Grandi piatti da bucce e teste di pesce: la cucina del rifiuto di Bottura

Grandi piatti da bucce e teste di pesce: la cucina del rifiuto di Bottura

Il “barbun” tanto caro a Enzo Jannacci rischia di avere un concorrente in più nella faticosa ricerca nei cestini della spazzatura: lo chef. Non succederà, ovviamente, ma il concetto è simile: è il tempo della cucina del recupero, degli avanzi, degli scarti. Bucce di patate che diventano chips, lische di pesce da friggere, gambi di asparagi da frullare per condire la pasta: fino a pochi anni fa impensabili nella cucina “alta”, al massimo si ricordava l’insegnamento delle nonne a non buttare via niente e a impiegarlo nelle ricette tradizionali. Ma oggi siamo all’esaltazione e sorge una domanda: maggiore consapevolezza dei troppi sprechi e del valore delle materie prime o abile mossa di marketing, che seguendo il neo-pauperismo (religioso e non) assciura un food cost risibile? Guarda caso, il guru della tendenza arriva da New York, Greenwich Village of course, e si chiama Dan Barber. Non un cuoco di seconda fila, ma lo chef del rinomato Blue Hill nonchè consigliere del presidente Barack Obama per la nutrizione, tenuto sempre sotto pressione sul tema dalla dolce Michelle.

Lo chef guru del recupero degli scarti arriva da New York, Greenwich Village, e si chiama Dan Barber, consigliere di Obama per la nutrizione

A marzo, Barber ha sospeso il servizio normale per far spazio a WastEd, un ristorante pop-up — locali che vengono allestiti per un certo periodo di tempo per poi chiudere quando l’opportunità commerciale è superata — nel quale cibi che consideriamo rifiuti vengono cucinati secondo ricette gourmet. Grazie a WastEd (letteralmente “educazione sullo spreco”), quindi, i clienti abituati a pagare anche più di 100 dollari per una cena preparata dalla brigata di Barber, hanno trovato il ristorante completamente rinnovato: dai tavoli sostituiti con lastre di plastica biodegradabile alle pareti coperte con il tessuto industriale che nelle campagne protegge i raccolti da freddo e parassiti. Sorpresa che non è finita quando i camerieri hanno distribuito un menu di pietanze preparate con ingredienti che altri ristoranti, negozi di alimentari o supermercati stavano letteralmente per gettare nella pattumiera. Sono stati coinvolti anche produttori locali, distributori e pescatori, a cui è stato chiesto di donare al ristorante newyorchese quel che normalmente avrebbero eliminato. Tra gli ingredienti dei piatti, inoltre, un ruolo centrale lo hanno i prodotti off grade, ovvero alimenti al di sotto degli standard commerciali o incapaci di rispondere ai canoni estetici del mercato.

In cucina arrivano radici, bucce, siero di formaggio, vongole rotte, mentre sulla tavola finiscono hamburger di siero di barbabietola, brodo con pezzi di carne scartati, scampoli di pasta conditi con sughi di teste di pesce affumicate 

Attenzione però.  Il menu era composto da cinque portate – insalate, zuppe, cereali, secondi di carne e dessert – ognuna delle quali costa 15 dollari. La lezione di WastEd, infatti, non è economica: seguendo i consigli dello chef, per una cena si arriva a pagare sui 75 dollari a persona. In cucina arrivano radici, bucce, siero di formaggio, vongole rotte e ritagli di pasta fresca mentre sulla tavola finiscono hamburger di siero di barbabietola, brodo con pezzi di carne scartati e purea di ceci realizzata con il liquido contenuto nelle lattine dei legumi. Ma anche scampoli di pasta conditi con sughi di teste di pesce affumicate, risotti con cereali di seconda scelta e croste di formaggio. E per concludere, cocktail di fondi di caffè, scorze di agrumi o sangria con frutti scartati. «Tutti i grandi cuochi preparano il ripieno dei ravioli con carne o verdura cucinata il giorno prima – ha spiegato Dan Barber al New York Times – l’unica differenza è che noi lo abbiamo fatto di proposito». Un esperimento che vuole usare «la creatività e le tecnica degli chef non solo per comporre piatti deliziosi al palato e alla vista – ha proseguito – ma per trasformare gli ingredienti che non ci sembrano commestibili né deliziosi in qualcosa di allettante». Lo chef del resto ha introdotto il concetto del terzo piatto nell’alta cucina — cioè di pietanze che usano prodotti di scarto —  in un libro, The Third Plate: Field Notes on the Future of Food. Quindi non è un sognatore emarginato.

Lo chef Dan Barber con la first lady statunitense Michelle Obama, settembre 2010 (Hiroko Masuike/Getty Images)

A comprendere il valore delle derrate alimentari che vengono espulse dal sistema per ragioni estetiche o di carattere culturale c’è anche la Silicon Valley, con CropMobster, Food Cowboy e FoodStar

A comprendere il valore delle derrate alimentari che vengono espulse dal sistema per ragioni estetiche o di carattere culturale c’è anche la Silicon Valley. Gli investitori si sono accorti del valore degli scarti. E visto che si parla di circa 165 miliardi di dollari solo negli States, sono andati immediatamente in startup mode. Uno dei pionieri di questa nuova frontiera è Nick Papadopulos. Fino a sette mesi fa consulente aziendale, ha creato CropMobster, un exchange elettronico di San Francisco che mira a facilitare lo scambio del surplus agricolo tra produttori e consumatori. Una sorta di sensale elettronico del rifiuto alimentare, CropMobster in poco più di sette mesi dalla sua creazione, è riuscito a ridirigere oltre un milione di libbre di cibo dalla pattumiera alle mani dei consumatori. Food Cowboy, un’altro dei siti “up-and coming”, questa volta di Washington, usa le tecnologie mobili per dare nuova vita al cibo scartato dai distributori verso le mense dei poveri. Poi Daily Table, sito fondato dall’ex presidente di una delle maggiori catene di supermercati Usa, trasforma i cibi scaduti in precotti a buon mercato. FoodStar, infine, è una non profit californiana, che ha organizzato una borsa merci online dove vende frutta con difetti estetici.

In Italia, siamo agli inizi, ma tutt’altro che impreparati. Un progetto interessante è quello di Franco Aliberti, giovane chef dell’Evviva a Riccione: nei locali, anche questi recuperati, della vecchia lavanderia del Grand Hotel si preparano dolci e cucina a scarto zero. «Cerchiamo di cucinare tutto, dimenticandoci delle regole alle quali eravamo abituati – ha raccontato Aliberti – prima facciamo uno studio approfondito della materia. Poi proponiamo, per esempio, ravioli con tutte le parti degli asparagi: una verdura costosa, è un peccato buttarne più della metà. Così utilizziamo le punte come accompagnamento e il corpo centrale per mantecare i ravioli. La parte biancastra, più amarognola, viene invece centrifugata per fare il ripieno».

All’Evviva di Riccione non si buttano neanche i gusci delle vongole, ottimi per aromatizzare l’acqua di cottura della pasta allo scoglio, o la pelle del pollo, caramellata dentro un dolce

All’Evviva non si buttano neanche i gusci delle vongole, ottimi per aromatizzare l’acqua di cottura della pasta allo scoglio, o la pelle del pollo, caramellata dentro un dolce. Il modello è l’ormai famoso Rub&Stub di Copenhagen, il primo locale europeo a combattere ogni giorno gli sprechi alimentari, nato nel 2013 all’interno del più grande centro culturale danese, Huset. Il nome Rub&Stub rimanda a un’espressione locale che significa, più o meno, «proprio tutto». Qui due chef si riforniscono nei negozi di quartiere per recuperare frutta e verdura «difettosa» e cibo vicino alla scadenza ma ancora commestibile. L’obiettivo? Politico e ambizioso. «Mostrare come l’industria alimentare sia diventata irragionevole e trovare un modo per tornare a consumi più intelligenti», sostengono.

Il profeta italico è Massimo Bottura, folgorato sulla via del recupero. A Style de Il Giornale che lo provocava sulla capacità di aver fatto di un’opera meritoria una tendenza di successo, ha risposto «Gli sprechi in cucina non sono più accettabili. Non è un “gioco” vista Expo ma il punto di arrivo della mia evoluzione sociale, sicuramente influenzata dai tempi e dal contesto in cui vivo. Sono cresciuto in una città solidale e qui non ci sono veri problemi di integrazione». Una filosofia che – va dato atto – segue concretamente: nel menu della mitica Osteria Francescana stanno entrando vari piatti “a impatto zero” o costruiti in povertà come i Tortellini in brodo di tutto  (con il brodo fatto di bucce varie di ortaggi, ossa e carcassa di animali) o Il pane è oro, dessert che parte da una fetta di pane secco. Ovvio che si torna al problema di WastEd: i prezzi elevati dei piatti, 25-30-35 euro se mangiati in un contesto chic. Giusto? Sbagliato?

Bottura ha il merito di aver creato, con la Caritas, quel Refettorio Ambrosiano dove 55 chef mondiali si alterneranno a cucinare per i meno fortunati, utilizzando gli avanzi dei ristoranti di Expo

Bottura ha il merito di aver creato, in accordo con la Caritas, quel Refettorio Ambrosiano dove 55 chef mondiali – di nome e di fatto – si alterneranno a cucinare per i meno fortunati, utilizzando gli avanzi dei ristoranti di Expo. Uno dei cuochi sarà Rene Redzepi, avanguardista pura che al Noma di Copenhagen (guarda caso) fa una cucina basata pochissimo su prodotti costosi e tanto su quanto trova (non recupera eh) sulle spiagge, nei prati e nei boschi. Intervistato da Gazzetta dello Sport Expo, ha detto: «Ci sono due ragionamenti da fare sul tema. Il primo è che dobbiamo effettivamente ridurre lo spreco mostruoso di cibo. Il secondo è che dobbiamo inquadrare meglio il concetto di scarto: se peschiamo un pesce piccolo e un pesce grande, scartiamo il primo ma non è cattivo come un cetriolo molto storto non è inferiore a uno di forma perfetta. Si tende un po’ a banalizzare, insomma. E per evitare gli avanzi, sarebbe il caso di seguire una diversa logica di acquisto da parte del cliente e di cucina da parte dello chef». Ecco.  

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