivolone.
5) Chi si ricorda dei due marò?
La vicenda dei due marò detenuti in India ormai fa parte della recente storia italiana. Invano i governi Monti e Letta hanno provato a risolvere la questione, riportando a casa i militari trattenuti a Nuova Delhi. E invano, fino a questo momento, si sta adoperando l’esecutivo di Matteo Renzi. Il piglio decisionista che ha accompagnato i primi mesi del premier a Palazzo Chigi finora non è servito a sbloccare il caso di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Come se non fosse abbastanza, ieri l’udienza presso il tribunale speciale indiano è stata sospesa e rimandata a metà ottobre per un’indisposizione del giudice. A fronte dell’ennesimo, incredibile, ritardo, per il governo sarà sempre più difficile mettersi al riparo delle critiche.
6) Mogherini chi?
Su Federica Mogherini il premier Renzi ci aveva messo la faccia. La nomina dell’alto rappresentante della diplomazia dell’Unione spettava alla famiglia socialista (e in particolare al governo italiano). Eppure il nostro ministro degli Esteri non ha ancora convinto tutti. Solo giovedì 31 luglio è stata sciolta la riserva ed è stata formalizzata ufficialmente la sua candidatura. Sui ritardi sembra che siano stati decisivi i veti della Cancelliera Angela Merkel e di alcuni paesi preoccupati dalla presunta impostazione filo-russa della candidata italiana. Chissà. Intanto il governo ha dovuto prendere tempo. L’impasse sarà superata a settembre, ma non è ancora chiaro se l’attuale titolare della Farnesina riuscirà a conquistare la poltrona. In alternativa si fa insistente l’ipotesi Massimo D’Alema. Una sconfitta evidente per chi si è sempre definito «rottamatore».
7) L’Italia cerca un posto sullo scacchiere internazionale
La crisi della politica estera italiana inizia a riflettersi anche su un’azienda strategica come l’Eni, colosso petrolifero impegnato in diverse zone calde del mondo. E anche qui Claudio Descalzi, il nuovo amministratore delegato, deve muoversi da solo, senza aiuti da parte dell’esecutivo. Ne ha scritto pochi giorni fa il Wall Street Journal. «La strategia di crescere in paesi come Libia o Nigeria è stata vincente fin quando le operazioni sono andate lisce. Ma caos politico e fazioni in guerra hanno penalizzato la produzione – spiega il Wsj – Descalzi sta già disinvestendo una parte della sua scoperta giant di gas naturale in Mozambico». Intanto si infittiscono i dossier. Dal conflitto palestinese alla Libia, senza dimenticare la crisi in Ucraina. E il governo italiano sembra sempre più spesso costretto a un ruolo di secondo piano.
8) L’ex Cavaliere, alleato inaspettato
A guastare l’estate di Renzi ci sono poi le incognite legate a Silvio Berlusconi. L’ex Cavaliere, da poco assolto nel processo Ruby, continua a riflettere sul patto del Nazareno. Si mormora che il leader di Forza Italia soffra l’attuale situazione politica, in cerca di una mossa che lo faccia uscire dall’angolo. Opposizione dura, responsabile, o magari un nuovo ingresso in maggioranza? Purtroppo per il governo, quando si parla di riforme Berlusconi resta fondamentale per gli equilibri numerici in Parlamento. Soprattuto al Senato. E così al presidente del Consiglio non resta che seguire con attenzione le notizie che arrivano da Arcore. Persino quelle di gossip. Si racconta che l’ex Cavaliere sia in rotta con la fidanzata Francesca Pascale: una crisi in famiglia che potrebbe avere inattese ripercussioni politiche.
9) Il prossimo inquilino del Colle
Se ne parlerà più avanti, ma il file Giorgio Napolitano è ancora tutto da studiare. Il presidente della Repubblica ha spiegato che lascerà durante questa legislatura, ma non è ancora chiara la data. C’è chi sostiene nel 2015, chi prima. Da quel che filtra da palazzo Chigi il nome su cui vorrebbe convergere Renzi è quello di Roberta Pinotti, attuale ministro della Difesa. Il problema, come confermano diversi deputati, è che prima di avanzare la candidatura il presidente del Consiglio dovrebbe assicurarsi del reale gradimento della Pinotti in Parlamento. In assenza di entusiastici attestati di stima, si dovrà ricorrere a una cosiddetta riserva della Repubblica. Con Romano Prodi e Giuliano Amato in pole position. E visto che l’intesa con Berlusconi sembra ormai ben avviata, non è irrilevante un aspetto: sul secondo nome ci sarebbe anche il gradimento da parte dell’ex Cavaliere.
10) I rapporti con Padoan
Sono sempre più tesi. Sia per il fatto che Renzi ha accentrato su palazzo Chigi ogni decisione anche economica, lasciano le briciole a via XX settembre, sia perché Padoan sembra essersi stufato della situazione. A darne conto è stato il sito Dagospia. Agli amici più stretti, il ministro del Tesoro ha confessato negli ultimi giorni di aver maturato una convinzione: “Ho sbagliato ad accettare di fare il ministro, avrei fatto molto meglio a continuare con gli uffici studi”.