Sarà che siamo in tanti, troppi ormai. Sarà che la Terra è un pianeta ormai compromesso dalla mano dell’uomo. Sarà che la globalizzazione e internet ci hanno reso tutti talmente vicini da far perdere fascino a ogni cosa. Sarà che ormai le tra algoritmi predittivi, realtà aumentate e virtuali, internet delle cose la realtà applicata alla vita del singolo uomo ha superato la fantasia. Saranno pellicole come Gravity, Interstellar e The Martian. Sarà Elon Musk, ceo e fondatore, tra le altre cose, di SpaceX ha dichiarato che ci porterà su Marte a breve: «Mancano solo 12 anni per mandarci la prima persona – ha detto. Se siamo bravi, forse dieci. E lì creerò una città, perché bisogna garantire la sopravvivenza della nostra specie, nel caso qualcosa vada storto sulla Terra».
Saranno tutte queste cose – mettiamoci pure, perlomeno per noi italiani, la missione sulla Stazione Spaziale Internazionale di Samantha Cristoforetti, ormai icona italiana e femminile per eccellenza. O forse un caso, un riemergere carsico senza alcuna spegazione, chi lo sa? Fatto sta che siamo tornati a innamorarci dello spazio, a sognare di farne parte, anche solo a guardare non più solo dentro di noi, ma in alto e fuori.
E quando mettiamo il naso lì, schiacciato contro la finestra, scopriamo che mentre eravamo impegnati a parlare di grandi fratelli e microchip sotto pelle, la realtà è andata avanti, che le esplorazioni dell’universo conosciuto continuano, che l’Italia è una potenza aerospaziale, che siamo pieni di rifiuti anche sopra di noi, che lo spazio non è un pranzo di gala per la nostra salute. Soprattutto, che quella è la nostra prossima frontiera, in un mondo in cui non ne sono rimaste. Di fatto, come dice ancora Elon Musk, è il nostro destino.