L’Italia fa sempre più gola alle grandi banche cinesi

L’Italia fa sempre più gola alle grandi banche cinesi

La China Construction Bank accelera sull’ingresso in Italia. Voci sempre più insistite parlano di una possibile acquisizione di filiali di Unicredit e Monte de Paschi di Siena. Dalla Banca d’Italia non giungono dettagli sui tempi e sulle modalità di ingresso, ma confermano che lo sbarco è prossimo. «Per operare in Italia la China Construction Bank intende “funzionare” come branch di una banca comunitaria, precisamente lussemburghese – dicono da Bankitalia – . In quanto tale non è soggetta ad autorizzazione, ma è stata soltanto tenuta a notificare a Bankitalia quell’intendimento. Se ne è dunque qui preso atto e si resta in attesa di conoscerne il numero di iscrizione alla Camera di Commercio, dopodiché la procedura è da considerarsi conclusa». 

Voci sempre più insistite parlano di una possibile acquisizione di filiali di Unicredit e Monte de Paschi di Siena da parte di China Construction Bank

Le voci sull’arrivo in Italia si rincorrono dallo scorso marzo, quando la Reuters riportò l’intenzione della banca, la seconda per grandezza in Cina, di aprire filiali in otto nazioni in Europa, Sudamerica e Asia nel corso del 2015. Gli otto Paesi sono Francia, Paesi Bassi, Polonia, Italia, Spagna, Svizzera, Cile e Malesia. Attualmente la banca è presente in 18 nazioni, tra cui, dal 2014, il Regno Unito, con una filiale a Londra. 

Il Wall Street Journal ha raccolto conferme sulla prossima apertura di filiali della banca in Svizzera. 

China Construction Bank sarebbe intenzionata ad aprire entro il 2015 filiali in otto Paesi di Europa, Sudamerica, Asia

In Italia sono già presenti le banche cinesi Bank of China (con due sedi a Milano e una a Roma) e Icbc, che dopo la sede di Milano, inaugurata nel 2011 in via Grossi, a due passi dalla Galleria, sta per raddoppiare nella capitale. L’espansione non si rivolge alla clientela retail (neanche dei cittadini cinesi in Itali) ma ha come scopo l’acquisizione di imprese italiane, soprattutto – ha notato Il Sole 24 Ore – di Pmi ad alto valore tecnologico. 

A favorire l’ingresso ci sono almeno altri tre circostanze: la liquidità che sta arrivando alle banche con il Quantitative Easing della Bce, la svalutazione dell’euro rispetto allo yuan cinese e, non ultimo, l’afflusso di capitali atteso verso l’Italia come conseguenza della voluntary disclosure, la norma che consente agli italiani che detengono attività finanziarie o patrimoniali all’estero non dichiarate al Fisco di sanare la loro posizione.  

L’espansione delle banche cinesi ha anche un obiettivo macroeconomico: facilitare l’internazionalizzazione dello yuan cinese. Una partita che si lega al progetto di ridefinire gli equilibri di Bretton Woods, ponendo fine al monopolio del dollaro come mezzo di pagamento nel commercio e nelle operazioni internazionali. Il progetto di Pechino passa dalla creazione dell’Asia Infrastructure Investment Bank (Aiib), una banca di investimento e sviluppo che lavorarerà con le banche dei Paesi aderenti per finanziare le infrastrutture asiatiche. L’Aiib si pone come alternativa al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca Mondiale, entrambe con sede a Washington e nate dopo gli accordi di Bretton Woods. Per questo motivo scatenò le ire del presidente Usa Barack Obama la decisione di alcuni Stati europei, tra cui l’Italia, la Francia e la Germania, di prendere parte al progetto come membri fondatori. Una mossa probabilmente legata ai consistenti investimenti cinesi nelle aziende privatizzate italiane ed europee. 

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