Taccola«Draghi ha fatto molto più di quanto ci aspettassimo»

«Draghi ha fatto molto più di quanto ci aspettassimo»

«È una buona notizia: le misure sono maggiori del previsto e il programma sarà open-ended (senza un termine prefissato), finché non sarà raggiunto l’obiettivo dell’inflazione». È una piena promozione quella di Gregory Claeys, research fellow del think tank economico-finanziario Bruegel, rispetto all’attesissimo annuncio sul Quantitative Easing da parte di Mario Draghi. Che, soprendendo gli osservatori, ha detto che da marzo a settembre 2016 la Bce comprerà bond per 60 miliardi di euro al mese, per un totale di 1.140 miliardi. Una misura ben sopra i 5-600 miliardi che si attendevano e che potrebbe essere prolungata se non si raggiungeranno gli obiettivi sull’inflazione (ossia tornare a un valore prossimo al 2 per cento). I rischi sarebbero essere totalmente suddivisi, in capo alla Bce, che invece se ne farà carico solo per l’80 per cento. Tuttavia per Claeys, quello che oggi è importante è che finalmente si è agito, e si è agito in grande.

Qual è la sua opinione sulla percentuale di risk sharing che si è limitata al 20% in capo alla Bce? È una quota troppo bassa, come in molti stanno dicendo?

Sulla condivisione del rischio, sono d’accordo che non è la cosa migliore che avrebbero potuto fare. Non so però se nei fatti ci sarà un impatto, perché è abbastanza improbabile che ci saranno perdite e quindi la necessità di condividere è bassa. Certo è un brutto segnale che la Bce e il sistema euro non è unitario, non sta implementando una sola politica monetaria per tutta l’Eurozona. Non penso che avremo mai bisogno di usarlo, perché fare il Qe aumenta le probabilità che non ci sarà alcun default nell’Eurozona. Insomma, la condivisione del rischio in caso di perdite non è la cosa più importante a cui dovremmo pensare oggi. Oggi è bello vedere che c’è stata l’unanimità sul fatto che sia legale che la banca centrale compri i titoli di Stato e che sia uno strumento di intervento normale, cosa non era affatto scontato un anno fa o due anni fa. 

Quindi ha ragione Draghi quando dice che la condivisione del rischio non è una questione centrale?

Almeno oggi non è una questione centrale. Un giorno, se ci saranno perdite, diventerà una questione centrale. Oggi quello che è importante è che dopo molto tempo è stata presa la decisione di agire e di agire davvero in un modo grande.

L’ammontare del Quantitative Easing sarà di 60 miliardi di euro al mese, fino al settembre 2016 o fino a quando l’obiettivo dell’inflazione non sia stato raggiunto. È un ammontare superiore alle aspettative. Perché, secondo lei, Draghi ha scelto questa quota?

Sicuramente l’ammontare è grande, penso che abbia scelto questo livello perché, come lo stesso Draghi ha in effetti ammesso, il Qe funziona se si dà un segnale che si sta facendo qualcosa di grosso. Ha bisogno di avere un impatto sul tasso di inflazione, sul tasso di interesse, sugli interessi anche nel settore privato, ha bisogno di essere grande per dare il segnale che la Bce lo sta facendo per ottenere un obiettivo reale. Lo ha fatto perché i precedenti interventi sono stati abbastanza deludenti. I numeri per gli acquisti di Abs e covered bond sono stati molto bassi e non hanno avuto alcun impatto in termini di aspettative, che hanno continuato ad andare giù, quindi penso sia stato importante annunciare un ammontare maggiore di quanto ci si aspettava. Quindi penso che in questo modo i numeri annunciati siano abbastanza giusti. Infatti lo scorso anno, quando esortammo la Bce a fare il Quantitative easing, proponemmo di fare acquisti per 40 miliardi di euro al mese, ma era un anno fa. Io penso che 60 miliardi ora, quando la situazione è perfino peggiorata rispetto allo scorso anno, è un buon numero.

Draghi ha detto che per la Grecia e che gli acquisti di bond greci potranno iniziare da luglio. Come leggere questa precisazione?

Nel comunicato stampa si dice che la regola per comprare i bond sarà la stessa di quella applicata al momento per criteri di eleggibilità. Potranno essere comprati bond di tipo investment grade (con rating superiori o pari a BBB-, quindi i più affidabili, ndr), e quelli non investment grade, per le nazioni sottoposte a programmi (i piani di rientro sotto l’egida del Fmi o dell’Ue), come la Grecia. L’unica cosa è che c’è un’altra regola che dice che la Bce non può possedere più del 30% (in realtà il 33%, ndr) del debito di ciascun Paese emittente. Ora non ci sono abbastanza bond della Grecia, perché sono quasi tutti prestiti dai partner europei, della Esm e del Efsf. La Bce ha già oggi più del 30% dei bond della Grecia, quindi probabilmente quando il programma partirà a marzo, non saranno in grado di comprare bond greci, ma quello che ha detto Draghi è che a parte i bond che hanno già ci saranno dei bond che matureranno a luglio e quindi a parte da luglio la Bce sarà in grado di comprare anche bond greci.

Parliamo degli effetti globali. E una misura abbastanza forte da raggiungere gli obiettivi che si propone?

Sì, in termini di politica monetaria, la Bce ha fatto le cose giuste, che sono state molte. Al contrario di quel che ha detto Draghi, però, penso che i Paesi dell’eurozona dovrebbero implementare un’espansione fiscale maggiore, per uscire dall’attuale stagnazione. Penso che la politica monetaria sia importante ma vada affiancata da una politica fiscale.

Ci sarà un’accettazione da parte dei mercati e da parte dei governi, a partire da quello tedesco?

Più che il governo tedesco, sarà da vedere cosa dirà la Commissione europea che monitora le regole del patto di stabilità e crescita. Una cosa che andrà tenuta sotto controllo è il fatto che i governi risparmieranno sul pagamento degli interessi dei bond. Quindi cforse ci sarà più spazio ora per i governi nazionali per rispettare le regole fiscali europee. Devo fare dei calcoli, ma ci potrebbe essere più spazio di manovra. 

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