Gli incidenti nella predisposizione dei testi di legge stanno diventando troppo frequenti con l’attuale governo per non rappresentare un problema serio. Non abbiamo mai saputo a chi si doveva la soglia depenalizzante delle frodi fiscali, ed esploso il caso a Natale l’attuazione della delega fiscale si è fermata, dunque la delega scadrà a fine mese e addio semplificazioni. Non abbiamo saputo a chi si doveva la bestiale idea della tassa sul contante e cioè sui depositi bancari oltre i 200 euro quotidiani. E non si è capito nulla di che cosa davvero abbia determinato la doppia decisione di rimettere nel cassetto i due decreti legge che il governo aveva annunciato martedì scorso.
Se sia stato il Quirinale, silenziosamente, a far capire che la stagione dei decreti legge a raffica è finita. Se, sulla banda larga il governo abbia capito che rischiava un incidente serissimo visto che, stando al testo delle bozze che giravano tra i giornalisti, vi erano profili di violazione della libertà d’impresa tali da configurare impugnative alla Corte Europea. O ancora se, sulla scuola, il premier non fosse tardivamente soddisfatto del lavoro che pure per 10 mesi era stato fatto al ministero sul testo, con una consultazione pubblica che il governo asserisce aver mobilitato un milione e ottocentomila contatti. Se invece mancassero le coperture finanziarie, dopo tante promesse per 10 mesi. O che altro.
L’opacità moltiplica l’incertezza e genera mostri giuridici. L’ultimo è la nascita dell’inusitato “disegno di legge a tempo” annunciato da Faraone sulla scuola
Fatto sta che l’opacità moltiplica l’incertezza e genera mostri giuridici. L’ultimo è la nascita dell’inusitato “disegno di legge a tempo”. Il sottosegretario Faraone ha infatti annunciato a la Repubblica che il parlamento avrà solo 40 giorni per varare la riforma della scuola (promessa a questo punto per martedì prossimo), altrimenti il testo diventerà decreto legge. Un’altra bestialata. Ma come, la riforma della Rai varata da Gubitosi abbisogna di ben 42 mesi per produrre i suoi risicati risparmi finanziari, e una cosetta come la riforma della scuola va varata in parlamento solo in 1 mese? Dopo 10 mesi di pensamenti e ripensamenti governativi? Viene solo da allargare le braccia, di fronte a tanta creativa disinvoltura istituzionale. E meno male che il premier aveva detto di inchinarsi sulla scuola alla libera dialettica parlamentare, perché “non è un dittatorello”…
È stato il governo, a ripetere per mesi e mesi che la marea di precari della scuola sarebbero stati stabilizzati per il prossimo anno scolastico
Ma fermiamoci sulla scuola. Prima osservazione: è stato il governo, a ripetere per mesi e mesi che la marea di precari della scuola sarebbero stati stabilizzati per il prossimo anno scolastico, mettendoci in regola con i richiami europei (siamo l’unico paese avanzato ad aver concentrato centinaia di migliaia di precari a vario titolo nel sistema della formazione pubblica, per il vecchio vezzo della politica di accendere nuove posizioni a tempo promettendo la messa a ruolo in cambio di voti alle elezioni). Seconda osservazione: anche in questo caso, come per la banda larga, le bozze dei 39 articoli del provvedimento erano ormai pubbliche. Con tutti i particolari di come sarebbero state esaurite – ridefiniti gli organici funzionali per materia, e l’organico d’autonomia per le supplenze dal 2016 – le graduatorie a esaurimento, quelle d’istituto, la riserva per i vincitori del concorso 2012, come pescare dalle graduatorie per gli insegnanti di sostegno, per provincia e con quali limiti di scelta di ciascuno per il distretto. E poi la riforma degli stipendi, su tre fasce stipendiali e con una valutazione triennale. E poi le discusse norme d’incentivo fiscale, il 5 per mille a tutte le scuole, e il voucher di libera scelta per chi sceglie le paritarie. Quelle sui dirigenti scolastici che dovrebbero diventare leader educativi con strumenti e personale adeguati per il miglioramento dell’offerta formativa, quelle sui nuovi organi collegiali, quelle sull’alternanza scuola-lavoro nell’ultimo triennio delle superiori.
Qualche non piccolo indizio che siano le risorse a mancare, c’è eccome
Qualche non piccolo indizio che siano le risorse a mancare, c’è eccome. Sarà un caso ma nelle ultime due settimane il numero dei precari da stabilizzare per il 2015-16, dispositivo europeo che giustamente ce li contesta alla mano, da 150mila scendeva secondo indiscrezioni governative di giorno in giorno, per fermarsi a quota 120-110-100mila e ancor meno, escludendo insomma quelli di seconda e terza fascia. Ammettiamolo: dopo decenni in cui la politica ha colpevolmente e cinicamente creato bizzeffe di precari della scuola, illuderli per mesi non è stata una bella trovata.
Continuo a pensare che la stabilizzazione di tutti i precari, com’era prevista nel testo, non distingua sufficientemente il merito reale accumulato perché “dimostrato”, invece che maturato per anzianità. Di conseguenza, il concorso promesso nel 2015 si potrà tenere pure, ma con la stabilizzazione di massa la messa a ruolo iniziale dei vincitori di concorso non comincerà prima del 2020: dunque esiste il forte rischio di creare altri idonei in attesa…
Dopo decenni in cui la politica ha colpevolmente e cinicamente creato bizzeffe di precari della scuola, illuderli per mesi non è stata una bella trovata
Detto ciò, sta al parlamento pronunciarsi in maniera chiara su alcuni punti che possono essere innovativi sul serio. A cominciare dal merito, dalla valutazione e dal peso che questi due fattori devono avere nelle retribuzioni. Le bozze prevedevano che solo il 30% massimo degli aumenti retributivi sarà determinato dall’anzianità, e il 70% dal merito. Premiando in tre fasce di diversa progressione l’80% dei docenti ed escludendone il 20%. A valutare il merito, secondo un certo peso tra crediti didattici, formativi e professionali, un nucleo di valutazione per ogni istituto, presieduto dal dirigente scolastico. Se gli insegnanti per due volte di fila non riuscissero a rientrare almeno nella terza fascia, rischierebbero un’ispezione. Se la mancata promozione persistesse, si potrebbe arrivare fino a quella che in gergo scolastico si chiama dispensa, cioè la sospensione dal servizio per incapacità, fino al licenziamento per inidoneità.
La valutazione, per essere efficace, deve unire chi dirige gli istituti a valutatori terzi. Ma in ogni caso ciò che proponeva il governo nelle bozze sarebbe una rivoluzione
Chi qui scrive pensa che la valutazione, per essere efficace, deve unire chi dirige gli istituti a valutatori terzi. Ma in ogni caso anche ciò che proponeva il governo nelle bozze sarebbe una rivoluzione. Speriamo che il parlamento non ingrani la marcia indietro assecondando la contrarietà dei sindacati, visto che va data per scontata la sensibilità “interessata” di ogni forza politica, a questo punto, a non deludere i precari.
Ricordatevi che già oggi, nella scuola, ai dirigenti spetta valutare l’eventuale incapacità e inidoneità dei docenti. Gianni Maddalon, preside reggente dell’istituto superiore Einaudi-Scarpa di Montebelluna nel trevigiano, è finito sui giornali perché è esattamente ciò che ha fatto, nei confronti di un docente che è stato licenziato. Solo che di Maddalon ce ne sono pochissimi, nella scuola italiana attuale. E nei giorni scorsi, a Radio24, ha detto che nella sua esperienza un 3% dei docenti meriterebbe giudizi simili. Pensateci: su un milione e oltre di dipendenti del Miur, sarebbero 30mila. Ecco perché serve una svolta vera, sul merito e retribuzioni. Per preparare meglio i giovani i voti non bisogna darli solo a loro, ma innanzitutto a chi insegna.