Come la pensano gli italiani lo si può comprendere anche dalle lettere ai giornali. C’è un sito, in Italia, che, quotidianamente, pubblica le lettere più interessanti, www.carodirettore.eu, nato per iniziativa dell’Azienda di soggiorno e turismo di Bolzano. Linkiesta ne propone qualcuna, rimandando al sito i lettori che vorranno avere un panorama ancora più vasto di ciò che gli italiani scrivono ai giornali, quotidiani e periodici.
La Repubblica 4 aprile
Rottamiamo il busto di quell’antisemita di Azzariti
Caro Augias, non le sarà sfuggito l’appello del rabbino Giuseppe Laras e dello storico Riccardo Calimani rivolto al presidente della Repubblica per chiedere che il busto di Gaetano Azzariti, presidente del tribunale della Razza durante il fascismo poi, anni Cinquanta, sorprendentemente eletto presidente della Corte costituzionale, sia rimosso dal luogo onorato dove si trova e riposto in un luogo più adatto a una carriera professionale pesantemente macchiata dall’infamia delle leggi razziali di cui egli è stato co-autore. I firmatari dell’appello chiedono un gesto simbolico di giustizia sia pure tardiva. Io sono d’accordo non perché ebreo ma come cittadino di una Repubblica che nacque laica, democratica e antifascista. Credo che sarebbe un segno di salute democratica se molte altre voci si associassero alla richiesta di Laras e di Calimani.
Riccardo Parigi, Venezia
Giovani a spasso perchè si è costretti a lavorare sino a 70 anni
Sono stupito per la sorpresa generata dai dati Istat sull’aumento della disoccupazione, soprattutto giovanile. Eppure non bisogna essere dei geni per capire che spostando a 70 anni l’età pensionabile non c’è ricambio generazionale e i giovani restano disoccupati. I sessantenni che perdono il lavoro e non possono accedere alla pensione aumentano l’esercito dei disoccupati; I sessantenni che fortunatamente non perdono il lavoro non permettono ai giovani di iniziare a lavorare. È necessario cancellare gli effetti nefasti della riforma Fornero e reintrodurre un meccanismo di flessibilità che permetta ai sessantenni di accedere alla pensione.
Franco B. Finazzi, Milano
La Stampa 4 aprile
Sono gite di distruzione e non d’istruzione
Nascono per portare gli alunni che non andavano in giro come ora a vedere città che non avrebbero mai visto. Una volta, ma ora… Se solo i genitori vedessero quello che succede negli hotels la sera non manderebbero più i loro pargoli . Gli studenti non sono minimamente interessati al programma ma ai bar, autogrill dove spesso saccheggiano impuniti, idem nei centri commerciali, bere e fumare di tutto …. Il viaggio di istruzione diventa di distruzione in tutti i sensi. E cosa dire degli hotels che non accettano più scolaresche ? Hanno capito tutto e si mettono al riparo dai guai. Deplorevole che ci siano insegnanti che a tutti i costi vogliono fare le gite incuranti delle responsabilità a cui dovrebbero andare incontro…
Gianni Lamberti
Avvenire 4 aprile
Fame, questione di giustizia non di beneficenza
Scrivo solo perché vorrei pubblicamente congratularmi con Michel Roy, segretario generale di Caritas internationalis, il quale, come ho potuto leggere suAvvenire di martedì 31 marzo, ha dichiarato che “risolvere il problema della fame non è una questione di beneficenza, ma di giustizia”. Al di là del fatto in sé contingente e relativo allo spazio riservato dall’Expo alla Caritas, mi sembra una delle frasi più felici tra quelle che cercano di cogliere, almeno dal punto di vista etico, l’essenza del ”Libro di Giobbe”.
Franco Di Giorgi, Torino
La Repubblica 5 aprile
Non trovo lavoro ma non emigro: voglio battermi
Mi sono stancata di vivere in un Paese così: non fraintendetemi, non ho nessuna intenzione di iniziare a elencare i tipici luoghi comuni sull’Italia. Vi scrivo perché mi sono laureata da 3-4 mesi e, come altre migliaia d persone, sto cercando un lavoro che non solo non c’è, ma che fingono ci sia. Mi hanno detto che dare il mio curriculum in giro è come dare un volantino per strada. Tu, che sostieni di voler diventare padre a 28 anni e che ti ritieni fortunato a essere pagato meno di 200 euro al mese facendo il praticantato in uno studio di avvocati, stai meglio? Cosa ne sarà di te, di noi? Potrei fare il dottorato, se volessi. E poi? Esco a 29 anni e mi ritrovo al punto di adesso, forse anche peggio. Oggi mi hanno chiesto se sono disposta a fare qualunque cosa. Ho detto di sì. Hanno aggiunto: «Di moralmente accettabile». Ho vissuto in Spagna, in Francia, in Argentina, ma questa volta ho scelto di restare. Ma non riesco a smettere di essere ottimista: come posso pensare di cambiare le cose se non resto io, se non cambio io? Ho imparato che le uniche battaglie che si perdono, sono quelle che non si combattono.
Lucia Rossi, [email protected]
Corriere della Sera 5 aprile
Con la riforma del Senato un Parlamento controllato dal governo
Portata a termine la prima fase della riforma costituzionale, può essere utile una riflessione generale. La riforma si è proposta di ridisegnare la seconda Camera come Senato delle Autonomie che rappresenta le istituzioni territoriali. Sembrerebbe un tentativo di modifica in senso federale del Senato per limitare le disfunzioni del tradizionale centralismo. Da più parti si è fatto riferimento al modello tedesco, il Bundesrat, i cui membri sono nominati dalle maggioranze risultate vincitrici alle elezioni nei rispettivi Land. Le cose non stanno però così. Nell’attuale proposta il Senato non è composto soltanto dai senatori nominati dai Consigli regionali, ma anche da ventun membri scelti tra i sindaci e cinque senatori nominati direttamente dal presidente della Repubblica. Il Bundesrat assolve però la sua funzione all’interno di uno Stato federale, mentre il nostro non lo è mai stato e con la riforma rischia di diventare adirittura più centralista di prima, poiché essa prevede un ritorno della maggior parte delle competenze allo Stato: la nuova “clausola di supremazia” infatti permette che su proposta del governo la legge dello Stato possa intervenire in materie o funzioni non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica della Repubblica o lo renda necessario la realizzazione di programmi d’interesse nazionale. Dove il Senato svolge la funzione di rappresentanza delle Regioni, i senatori sono sottoposti al vincolo di mandato. Nel Bundesrat sono presenti i membri dei governi dei singoli Land, che hanno il potere di nominarli ed eventualmente di revocarli e il voto viene espresso unitariamente da ogni Land. Il sistema è quello del mandato imperativo, in quanto il rappresentante del Land non può votare discostandosi dalle istruzioni ricevute dallo Stato dal quale è delegato. La riforma di Renzi continua invece a prevedere che i membri del Parlamenti esercitino le loro funzioni senza vincolo di mandato, precisando al contempo che i membri del Senato non rappresentano la Nazione, ma le istituzioni territoriali. Una bella contraddizione! La riforma finisce per disegnare un Senato federale di rappresentanti del territorio non eletti e al servizio di un governo che, grazie all’Italicum, potrà contare su una Camera di nominati. Il superamento del bicameralismo perfetto rischia così di essere soltanto il grimaldello attraverso il quale il governo si assicurerà il controllo totale del Parlamento.
Paolo Becchi, [email protected]
La Repubblica 7 aprile
Se la corruzione comincia dal parrucchiere (cinese)
Il mio parrucchiere cinese a Roma non rilascia gli scontrini. So che bisognerebbe comunicarlo ai Vigili o alla Finanza, ma noi clienti non lo facciamo e non perché non siamo consapevoli che si tratta di cosa illegale ma per un altro più sottile e purtroppo triste motivo. Non lo facciamo perché siamo convinti che, anche qualora denunciassimo l’abuso, non accadrebbe nulla (io l’ho fatto una volta per un noto negozio di abbigliamento ma senza alcun risultato). In effetti ognuno di noi sospetta che il parrucchiere, considerata la sicurezza che ostenta nel non consegnare mai, ripeto mai, lo scontrino, abbia un qualche accordo sotterraneo con le forze dell’ordine che gli garantisce l’assoluta impunità. Il punto deprimente non è tanto che l’accordo esista o meno né che il parrucchiere accumuli ricchezza evadendo il fisco, ma che noi non riusciamo a fare a meno di pensare che tale accordo ci sia dando così per scontato che le nostre forze dell’ordine siano corrotte.
Anna Gentile, [email protected]
ItaliaOggi 7 aprile
Calabresi resta alla Stampa perchè al Corriere non è gradito
Il direttore de La Stampa di Torino, Mario Calabresi, ha detto, in una dichiarazione ufficiale, che, accogliendo la richiesta dell’editore del suo quotidiano, John Elkann, ha accettato di rimanere alla direzione del giornale della famiglia Agnelli per poter completare la sua opera che ha portato al risanamento economico del quotidiano torinese e per consolidare l’unione fra La Stampa e Il Secolo XIX che è solo alle sue prime e promettenti battute. Un direttore dovrebbe avere per imperativo di non pubblicare (e, a maggior ragione, non dire) cose non vere. Lo sa tutto l’orbe terracqueo che Calabresi punta, da almeno tre anni, alla direzione del Corriere della Sera che gli era stata promessa dal suo editore che è anche l’azionista di riferimento della Rcs, editore del quotidiano di via Solferino. Senonché, proprio sulla candidatura di Calabresi (a torto o a ragione, non entro nel merito) hanno fatto quadrato molti altri soci di Rcs che non l’hanno resa possibile. Quindi Calabresi non va al Corriere non perché preferisce La Stampa ma solo perchè al Corsera non riesce ad arrivare. Non è un problema di idoneità al ruolo (che nessuno mette in discussione) ma di giochi di potere dai quali Elkann esce sconfitto. Tutto qui. Calabresi avrebbe perciò fatto meglio ad aderire ai fatti che, tra l’altro,sono conosciuti da tutti. In questo caso, invece, ha fatto la figura della volpe della favola di Esopo che dice di rinunciare all’uva, alla quale ambisce, solo perché sta troppo in alto per poter essere raggiunta.
Pierpaolo Albricci
Corriere della Sera 7 aprile
Autostrada Tirrenica, la grande incompiuta
Doveva essere una delle opere prioritarie previste dal nuovo piano delle Infrastrutture, ma rischia di restare una grande incompiuta. È l’autostrada Tirrenica Livorno-Civitavecchia di cui sinora, in quasi mezzo secolo, sono stati realizzati 40 chilometri degli oltre 240 previsti. Si dirà addio all’opera o, di questo passo, si dovranno aspettare altri due secoli e mezzo?
Gabriele Salini, [email protected]
La Stampa 7 aprile
I giornalisti hanno troppa soggezione dei politici
Si dice che i politici siano lontani dalla realtà e quindi non a conoscenza dei reali problemi dei cittadini. Sono convinto che parte di questa responsabilità sia da attribuire anche ai giornalisti che scrivono di politica, forse perché vivono nello stesso ambiente. Voi avete in mano un notevole potere condizionante che usate quasi totalmente verso il lettore e poco verso i politici. Il giornalista dovrebbe essere anche il portavoce del lettore del suo giornale e quindi riportare al politico di turno quelle obiezioni e quelle domande alle quali il semplice cittadino vorrebbe una risposta. In questo modo si richiamerebbe la politica alla realtà. Da parte vostra, invece, c’è sempre un senso di soggezione. Adesso è nata la questione D’Alema, il cittadino vorrebbe sapere in cosa consiste la fondazione, che cosa ha fatto, quanto ha speso e dove ha preso i soldi. Qualcuno di voi lo ha spiegato? No. Voi ricoprite un ruolo importantissimo, siete il trait d’union tra la politica e il cittadino e con il potere che avete, sia su una parte che sull’altra, dovreste avere più coraggio.
Luigi La Carrubba