Trentaquattro anni, eloquio sorridente e spavaldo come la mano in tasca esibita davanti alle telecamere. Sul palco porta la sicurezza dello studente che ha fatto i compiti a casa. Ma senza l’aria del secchione né un filo di tensione. Faccia pulita e tono gentile, evitando l’accondiscendenza tipica di molti colleghi. Da Tortona al resto d’Italia, Alessandro Cattelan cominciò con le telepromozioni al Festivalbar, le prime dirette a vent’anni, poi la rampa di lancio a Mtv e un po’ di esperienze tra musica, radio, libri. Oggi è l’enfant prodige della tv italiana, l’uomo che mette d’accordo pubblico e critica riabilitando il ruolo del conduttore. Dopo i Carlo Conti, i Fabrizio Frizzi, i Gerry Scotti, i Paolo Bonolis, la tv è cambiata. I varietà e i grandi show lasciano il posto ai talent e ai format postprodotti. Il conduttore puro non è più al centro della scena, per qualcuno sarebbe in via d’estinzione. Davanti alle telecamere spopolano giornalisti, cuochi, cantanti. Masterchef lo conducono Cracco, Barbieri e Bastianich, appunto, mentre il wedding planner Enzo Miccio è diventato il volto di Real Time.
Cattelan va in direzione ostinata e contraria: innova senza protagonismi, recupera il mestiere e lo rilancia. Tatuaggi e smoking. Fa il conduttore, nel senso più ampio del termine. Presenta, racconta, accompagna, intrattiene, intervista, anche con le mani in tasca. Stile asciutto, parlantina veloce. Si allena in una palestra dorata come quella di Sky che gli ha messo in mano X Factor e gli ha cucito addosso un late show con mezzi più che adeguati. Nessun timore reverenziale, modi garbati e pragmatismo. Nel talent ideato da Simon Cowell ha tenuto a bada l’egocentrismo della giuria e l’emozione dei cantanti ragazzini. Con E poi c’è Cattelan ha potuto cantarsela e suonarsela. Uno show in cui distillare battute, intervistare gli ospiti seduto alla scrivania ma personalizzando le gag, per poi duettare live con la band in studio. Ha talento, si vede. La carriera da Letterman italiano sembra a portata di mano. Lui stesso l’accarezza. «Un programma come E poi c’è Cattelan? Vorrei fare solo quello per tutta la vita, è il mio sogno». Ma serve una produzione che metta i soldi per uno show che duri più dei quattro mesi attuali.
Da Simona Ventura a Carlo Freccero, per lui le lodi si sprecano. Il decano dei conduttori, Pippo Baudo, gli ha dato del «bravissimo». Daria Bignardi voleva cedergli la conduzione delle Invasioni Barbariche. Ma il giovane Cattelan mette d’accordo pure la critica. Promosso da sua maestà Aldo Grasso: «È proprio bravo, ha energia, prontezza, simpatia». Riccardo Bocca de L’Espresso porta in dote altri aggettivi: «Spiritoso, versatile, originale, educato, elegante ma anche alquanto concreto». Antonio Dipollina su La Repubblica ha emesso la sentenza: «È il numero uno degli emergenti». Il Blog degli analisti di Tv Talk lo ha definito «il Flavio Insinna di Tortona» e cioè «quel presentatore rassicurante che non fa strani colpi di testa ma ti permette di andare a letto contento di aver visto un programma per il quale valeva la pena restare svegli». C’è già chi si chiede se e quando sbarcherà sulla generalista. La nicchia di Sky è prestigiosa, il grande pubblico è altrove. Il giovane Alessandro forse saprebbe domarlo, magari con la mano in tasca.